"Non ci sono sentieri sicuri in questa parte del mondo. Ora sei oltre i limiti della natura selvaggia". Lo scrive J.R.R. Tolkien, ne Lo Hobbit, e lo sentiamo dire alla fine di questo film. Nella recensione di The Alpinist: Uno spirito libero, il film di Peter Mortimer e Nick Rosen, in uscita al cinema il 7 marzo, vi racconteremo la storia di Marc-André Leclerc, alpinista estremo, coraggioso, fuori dagli schemi e dai circuiti più battuti. Ma vi racconteremo anche una storia che ha a che fare con i limiti dell'uomo, con il bisogno di sfidarli e superarli continuamente, e del perché questo accada. The Alpinist è una storia molto particolare, un racconto dall'ampio respiro e da paesaggi incredibili, di imprese e determinazioni incredibili. È interessante ed emozionante.
Marc-André Leclerc, lupo solitario
Marc-André Leclerc è un alpinista sconosciuto e solitario. Si arrampica da solo, lontano dalle luci della ribalta e dai media, scala pareti in cui sembra impossibile farlo. Leclerc a 23 anni compie alcune delle più audaci salite in solitaria della storia. Spesso senza telecamere attorno a lui, sempre senza corde e senza margini di errore, Marc-André vuole cogliere l'essenza dell'avventura in solitario. Le sue scalate diventano sempre più grandi e audaci. Gli scalatori d'élite sono stupiti dai suoi risultati, mentre altri temono che stia rischiando troppo. Quando Marc-André intraprende un'avventura storica in Patagonia, arriva a ridefinire ciò che è possibile fare in solitaria.
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Quel modo un po' punk di essere uno sportivo
Peter Mortimer ha seguito per due anni Leclerc nelle sue imprese, alla ricerca di un mistero che non è ancora riuscito a comprendere: cosa spinga degli uomini a mettere così a rischio la propria vita. Mentre l'arrampicata come sport è cambiato, e da passione quasi fuorilegge per outsider è diventata uno sport strutturato e praticato, Leclerc incarna lo spirito di un tempo. Quel modo un po' punk di essere uno sportivo, quell'essere fuori da ogni logica.
L'alpinismo è qualcosa di spirituale
The Alpinist. Uno spirito libero è un documentario, ma è come se fosse un film di finzione, per quanto ha dentro di sé un senso di epica. Ci sono l'eroe, Leclerc, e il vecchio mentore, il decano dell'alpinismo Hevy Duty, ci sono l'innamorata, Brette Harrington, e i rivali più inseriti nel sistema. C'è, soprattutto, il percorso dell'eroe, e il senso della sfida che per Marc-André è soprattutto contro se stesso. C'è chi considera l'alpinismo soltanto uno sport. E c'è chi, come Leclerc, lo considera qualcosa di spirituale, un modo per entrare in contatto intimo con la natura.
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Lo stress di chi deve filmare
The Alpinist racconta il bisogno di Leclerc di sfide sempre più estreme, di scalate in posti sempre più impervi e ostili, ma anche il nervosismo e lo stress di chi deve filmare, le volte che gli viene concesso (perché a volte in solitaria deve essere davvero in solitaria), imprese così pericolose. E anche la preoccupazione di chi lo aspetta e lo vede sfidare la natura in modo sempre più impavido.
Quelle solitarie sul ghiaccio
Il senso del pericolo è tutto in quelle solitarie sul ghiaccio, fatte con rampini e scarpe chiodate. Si sale aggrappandosi all'acqua ghiacciata, a un supporto estremamente effimero, a qualcosa che un giorno prima magari non c'era. Anche qui, il regista racconta che è qualcosa di terrificante per chi filma. Ma Leclerc era completamente rilassato. The Alpinist è un film che può davvero avere senso andare a vedere al cinema, per avvertire sul grande schermo l'immensità degli spazi, il senso di vertigine e di sentirsi sospesi nel vuoto.
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Un bambino con l'ADHD
È molto toccante la parte dedicata all'infanzia. Perché Marc era un bambino con l'ADHD (il disturbo da deficit dell'attenzione/iperattività), e a scuola non riusciva a concentrarsi, a stare seduto al banco. Istruito dalla madre a casa, studiava fino a mezzogiorno e poi faceva con lei lunghe passeggiate alla scoperta della natura. Leggeva anche i libri, certo, ma quelli sulla montagna. E la madre racconta di aver assecondato la sua natura.
Into The Wild
Film unico nel suo genere, è una pellicola che rimanda a suggestioni che abbiamo vissuto al cinema. Da Into the Wild, per quel bisogno di andare, da solo, incontro alla natura selvaggia, a quella scena con Tom Cruise che scalava le montagne rocciose nell'incipit di Mission: Impossible II. E ancora a film d'azione come Cliffhanger - l'ultima sfida, per non parlare della suggestiva città fantasma in Patagonia. Ma qui è tutto vero. E, se pensate che sia un film solo per appassionati di alpinismo, non è vero. Perché in quegli ultimi 15 minuti il film cambia tono, cambia tema, cambia storia e finisce per commuoverci e parlare a tutti. E Peter Mortimer ammette di essere combattuto riguardo l'alpinismo: qualcosa che ci riconcilia con la natura, che ci permette di sfidare noi stessi, ma che ci mette in pericolo come poche altre pratiche. E no, quel mistero non lo ha ancora risolto.
Conclusioni
Nella recensione di The Alpinisti vi abbiamo raccontato una storia che ha a che fare con i limiti dell'uomo, con il bisogno di sfidarli e superarli continuamente, e del perché questo accada. The Alpinist è un racconto dall'ampio respiro e da paesaggi incredibili, di imprese e determinazioni incredibili. È interessante ed emozionante.
Perché ci piace
- L'idea di fare un film su un alpinista poco conosciuto, ma che parlasse dell'uomo e i suoi limiti.
- Le straordinarie riprese a picco nel vuoto e ad altitudini fuori dal comune.
- Gli ultimi 15 minuti, che sorprendono e cambiano il tono del film.
Cosa non va
- Il ritmo della prima parte potrebbe sembrarvi un po' compassato, ma è funzionale.
- Almeno al primo approccio, sembra un film destinato ad appassionati (ma in fondo non lo è)