Grazie alla giovane compagnia di distribuzione di qualità Officine Ubu, arriva finalmente nelle sale italiane (davvero poche, per la verità: del film non circoleranno più di 25 copie a partire dal 31 ottobre) un film particolarmente atteso dai fan del grande Don Chisciotte del cinema USA e internazionale, il minnesotano ex Monty Python Terry Gilliam. Tratto da un romanzo di Mitch Cullin, Tideland è un film struggente, commovente e inquietante, un gioiello spiazzante che, dopo un paio di anni di limbo, si è conquistato quest'anno uno spazio anche nel circuito americano, e qualche premio prestigioso. Per presentare l'uscita nostrana, Gilliam arriva a Roma accompagnato dal suo direttore della fortografia Nicola Pecorini.
Mr. Gilliam, a che punto punto è il suo percorso di regista?
Terry Gilliam: Uh, questa domande sanno sempre di riconoscimento alla carriera, arrivano quando sei agli sgoccioli...! In realtà per me ogni film che faccio è come il primo, e ho sempre le stesse difficoltà a mettere insieme i finanziamenti per realizzarlo. Non so a che punto sono, so che ogni volta mi entusiasmo per un nuovo progetto e ci metto anni per concretizzarlo. Questo è forse il più sottile e tenero film che abbia mai girato, ma allo stesso tempo è provocatorio: Tideland riflette due lati diversi della mia personalità, da una parte una persona piacevole e cortese, dall'altra una specie di mostro. Con un film così la mia speranza è quella di suscitare reazioni forti in un pubblico abituato ad essere messo comodamente a dormire da gran parte della cinematografia sul mercato. Vorrei che Tideland fosse come i film con cui sono cresciuto, che ti costringevano a mettere in discussione la tua visione del mondo.
Che tipo di lavoro ha fatto a partire dal libro di Cullin?
Terry Gilliam: Io e Tony Grisoni , l'altro sceneggiatore, volevamo che fosse un adattamento fedele del romanzo, non volevamo metterci troppo Gilliam. Era importante anche perché così, se il film non piace, posso dare la colpa a Mitch! Forse l'unico elemento che abbiamo enfatizzato sono stati i richiami ad Alice nel paese delle meraviglie, che servivano a creare un parallelo tra questo viaggio e quello di Carroll. Mentre leggevo il romanzo telefonai a Mitch per dirgli che mi aveva fatto pensare a un dipinto di Andrew Wyeth, Christina's World, e lui mi disse che aveva scritto il libro con in mente quel quadro. Questo significa che avevamo una sensibilità davvero affine. Nicola Pecorini ha fatto le sue ricerche sull'opera di Wyeth: volevamo ottenere quell'atmosfera, grandi distese di grano, una casa all'orizzonte, una piccola figura in primo piano.
Nicola Pecorini: Anche io conoscevo Christina's World: nel quadro la ragazzina è una poliomielitica che cerca di rientrare a casa, nel nostro caso Jeliza-Rose non ha una menomazione fisica ma psicologica ed emotiva. Attraverso l'opera di Wyeth abbiamo ricostruito un vero e proprio storyboard per il film, anche se con personaggi diversi. Ovviamente quando ti metti al lavoro le cose di rado vanno come avevi programmato, e sei costretto a improvvisare: ma il lavoro preparatorio resta sempre fondamentale.
Gilliam, ll suo film potrebbe essere letto come un requiem per l'America, che ne pensa?
Terry Gilliam: Penso che questa versione sia più intelligente della mia. Quando lavoro do libero sfogo a tante frustrazioni e crucci del mio rapporto con il mio paese, e credo l'ipotesi del requiem non sia lontano dalla verità. Con Tideland volevo toccare corde delicate, per gli spettatori in generale e soprattutto per gli americani, affrontare alcuni tabù. In particolare volevo rovesciare la visione dei bambini come vittime che ci propinano i media. I bambini sono forti, hanno una enorme resistenza. Ho fatto una cosa molto crudele, ho messo una bambina in una situazione spaventosa, e non mi sembra che se la sia cavata male!
Lei è un regista famoso quasi più per i film che non fa che per quelli che fa. A quale progetto si dedicherebbe se avesse risorse illimitate?
Terry Gilliam: Non riesco a pensare a nulla di più spaventoso. Ho bisogno di una scala, ho bisogno di limiti, sono come la dinamite, che è davvero distruttiva quando è confezionata ben compatta. Con risorse illimitate non saprei dove mettere le mani.
Ci vuole accennare al suo nuovo progetto, The Imaginarium of Dr Parnassus? E Don Quixote?
Terry Gilliam: Inizieremo a girare tra cinque settimane, con più problemi e limitazioni che mai. Avremo Heath Ledger, Christopher Plummer, Tom Waits e Lily Cole. Per quanto riguarda Don Quixote, il mio produttore Jeremy Thomas se la sta vedendo con un manipolo di avvocati francesi per riavere i diritti sulla sceneggiatura. Poi bisognerà solo fare una telefonata a Johnny Depp per sapere a che film sui pirati è arrivato, se l'undicesimo o il dodicesimo... Don Quixote potrebbe essere il mio primo film postumo.
Si trova bene a lavorare con Johnny Depp?
Terry Gilliam: Sì, dato che è molto basso io mi sento uno spilungone accanto a lui, e poi è così brutto che al confronto io sembro bellissimo. A parte gli scherzi, è un piacere lavorare con lui, è intelligente, divertente e molto creativo, non ha problemi a rasarsi la testa e a rinunciare al suo fascino se serve. Inoltre arriva regolarmente con 45 minuti di ritardo e quindi garantisce molto tempo a Nicola per sistemare le luci.
Ha avuto problemi ha lavorare con la piccola Jodelle Ferland, assoluta protagonista di Tideland?
Terry Gilliam: Ai bambini piace imparare cose nuove, anche imparare a preparare una dose di eroina può insegnare ad affrontare la vita. E poi qui parliamo di una bambina speciale: Jodelle Ferland è un genio. Non le dicevamo cosa fare, aspettavamo che ci dicesse lei cosa doveva fare: molto di quello che si vede nel film, molto, davvero, è solo farina del suo sacco.