"Nulla spaventa quei due." "Tutto spaventa quei due."
Sono Claudia e Gabriel, i due supervisori dei Jennings, a definire con questo scambio di battute la natura dei loro agenti segreti di maggior valore. Perché l'intraprendenza di Philip ed Elizabeth, quell'amalgama di determinazione e sangue freddo che ha permesso loro di affrontare perfino le missioni più rischiose, in fondo dipende da questo: la paura. La paura che il minimo, insignificante errore possa compromettere in maniera irrimediabile un'esistenza studiata al millimetro e costruita su una perfetta "illusione di normalità".
Il sospetto come modus vivendi, dunque, e la consapevolezza che difendere la propria facciata di famiglia borghese modello costituisce l'unico modo per proteggere se stessi e le persone che amano. Un tema alla radice della serie creata da Joe Weisberg, e riproposto con ancora maggior pregnanza in Amber Waves, l'episodio che ha segnato il ritorno di The Americans sugli schermi della FX, con una quinta stagione che si preannuncia come un altro, superbo capitolo di questa affascinante cronistoria dell'ultimo decennio di Guerra Fredda.
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La "vita da spie" di Philip ed Elizabeth
Nel giugno scorso, il superbo season finale Persona Non Grata chiudeva su note estremamente drammatiche la parabola di William Crandall, biochimico del KGB che, in procinto di essere catturato, aveva scelto il suicidio iniettandosi la ferale fiala di un virus denominato morva. La struggente dipartita di William rappresentava un nuovo carico di dubbio e di angoscia sulle vite dei coniugi Jennings, messi di fronte alla possibilità di fuggire in territorio sovietico ed essere 'riabbracciati' dalla Madre Russia: un'opzione rigettata però da Philip ed Elizabeth, decisi a non abbandonare le loro identità fittizie e la propria routine familiare. Da allora, e nei mesi a venire, The Americans ha goduto di una rinnovata - e meritatissima - dose di riconoscimenti: la quarta stagione dello spy thriller della FX ha ricevuto infatti cinque nomination agli Emmy Award, incluse le sue prime candidature come miglior serie e per i due protagonisti, Matthew Rhys e Keri Russell, e ha fatto conquistare a Margo Martindale il suo secondo Emmy consecutivo come miglior attrice guest star grazie al ruolo di Claudia, mentre il mese scorso Weisberg e il suo team di autori sono stati ricompensati con il Writers Guild Award per la miglior sceneggiatura di una serie drammatica.
Un consenso che, accompagnato alle lodi sempre più entusiastiche della critica, speriamo possa contribuire ad accrescere il pubblico di uno dei capolavori dell'odierna TV statunitense. E Amber Waves, firmato da Weisberg insieme a Joel Fields per la regia di Chris Long, è quanto di meglio siamo stati abituati ad aspettarci da The Americans: un racconto in cui l'atmosfera di incertezza e di paranoia della Guerra Fredda, giunta in una fase cruciale (ci troviamo nell'inverno del 1984) e avviata ormai verso il suo ultimo atto, si interseca con le dinamiche interpersonali e i dilemmi morali di due 'soldati' cresciuti secondo i valori della fedeltà assoluta alla causa sovietica, ma costretti anche a prendere atto delle contraddizioni e dei lati oscuri della loro "vita da spie". Interrogandosi, ad esempio, sul futuro della figlia adolescente Paige (Holly Taylor), a conoscenza della reale professione dei genitori e avviata forse a seguirne le orme (e la madre Elizabeth si rivela già pronta a farle da 'mentore', insegnandole come reagire di fronte a un'aggressione).
