Terrore sul treno
Era il 1974 quando Joseph Sargent adattava per il grande schermo il romanzo di John Godey nel suo Il colpo della metropolitana - un ostaggio al minuto, thriller asciutto che si avvaleva delle performance di Walter Matthau, Robert Shaw e Martin Balsam. Il film di Sargent è un film vecchio stile, perfettamente calato nel contesto sociale degradato della New York di quegli anni di cui coglieva la sensazione di ansietà, e che non aveva mancato di influenzare anche le generazioni successive: basti pensare in tal senso all'uso dei colori per i nomi dei malviventi coinvolti nell'attentato, ripresi da Quentin Tarantino quasi venti anni dopo in Le iene.
Dopo 35 anni, ed un altro remake realizzato nel '98, è un autore dal gusto e dallo stile completamente diverso a prendere in mano le redini di un rifacimento di quel film in Pelham 1-2-3: Ostaggi in metropolitana: Tony Scott. Il regista di Top Gun ci sorprende per la capacità di adottare un registro diverso dal suo abituale, ma è inevitabile che il sapore della nuova pellicola sia ben diverso da quello degli anni '70. In primo luogo la storia ed il suo contesto sono attualizzati: è un'altra New York quella che fa da sfondo all'azione, quella post 11 Settembre, con altre tensioni ed altre ovvie paure, così come è ben altra la tecnologia utilizzabile da malviventi e forze dell'ordine e quindi non mancano cellulari e laptop in rete con connessioni wireless per spiare direttamente all'interno dei convogli della metro.
In più sono diversi gli interpreti: Denzel Washington, per esempio, non evoca le stesse sensazioni di Matthau ed il suo Walter Garber (Walter, invece di Zachary, per omaggiare proprio l'interprete precedente) risulta giustamente diverso da quello del 74.
Scott si ritaglia piccoli spazi da action man, creando sin dai titoli immagini forti laddove possibile per dare vigore alla messa in scena, ma senza intralciare lo sviluppo di una storia che fa risuonare, soprattutto nella prima parte, corde diverse dalle sue abitudini.
Non mancano luoghi comuni tipici dei film del genere, trattandosi di un tema ampiamente sfruttato dal cinema, ed un approfondimento delle motivazioni e della psicologia di Ryder avrebbero dato qualcosa in più al film, ma Pelham, pur con la sua identità di remale attualizzato, mantiene una dignità propria che lo rende interessante senza bisogno di mettere in piedi scomodi confronti col passato.
Movieplayer.it
3.0/5