Non è mai stata una storia su di me, ma su di loro.
Ted Lasso ci lascia in tv. Sia il personaggio che la serie. Forse per sempre. Questa terza stagione, forse un po' altalenante, conferma un aspetto importante dello show Apple TV+ arrivato esattamente nel momento in cui avevamo più bisogno di una serie e di un personaggio così, in piena pandemia. Ted Lasso è come Mary Poppins, con un'aggiunta. È come la magica bambinaia nata dalla penna di P.L. Travers e portata al cinema prima da Julie Andrews e poi da Emily Blunt: arrivato da molto lontano, ha sistemato i problemi e i caratteri di tutte le persone che ha incontrato, in particolare la famiglia dell'AFC Richmond che era come i Banks, troppo accecata dai profitti e dalla vendetta per riuscire a vedere oltre, e ora è pronto ad andarsene. La "Truth Bomb" è stata sganciata nel finale del penultimo episodio della terza stagione, questa volta non da Rebecca a Ted come oramai eravamo stati abituati ma viceversa: è tempo per lui di tornare a casa, come Dorothy (citerà proprio Il Mago di Oz ad un certo punto) e come appunto Mary Poppins.
Ted Lasso come Mary Poppins
La principale differenza è che rispetto alla bambinaia più magica che c'è, di lui abbiamo scoperto anche il background familiare che lo ha portato ad essere ciò che è e ad usare la risata e la battuta sempre pronta come meccanismo di difesa, ma anche l'ottimismo come l'arma più sorprendentemente vincente in un mondo di cinismo e rabbia. Risolti i propri demoni interiori e problemi personali anche in questa stagione, complice l'arrivo di Mamma Lasso, è davvero pronto a tornare dalla propria famiglia dopo aver migliorato le vite dell'altra. Quella lavorativa, professionale, che col tempo però è diventata molto più di questo. E il suo "lavoro" è finito nel bene e nel male. I risultati si vedono tutti in questo finale (di stagione? Di serie? Non è dato saperlo per il momento): in ciò che lascia ai posteri e ad ognuno dei personaggi e degli abitanti del paesino inglese: dai giocatori agli allenatori, fino ai tifosi e agli avventori del pub, e al ritrovato Nate con cui ha finalmente un confronto toccante ed emozionante, di poche parole, senza fronzoli. Parole che invece sembra aver recuperato Roy Kent, ma anche Jamie Tartt, senza dimenticare Keeley, Rebecca, addirittura Trent che ha ultimato il libro su di lui ma vuole un parere prima che parta. "Non è mai stata la mia storia ma la loro" dirà Ted al giornalista ed è proprio vero. Proprio come in Mary Poppins. Nonostante il nome nel titolo, Ted Lasso era solamente la lente d'ingrandimento, il punto di vista attraverso cui vedere tutto, il prisma attraverso cui colorare di nuove sfumature le vite delle persone intorno a lui.
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Un finale praticamente perfetto sotto ogni aspetto?
Quello di Ted Lasso a conti fatti è un finale molto più ruffiano e meno artisticamente valido di quello della Fantastica Signora Maisel eppure allo stesso tempo è talmente costruito ad arte per commuovere lo spettatore che è impossibile non emozionarsi e non considerarlo perfettamente riuscito. È riuscito addirittura a chiudere, in un'ora e venti (praticamente un film conclusivo) le storyline di tutti i personaggi coinvolti, proprio perché già nello sviluppo della stagione la serie era diventata ancora più corale. Gli autori non si dimenticano proprio di nessuno, tutti hanno un proprio epilogo, tra il dolce e l'amaro, e sono riusciti anche in un'impresa che sembrava impossibile. Ovvero non finire in facili, prevedibili e banali percorsi già battuti come una relazione tra Ted e Rebecca oppure quella che sarà la scelta di Keeley tra Roy e Jamie, confermando come in questa serie si sia parlato in modo intelligente, attuale e arguto di mascolinità tossica come forse mai prima d'ora in una comedy.
Come una favola, per l'ultima volta
Ted Lasso è una comedy in cui nella terza ed ultima stagione ha pesato la durata degli episodi, che gli si perdona solo perché era l'ultima chance per poter stare insieme a questi personaggi e alle loro vicissitudini. Una durata più che doppia per ogni puntata che non lo ha fatto diventare più un antidoto settimanale ma piuttosto un impegno di visione; anche se forse si può trovare una motivazione nella durata aumentata esponenzialmente già dagli ultimi episodi della precedente stagione per portare più drama nell' elemento più prettamente comedy iniziale. Ted Lasso è sempre stato una favola fin dall'inizio. I villain da combattere erano in realtà gli eroi da svelare - come Rebecca e Jamie - e lo è stato fino all'ultima, potente inquadratura - da qui la durata fiume delle puntate - e forse è proprio questo che ha infastidito più di qualche fan e spettatore. Però questo finale ci lascia nel migliore dei modi, con un messaggio di fondo di speranza come poche altre serie hanno saputo fare. Una testimonianza di comunità - a livello di squadra come di amicizia - che ci ridà fiducia nell'umanità nonostante quello che abbiamo visto in questi tre anni di pandemia, che non ci ha fatto fare una bellissima figura in quanto esseri umani. Ma dove c'è Ted, c'è qualcosa o qualcuno in cui sperare.
Conclusioni
Che dire alla fine della recensione del finale di Ted Lasso (episodio 3x12), se non di che vuoto enorme ci lascia dentro a fine visione. Insieme ad un potente e importante messaggio di fondo, di speranza verso l’umanità e verso il concetto di comunità. Una chiusura praticamente perfetta per quasi tutte le storyline di qualsiasi personaggio, nonostante la stagione altalenante. Incredibile. Anzi, "Believe", crediamoci.
Perché ci piace
- Non aver scelto la strada più facile e prevedibile per quasi nessuno dei personaggi coinvolti.
- Ted Lasso conferma di essere come Mary Poppins e dopo aver fatto del bene se ne va.
- Le lacrime sono assicurate forse più delle risate.
- Il confronto tanto atteso tra Ted e Nate.
- Il significato profondo che lascia dentro ognuno di noi.
Cosa non va
- Il finale risente dell’altalena che è stata questa stagione e dell’inevitabile confronto con il recentissimo epilogo della Fantastica Signora Maisel.