Lo sport è una metafora della vita, una metafora spesso adoperata per raccontare delle storie, tanto in letteratura quanto al cinema. Quest'ultimo forse il medium che più si sposa in termini di linguaggio all'estetica e all'epica della storia sportiva. Una metafora calzante, perfetta per un film o una serie, sfruttando i suoi topoi anche in racconti che non hanno lo sport come fulcro. Racconti di vicende in cui ci sono, per esempio, la corsa contro il tempo, il superamento dei propri limiti, il riscatto personale, il pensare fuori degli schermi, la competitività e il raggiungimento di un obiettivo. Lo sport nel cinema è strumento per storie universali ed elemento per indirizzare anche argomenti politici.
Insomma, una sorta di contenitore di tematiche contemporanee, come lo spirito di squadra, l'esaltazione delle diversità, la costruzione della famiglia e l'abbattimento della tossicità legata alla ricerca esasperata di una vittoria che spesso e volentieri si traduce in un successo vuoto, distruttivo e fine a se stesso. Come si parla di questi argomenti in un ambiente spesso ipercompetitivo? Con la sua destrutturazione attraverso ciò che è demonizzato al suo interno, ovvero la sconfitta. Questo è un ribaltamento chiave che però non presuppone una negazione. La sconfitta rimane dolorosa, ma di un dolore positivo, che porta al confronto tra coach e squadra, tra uomo e collettività, tra alieno e cultura. Ed è questa è la lezione di Ted Lasso e di Chi segna vince.
Il calcio al cinema? Questione di opposti
La cosa curiosa è che per questa operazione "rivoluzionaria" si è scelto (forse proprio per una necessità di parlare del dietro le quinte) lo sport che tra tutti ha avuto meno spazio all'interno delle produzioni cinematografiche, per motivi anche banalmente legati alle difficoltà della messa in scena. Non è facile riprendere una partita di calcio (anche se ci sono stati dei titoli che hanno fugato in modo abbastanza efficace questa difficoltà), quindi non è forse intelligente costruire una storia nella quale il fulcro è la partita stessa. Meglio parlare di uomini e di allenatori. Un confronto, sport e vita, anche diverso, spesso opposto, come sono opposti i protagonisti della serie Apple Ted Lasso e di Chi segna vince di Taika Waititi.
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Thomas Rogen vs. Ted Lasso: due alieni nello spogliatoio
Si parte sempre da un alieno. Un outsider che interviene per cambiare un equilibrio, per sconquassare lo status quo, di solito perché in possesso di strumenti sconosciuti agli abitanti del "pianeta" su cui atterra. Nel caso del Ted Lasso di Jason Sudeikis sono la gentilezza, la genuinità, l'ingenuità (cosa più importante) e anche una certa dose di incoscienza. Sono opposti quelli dell'altro straniero, il Thomas Rongen di Michael Fassbender, che può vantare la mania per la vittoria, l'estrema conoscenza delle regole dello sport, una personalità strabordante e quell'arroganza che porta alla sicurezza di poter portare ad alzare il livello. Non è un caso che il primo compie la scelta di partire per soddisfare un proprio bisogno, mentre al secondo la partenza (per le Samoa Americane) viene imposta. Ciò che è certo è che per entrambi lo sport, anche se magari in modo distorto o incompleto, è una cura per le proprie sofferenze.
Una cura che, ovviamente, cercano di somministrare alle rispettive squadre. Ted provando il confronto e puntando sulla comprensione, e Thomas invece negandolo e puntando sulla prevaricazione. Dall'altra parte c'è la resistenza di un ecosistema fortemente connotato, perché lo sport ha ovviamente un peso incredibile all'interno della vita sociale di un Paese e, di conseguenza, un peso sull'identità della comunità (o delle comunità) che vivono al suo interno. Lo sport, data la sua importanza, non permette mezzi termini, chiama la polarizzazione e la faziosità, che è l'opposto della complessità e dell'incontro (possiamo andare nelle Samoa Americane o in una delle periferie di Londra, troveremo sempre le stesse logiche). Ecco perché è così affascinante affrontarlo dal punto di vista delle due storie che vi stiamo proponendo.
Si parte sempre dalla figura dell'alieno, dicevamo, che pur potendo avere caratteristiche diverse, a volte anche opponibili, rimane pur sempre tale. Quando un alieno arriva sulla Terra ha l'ambizione di cambiare gli altri, ma non mette quasi mai in conto il fatto di poter cambiare lui per primo. Lo sport è catartico non solo perché attivo e quindi in grado di sublimare atteggiamenti agonistici, ma anche e soprattutto perché concede la possibilità di proiettare le proprie difficoltà emotive, i propri traumi e le proprie paure. Quindi, se le sue logiche vengono ribaltate, allora lo sport non diventa più un modo per sublimare, ma uno per riflettersi. Uno specchio in cui dover guardare noi stessi negli occhi degli altri. È doloroso, ma molto più utile.
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Aprirsi all'altro è la vera rivoluzione
Ted Lasso decide di andare ad allenare in Premier League dopo essere stato coach rivelazione di football americano perché non è in grado di affrontare il dolore dovuto alla fine del suo matrimonio, e, ad un livello più profondo, il dolore causato dal suicidio del padre e dalla successiva negazione della madre. Thomas Rogen viene mandato ad allenare la nazionale samoana perché ormai fallito per il suo ambiente, divenuto tossico per se stesso. Tuttavia, invece di rendersi conto della situazione, tenta di riproporre proprio quel modo di vivere lo sport anche dall'altra parte del mondo, nascondendosi dal dolore causato dalla morte della figlia. Dunque, scelte di carriera dedicate alla sublimazione della sofferenza.
Quello che però sottovalutano entrambi è che lo scambio è ovviamente bilaterale e dunque entrambi saranno costretti a cambiare loro stessi per cambiare anche l'ambiente. Il biondo olandese Rogen sarà costretto ad accettare la diversità (rappresentata dalla figura di Jaiyah Saelua, la prima calciatrice transessuale della storia a far parte di una nazionale) di una comunità che non ha la minima intenzione di barattare il proprio modo di vivere e di intendere la propria identità solo per vincere una partita, anche se questo gli ha impedito per anni di segnare anche solo un goal. L'americano baffuto Lasso, dal canto suo, dovrà accettare la terapia, il dialogo e il confronto con i propri demoni, come una Mary Poppins che accetta la psicoanalisi per discutere sule origini del proprio atteggiamento educativo.
La vittoria o, meglio, il risultato sportivo è fuori dall'equazione e se c'è allora c'è solamente in parte. Non c'entra più nulla il traguardo competitivo, che arrivava in certi film o in certe vicende del passato a coronamento di una mitologia, la quale, per quanto umana, aveva sempre e comunque uno sfondo di epicità classica. Questo elemento non esiste più, perché la crisi dovuta al confronto diventa essa stessa il traguardo. Ecco perché gli allenatori sono il centro di queste nuove storie sportive, come quelle raccontate da Ted Lasso e da Chi segna vince, perché loro sono i primi che devono cambiare per attuare la rivoluzione. Anche se sono completamente diversi.