Dopo l'orrido rifacimento di Skins propinatoci da MTV, la speranza che il canale della musica potesse produrre serie a copione decenti l'avevamo quasi perduta. Eppure, come altre reti specializzate in show per ragazzi (vedi CW e ABC family), qualche sorpresa l'aveva in serbo. Teen Wolf - dal 16 luglio su Fox Italia la seconda parte della terza stagione, mentre è da poco iniziata la quarta negli USA -, prodotta da Jeff Davis di Criminal Minds e da Russell Mulcahy di Highlander, ha esordito nel 2011 come horror rivolto a un pubblico 15-29.
Il suo protagonista, Scott McCall, è uno studente liceale qualsiasi, vittima dei soliti patimenti adolescenziali - le prime cotte, l'inserimento sociale, il rapporto con le figure genitoriali - che diventa un lupo mannaro e si ritrova a gestire le pulsioni, ben più sconvolgenti, di creatura ferale. Teen Wolf era partito come un teen soprannaturale in cui le mutazioni animalesche di Scott erano l'esacerbazione di quelle ormonali e psicologiche degli adolescenti, per poi evolvere gradualmente in un horror puro e corale dove il neo-licantropo si è costruito la sua scoobie gang di amici umani e soprannaturali con cui combattere il Male.
Dentro la follia
La terza annata è una stagione doppia, distinta in due archi narrativi divisi nettamente anche dalla programmazione. Fox ha già mandato in onda la prima tranche, in cui Scott, l'amico (e sollievo comico della serie) Stiles, i lupi mannari Derek e Isaac, la cacciatrice Allison e la banshee Lydia affrontano il vendicativo darach e il branco di Alfa di Deucalion giunti a Beacon Hills (la Sunnydale del caso per concentrazione di mostri). Questa prima parte, coinvolgente anche se un po' confusa, della stagione regala molto spazio filmico ai comprimari, e ne introduce di nuovi come la coppia di gemelli mutanti Ethan e Aiden.
Con la tranche successiva, il duo Davis/Mulcahy fa compiere a Teen Wolf un salto qualitativo enorme: gli episodi più oscuri e angoscianti della serie parlano con incessante forza di instabilità mentale e follia e scrollano definitamente di dosso a Stiles, intorno al quale gira la trama più importante della mezza annata, il ruolo di buffone donandogli una statura drammatica e persino eroica. Scott, Allison e Stilinski, dopo il rituale cui si sono sottoposti per salvare i genitori, soffrono di allucinazioni con cui somatizzano le loro paure più profonde: è l'inizio di un viaggio nella paura di impazzire, di essere sopraffatti dal panico e di perdere il controllo che per Stiles si tradurrà in un percorso esasperante costituito dalla terrificante trafila degli esami medici, dal ricovero psichiatrico e dalla perdita dell'identità.
L'anno di Stiles
Teen Wolf è una serie horror e le creature soprannaturali che la abitano sono reali: in questa tranche Scott conosce la timida kitsune Kira, gli implacabile oni guardiani e una licantropa cresciuta nella foresta che non ha memoria della sua natura umana, l'adolescente Malia. La serie teen riesce, però, solo ora, a fare davvero paura, e gran parte del merito di questo va al talento di Dylan O'Brien. L'interprete dell'impacciato Stiles non sarà il più avvenente di una serie affollata di figlioli superatletici ma è indiscutibilmente più amato - tanto che al Giffoni Film Festival è lui l'ospite più atteso dai teenager e probabilmente lo sarà anche della Nemeton ItaCon, la convention italiana su Teen Wolf che Fantasy Events tiene dal 19 al 21 dicembre a Roma.
O'Brien rivela una gamma emotiva ricca da interprete maturo; sa passare dal solito buffo Stiles al suo alter ego maligno e a quello consumato dalla follia che accompagna lo spettatore in un mondo dove il confine tra realtà e incubo è indefinibile, dove qualsiasi certezza scivola via, dove a ogni porta che si apre corrisponde una vampata di terrore, dove l'ombra della follia è talmente buia da condurre alla disperazione e dove la prospettiva della morte si staglia così definita da divorare qualsiasi speranza. Il materiale di cui è fatta la vera paura.
La stagione migliore
Un risultato francamente incredibile, che culmina nello scontro finale tra spiriti buoni - come Kira - e cattivi - come la sorta di ju-on che infesta gli animi umani - con un finale abbastanza coraggioso da sterminare personaggi importanti per fare posto ad altri. Questa mezza stagione regala anche deliziose citazioni (addirittura Lady Snowblood mutuata da Tarantino) e una puntata particolare (Illuminated) in cui la musica assordante non cessa mai e dove uno scatenato party a tema fluo è la puntata stessa. Per l'occasione al posto della sigla scorre una variante techno-industrial potabile anche per gli spettatori discorepellenti.
Il riscatto di MTV
La terza stagione non altera gli ingredienti principali di Teen Wolf, ovvero mitologia e iconografia horror non stereotipate (con kanima, darach, banshee, oni e kitsune), un format che sembra costringere contrattualmente tutti i maschi palestrati del cast a sfoggiare ripetutamente gli addominali, e l'ottimista disinvoltura gay friendly con cui raffigura una scuola superiore della provincia americana dove l'orientamento sessuale conta quanto il colore dei capelli. I produttori di Teen Wolf sanno mascherare gli insospettabili intenti pedagogici della serie proiettati su un role model ideale per il pubblico giovane: anche se ha gli artigli e le orecchie pelose, Scott è l'adolescente perfetto, leale, gentile, altruista, protettivo.
Con la terza stagione evolve nel prototipo del leader e MTV si guadagna il suo primo eroe, un modello propedeutico alla maturità con cui la rete fa ammenda per aver annacquato l'intelletto dei suoi spettatori con immondizia come Jersey Shore. Derek consegna allo spettatore - tramite i gemelli, suoi interlocutori - un messaggio, quello di prendere ispirazione da Scott McCall, che "continua a combattere anche quando non c'è modo di vincere, che trova una soluzione anche quando la speranza è perduta, che si rialza anche se sconfitto". Di mostrare, finalmente, un po' di spina dorsale.