Lui, Noah, è un insegnante del liceo, ma ha appena realizzato il sogno di pubblicare un romanzo; ha una bella moglie che lo ama, quattro figli che lo impegnano il giusto, una vita newyorkese tutto sommato invidiabile, eppure è vittima di un'inspiegabile irrequietezza. Lei, Alison, lavora come cameriera agli Hampton, e sta attraversando un periodo indicibilmente arduo dopo la morte del figlio di quattro anni; accanto a un marito appassionato e ferito, in mezzo alla grande famiglia di lui, Alison è disperatamente sola.
Non c'è ancora "the affair", la relazione extraconiugale che è destinata a esplodere tra lei e lui, nel pilot del nuovo serial targato Showtime, ma ci sono le premesse: ci sono Alison e Noah, ci sono l'egoismo, il narcisismo, l'erotismo, la solitudine, il dolore. E c'è qualcuno che ascolta insieme a noi, cercando fare chiarezza sulle conseguenze - presumibilmente nefaste - di quella relazione che non si è ancora consumata di fronte ai nostri occhi, ma che i nostri narratori si sono già lasciati alle spalle, non senza rimpianti.
Le ragioni di un tradimento
Uno dei pilot più promettenti e incisivi della stagione appena avviatasi, quello di The Affair introduce dunque i personaggi, e lo fa in maniera assolutamente originale, per lo meno per la TV. Gli sviluppatori, Sarah Treem e Hagai Levi, hanno già collaborato ad uno dei progetti televisivi più innovativi degli ultimi anni, documentando le sedute, con i pazienti e con la sua analista, dello psicologo interpretato da Gabriel Byrne in In Treatment (Levi è anche l'inventore del format arrivato anche in Italia e creatore dell'originale israeliano BeTipul). C'è qualcosa di non troppo dissimile dai meccanismi di In Treatment, in The Affair: i personaggi si raccontano a un ascoltatore, anni dopo i fatti che vediamo dispiegarsi sullo schermo. Non è un analista, però, il loro incalzante interlocutore, ma un detective della polizia, che sta investigando su un crimine commesso qualche anno dopo il primo incontro tra Noah e Alison; un crimine in qualche modo legato a quella relazione. Come un analista, anche se per ragioni diverse e con metodi diversi, il nostro investigatore è alla ricerca della verità. Che si dimostra elusiva.
In The Affair come in In Treatment, il lavoro sulle psicologie dei personaggi è attento e sofisticato, e si prende tutto il tempo necessario: così, prima di raccontare l'evento, lo show illustra le ragioni che lo portano ad accadere, attraverso i suoi protagonisti e le loro personalissime prospettive. Noterete qualche elemento che stride, nel racconto di Noah: gesti che stonano, battute fuori luogo, pezzi del puzzle che sembrano non combaciare. Non si tratta di problemi di sceneggiatura, ma di elementi che servono a creare straniamento, al fine di denunciare un narratore inaffidabile; non perché Noah sia disonesto, o meglio, forse lo è, ma non più di qualsiasi altro narratore: tutto diventerà più chiaro quando, nella seconda parte del pilot, cambierà il punto di vista, e ci troveremo al fianco dell'eroina, anche lei narratrice inaffidabile sui fatti, sincera nei sentimenti.
Dopo aver seguito Noah e la sua grande, chiassosa famiglia da New York agli Hampton, fino alla magione dell'ingombrante suocero, ci addentriamo, coprendo lo stesso lasso di tempo, nella quotidianità di Alison, e poi in picchiata nel tragico gelo in cui la scomparsa del figlioletto ha precipitato il suo matrimonio con l'aitante surfista Cole. E ci accorgiamo di come lo stesso, fatidico incontro nel ristorante in cui lei lavora sia visto in maniera sensibilmente diversa dai due (futuri? passati?) amanti.
Le due facce della medaglia
Se avete pensato a Rashomon, siete sulla strada giusta, perché è il modello principale del lavoro di Treem e Levi. Il capolavoro di Akira Kurosawa raccontava la stessa storia da diversi punti di vista, riflettendo sulla soggettività della narrazione, sulla distanza che ci può essere nell'elaborazione della medesima esperienza, e su ciò che la selettività della memoria racconta di noi. In The Affair, saltano agli occhi due elementi su tutti: Noah e Alison sembrano "accusarsi" reciprocamente di aver preso l'iniziativa verso l'intimità sessuale, e ciascuno ritiene di aver avuto i maggiori meriti nel salvataggio dell'ultimogenita di Noah, prossima a soffocare dopo avere ingerito una biglia. Sarah Treem ci dice qualcosa di prezioso qui, ci parla del modo in cui alleggeriamo il nostro senso di colpa di fronte alle responsabilità, e ci racconta il modo in cui abbiamo bisogno di vedere noi stessi, spesso pericolosamente lontano da ciò che siamo davvero.
Pensateci la prossima volta che vi capita di discutere con qualcuno, magari di accusare il vostro interlocutore di travisare la realtà per portare acqua al proprio mulino: inconsapevolmente, state facendo la stessa cosa. La verità è nel mezzo, oppure non esiste; la verità, forse, è venirsi incontro accettando le differenze di prospettiva. Ma stiamo divagando, perdonateci: anche se dal nostro punto di vista, quello che stiamo dicendo è assolutamente pertinente...
Un ensemble di talento
Abbiamo già accennato ai due showrunner e alla loro collaborazione con In Treatment, dalla quale scaturì l'amicizia che li ha indotti a tornare a fare squadra in casa Showtime; in particolare la Treem, che è la penna principale al servizio di The Affair, era la più giovane degli sceneggiatori della serie di HBO e ci ha regalato i personaggi di Sophie nella prima stagione, April nella seconda e Jesse nella terza; se avete visto In Treatment, tanto vi basti (e se non l'avete visto, fatelo). Ma gli interpreti di questo nuovo show non hanno trascorsi meno brillanti, a cominciare da Dominic West, che era il carismatico e scomodo "good police" Jimmy McNulty di The Wire (e avrete notato vedendo il pilot che nei panni del suocero di Noah c'è John Doman, ovvero il sovrintendente Bill Rawls, nemesi personale di McNulty nel glorioso show di David Simon e Ed Burns); la sua costar, la diafana - e, come West, britannica - Ruth Wilson, è stata la geniale e letale scienziata nichilista Alice Morgan nella crime series Luther; senza dimenticare i rispettivi coniugi, anche loro per nulla bisognosi di presentazione per gli appassionati del piccolo schermo: Maura Tierney era la coraggiosa e tribolata Abby Lockhart di E.R. - Medici in prima linea, mentre Joshua Jackson è nel cuore dei fan di Fringe come di quelli di Dawson's Creek.
Certo, non è detto che la somma di tanti talenti debba produrre matematicamente l'eccellenza; in questo caso, però, è esattamente quello che succede. Accanto a una scrittura raffinata e sensibile, a una regia sicura e ispirata, a una storia solida e uno splendido cast, The Affair dispensa quell'elemento inestimabile che inevitabilmente avvince: la capacità di restituire l'ambivalente, travolgente autenticità dell'esperienza umana.
Conclusione
Un pilot vibrante, denso, magnifico ci introduce a uno show dalle tematiche adulte e dalla confezione raffinata. Se The Affair prosegue su questi livelli - e perché poi non dovrebbe? - il colpo di fulmine è assicurato.
Movieplayer.it
4.5/5