Dopo Il Grinta, i fratelli Coen tornano a rivisitare il western con una gustosa pellicola antologica, The Ballad of Buster Scruggs, presentata in concorso alla Mostra di Venezia. Del progetto si parla da tempo, in un primo tempo i Coen avevano anticipato l'arrivo di una miniserie tv. È solo con l'annuncio del programma veneziano che è stata specificata la natura di film antologico - genere ampiamente visitato negli anni '60/'70 - di Buster Scruggs. Come se non bastasse, i Coen hanno deciso di togliersi un'altra piccola soddisfazione strizzando l'occhio al musical western e inserendo una manciata di canzoni nella prima e nell'ultima storia. Ad aprire le danze è Tim Blake Nelson, a Venezia insieme ai Coen, nei panni di Buster Scruggs, spietato cowboy canterino con un bel po' di vittime sulla coscienza.
A raccontare la genesi di The Ballad of Buster Scruggs è Joel Coen, il quale spiega che il progetto risale addirittura a 25 anni fa: "Ci pensiamo da un sacco di tempo, avevamo scritto alcune storie, ma non sapevamo cosa farci perciò le abbiamo messe in un cassetto. In seguito abbiamo pensato di unirle". Pensando ai numerosi riferimenti che si possono cogliere nel film, il regista mette le mani avanti. "Uno dei brani cantati da Buster Scruggs è basato su una vecchia canzone, _Little Joe the Wrangler, cantata anche da Marlene Dietrich. La storia interpretata da James Franco è ispirata agli spaghetti western, genere che amiamo, ma il processo è molto più inconscio di quanto si pensi, non c'era un intento post-moderno di rileggere il genere nel modo in cui abbiamo fatto il film"_.
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Un film antologico tra commedia, dramma e musical
Nel doppio omaggio contenuto in The Ballad of Buster Scruggs i Coen pagano il debito nel confronti del loro amore per il western e per i film antologici, forma che sembra appassionate in particolar modo Ethan Coen: "Ho rivisto di recente Boccaccio '70. Da piccoli guardavamo un sacco di film italiani in tv, commedie sexy antologiche. Amiamo molto la forma del corto, ma non c'è mercato, così abbiamo deciso di riunire una serie di storie brevi in un unico film. Alcune storie erano vecchie, altre più recenti, ma abbiamo creato un unico contenitore per riportare in auge un genere che nessuno pratica più". Le sei storie contenute in The Ballad of Buster Scruggs sono diverse per lunghezza e tono, ma Joel Coen specifica che "fin dall'inizio c'era un'idea chiara di quale doveva essere la sequenza. Il film parte come una commedia e si chiude su toni più cupi, abbiamo pensato a costruire una progressione, anche se non esiste una ricetta giusta per farlo".
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L'iconografia western in formato tv? Netflix non è un problema
Dopo aver girato Il grinta, la voglia dei Coen di tornare a rivisitare il western spinge a chiedersi se c'è qualcosa di diverso che i fratelli avrebbero voluto fare. Ci pensa Joel Coen a togliere la curiosità rispondendo laconico: "Ne Il grinta non cantano". Cosa che qui, invece, accade abbondantemente, soprattutto con la comparsa dell'usignolo Tim Blake Nelson, il cui personaggio ci dà il benvenuto nella narrazione. "Loro non ve lo diranno mai" esordisce Nelson "ma per farvi capire quanto sono meticolosi vi faccio un esempio. Per la canzone d'apertura ogni regista che ho incontrato nella mia carriera avrebbe usato un posto solo, facendo felice il produttore. Loro hanno girato la canzone in tre giorni in tre luoghi diversi. Hanno una consapevolezza straordinaria della storia del cinema e del linguaggio, non mi sento particolarmente saggio ad aver accettato il ruolo di Buster Scruggs, è palese che sia fantastico".
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E le location sono un ingrediente essenziale del western. Gli sterminati paesaggi diventati iconici grazie a decine e decine di film sono vivi nella mente e nello sguardo del pubblico e i fratelli Coen lo sanno bene. Lo dimostra la consapevolezza con cui hanno utilizzato i paesaggi nel loro nuovo lavoro: "Cercavamo paesaggi diversi specifici per ogni storia. Abbiamo girato in New Mexico, Colorado, mentre per la storia della carovana abbiamo usato il Nebraska". Il meticoloso lavoro sull'immagine di cui i fratelli Coen parlano a lungo "cozza", almeno in apparenza, con la scelta di far distribuire il film da Netflix, ma Joel non sembra d'accordo: "Abbiamo sempre pensato di girare il film così, non abbiamo problemi su chi distribuisce o finanzia un'opera. Netflix sta finanziando film fuori dal mainstream e questo è molto importante sul piano artistico. I diversi modi di distribuzione, invece, dipendono dal business". "Niente è più importante per noi che vedere il nostro film nelle sale" aggiunge Ethan. "Sono certo che le persone che vogliono vedere il film al cinema ci riusciranno".