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Un nuovo bersaglio: la famiglia Morozov
Ma la funzione 'genitoriale' di Philip ed Elizabeth è declinata, in maniera piuttosto singolare, anche attraverso un'ulteriore identità: quella che li vede vestire i panni dei coniugi Eckert, sedicenti dipendenti di una compagnia aerea e con un figlio fittizio, il giovanissimo Tuan (Ivan Mok). In una nuova storyline introdotta in questa quinta stagione, a Tuan è affidato il compito di accattivarsi la fiducia di un coetaneo russo, l'introverso Pasha (Zack Gafin), figlio dei Morozov, i quali hanno abbandonato l'Unione Sovietica per stabilirsi negli Stati Uniti. Il padre di Pasha, Aleksei Morozov (Alexander Sokovikov), membro del dipartimento dell'agricoltura, è il nuovo bersaglio del KGB: l'amicizia fra Tuan e Pasha, pertanto, offre a Philip ed Elizabeth l'aggancio ideale per creare un rapporto di conoscenza con i Morozov. La cena fra le due famiglie, pur nella sua semplicità, è uno dei momenti più interessanti dell'episodio: i Jennings, costretti a mascherare la loro vera natura, ascoltano infatti una cruda descrizione della vita in Russia, della sua corruzione dilagante e della carenza di cibo.
Philip ed Elizabeth non mostrano reazioni esplicite (come potrebbero, d'altronde?), mentre poco prima Tuan, degno 'allievo' della coppia, aveva ribadito la propria cieca intransigenza nel servizio della causa sovietica; eppure, la testimonianza delle condizioni di malessere in Russia sembra suscitare un ricordo doloroso nell'animo dell'inflessibile Elizabeth. "Dopo la guerra, mia madre diceva sempre di non avere fame", rammenta la donna; "Io sapevo la verità, ma mangiavo tutto quanto". Le condizioni di povertà del popolo sovietico offrono l'ennesimo spunto relativo alla dicotomia fra i principi cardine della formazione dei Jennings e il confronto con la realtà effettiva: una realtà in cui la sicurezza dei loro figli potrebbe essere messa a repentaglio da un giorno all'altro, e in cui il sostanziale benessere dell'American way of life è diventato una confortevole quotidianità. Una realtà nella quale attenersi al proprio codice di condotta può voler dire arrivare a premere il grilletto addirittura contro gli alleati e gli amici più prossimi...
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Una caduta fatale
Ed è quanto accade negli ultimi, scioccanti minuti di Amber Waves, con il primo colpo di scena riservatoci dalla quinta stagione. Con l'intento di recuperare il virus su cui avevano messo le mani nella stagione precedente, Philip ed Elizabeth, con l'aiuto di altri agenti del KGB, devono provvedere a un compito alquanto macabro: recarsi nottetempo nei boschi di Fort Detrick e scavare una gigantesca buca nel terreno, fino ad arrivare alla bara in cui è stato chiuso il cadavere di William. Una volta riaperta la bara con tutti gli scrupoli del caso, i due prelevano un frammento della salma dell'uomo, ma proprio quando la missione sembra conclusa si verifica un tragico imprevisto: uno dei loro più fidati e solerti collaboratori, il giovane Hans (Peter Mark Kendall), perde l'equilibrio e scivola nella fossa, finendo addosso alla salma di William. A questo primo shock segue un'ineluttabile conferma: il ragazzo si è tagliato una mano, e con tutta probabilità il suo organismo è dunque contaminato dal virus.
In un primo momento Elizabeth pare rassicurarlo, ma come noi spettatori già immaginiamo, è una rassicurazione fugace e illusoria: il tempo di voltarsi e Hans viene freddato da un colpo di pistola alla nuca sparato dalla stessa Elizabeth, per poi essere abbandonato dentro la bara insieme al cadavere di William. È una scena costruita gradualmente e quasi del tutto priva di dialoghi, ma in cui la suspense esplode all'improvviso e si consuma sotto il peso delle terribili implicazioni del gesto di Elizabeth: una macchina programmata per eseguire il proprio dovere senza tener conto di alcun tipo di sentimento, neppure dell'affetto quasi materno nei confronti di un giovane che potrebbe essere suo figlio, e che lei stessa ha contribuito a 'crescere'. Ma in guerra non c'è spazio per gli affetti privati, e come i Jennings ben sanno la legge della sopravvivenza richiede un inesorabile tributo di sangue. Hans è solo un'altra vittima sacrificata sull'altare della ragion di Stato, necessaria alla salvaguardia delle spie russe, ma possiamo star certi che non sarà l'ultima; e che per i nostri "americani" dalle identità multiple, il prezzo da pagare per restare in vita è destinato a salire...
Movieplayer.it
4.5/5