Nel 2014 lo spettacolo teatrale Thanks for vaselina diventa un caso: un testo irriverente che nel giro di pochissimo porterà al tutto esaurito per ben 134 repliche. Oggi quel testo arriva la cinema con Thanks!, una commedia nera (in sala dal 4 ottobre) prodotta da Luca Barbareschi e diretta da Gabriele Di Luca, lo stesso regista che insieme agli altri autori ne ha fatto la fortuna sul palcoscenico. L'adattamento cinematografico si porta dietro gran parte del cast della versione teatrale e si arricchisce della presenza di Luca Zingaretti, nei panni della transessuale Annalisa, e di Antonio Folletto, il figlio trentenne Fil, che insieme all'amico Charlie, coltiva marijuana e il sogno di aprire un coffee shop in Costa Rica. Nel passaggio al grande schermo il titolo perde il termine "vaselina", per un più politically correct Thanks!.
"Avrei voluto mantenere il titolo originale che aveva già passato il vaglio della censura - spiega polemico Barbareschi durante la presentazione del film alla stampa - Ma chi detiene i diritti di antenna non era d'accordo".
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Le difficoltà distributive
L'irriverenza con cui Thanks! affronta alcune tematiche come la sessualità, la disabilità e la dipendenza, e i toni grotteschi con i quali racconta un'umanità disfunzionale, fatta di ultimi e periferie, lo ha reso un film con non pochi problemi distributivi. "A cosa serve produrre un film se poi i distributori si dileguano? - tuona il produttore - Mi chiedo dove siano le varie piattaforme che puntano sempre più su titoli internazionali, Thanks! sarebbe stato un buon prodotto su cui investire: è intelligente, provocatorio e coraggioso. Invece lo stiamo distribuendo da soli e con fatica", a Roma infatti verrà distribuito in pochissime copie nelle sale del Teatro Eliseo e del Nuovo Cinema Aquila. "A Venezia non avrebbe sfigurato di fronte a film americani come Ad Astra, lo abbiamo proposto a tutti i festival da Locarno a Berlino e Roma, dove non ci hanno neppure risposto".
Difficoltà che non hanno risparmiato nessuno: "Non era un progetto facile sulla carta e non lo è stato neanche sul set: portare avanti un progetto cinematografico partendo da un nucleo teatrale che volevamo proteggere e mantenere, non era semplice. - spiega Gabriele Di Luca - È stato necessario trovare un compromesso tra diversi mezzi espressivi".
La natura compromissoria del passaggio dal teatro al grande schermo e l'esigenza di rendere il film più appetibile ad un pubblico poco abituato al genere, ha costretto inoltre gli autori ad una ripulitura del linguaggio da commedia nera, "che in Italia è poco conosciuto o addirittura perso, oggi ci sono solo drammi e commedie leggere. Alcune cose sono state tagliate o ridimensionate per il bene del progetto, per riuscire a comunicarlo meglio e renderlo digeribile. - continua il regista - Ma sono stati proprio questi compromessi a darci la possibilità di approdare al cinema. È solo un primo passo, spero di poter fare altri film e sono sicuro che se fossi stato un autore più conosciuto, avrei potuto certamente osare di più".
La sfida di Luca Zingaretti
Anche Luca Zingaretti è convinto dell'originalità di Thanks!: "Il problema è che se in questo paese fai un film diverso e va bene come Lo chiamavano Jeeg Robot, poi per dieci anni tutti inizieranno a chiederti di fare lo stesso tipo di film. Questo è un tentativo di linguaggio diverso e qualcuno dovrebbe avere il coraggio di investire su un prodotto del genere, un esempio della ricchezza della drammaturgia di un paese, che purtroppo rimane bloccato dalle consorterie di palazzo. Nessuno rischia".
Lavorare in Thanks! però è stata "una grande esperienza umana. Mi sono immerso in questa compagnia assorbendone l'energia, avevo dimenticato quanta fatica c'è nel lavoro teatrale. Spesso si dimentica l'ardore di questo mestiere, questa esperienza mi ha fatto venir voglia di tornare a fare cose solo se si collegano alla tua pancia. Quando alcuni anni fa ho visto lo spettacolo, sono rimasto colpito dalla genialità della scrittura e mi dispiace della scarsa fortuna trovata dal film. Spero trovi la sua strada, magari su qualche piattaforma, è un piccolo tesoro, un miracolo e sono sicuro che qualcuno gli darà il palcoscenico che merita".
La scommessa più grande però, per l'iconico volto del commissario Montalbano è stata interpretare la transessuale Annalisa, con tanto di lunghi capelli biondi e trucco: "Interpretare questo tipo di personaggi è sempre una grande opportunità. I premi, si sa, arrivano quando ti travesti, funziona così. Nel caso di Annalisa ho cercato di capire come sarei potuto essere se avessi avuto quel percorso di vita, ma non ho pensato neanche un attimo a travestirmi o camuffarmi. Ho provato a pensare a quanto si portava dietro; in questo uomo diventato donna c'è molta tenerezza, ma anche struggimento e follia. Lentamente ho capito che la cosa più importante era restituire il dramma di un uomo sfiancato dalla vita".