Tallulah: nomadi, fragili, donne

Dramma femminile pieno di amarezza, il film Netflix esplora con discrezione l'inadeguatezza dell'essere madri e il disagio di essere figli.

L'intero mondo in un furgoncino. Tallulah (Lu) vive qui, in un disordinato e malmesso pianeta mobile tutto suo. Ma anche dentro quel veicolo lei viaggia con la mente, sogna, immagina voli impossibili e tuffi per nuotare chissà dove. Sicuramente lontano da ciò che gli altri ritengono normale, da quello che tutti considerano accettabile, via da un lavoro, una famiglia, una casa che lo sia davvero. Tallulah rigetta i percorsi prestabiliti e vaga in compagnia di un radicato spirito nomade. Il suo corpo va in cerca di soldi e di cibo, mentre i suoi affetti vanno e vengono da quando è nata. Persino Nico la abbandona, un fidanzato che ne aveva sposato le idee vagabonde.

Tallulah: una scena del film
Tallulah: una scena del film

Poi, un giorno, cercando da mangiare in un hotel, Lu non trova qualcosa, ma qualcuno. Si imbatte in una bambina di quasi due anni nelle mani di una madre senza un briciolo di maternità. Così, di colpo, nella ragazza scatta un senso di responsabilità più forte della voglia di fuga; forse il vago ricordo di un'infanzia difficile da riscattare subito. Il suo mondo non è più quel furgone ma questa bimba innocente che, pur senza parlare, chiede salvezza. Per farlo, Lu dovrà smettere di fuggire da tutto e da tutti, trovando conforto in Margo, la madre di Nico, anche lei annegata in una lacerante solitudine.

Maternità estinta

Tallulah: Ellen Page in un'immagine del film
Tallulah: Ellen Page in un'immagine del film

Dopo aver co-sceneggiato Orange Is the New Black, Sian Heder esordisce alla regia con nuove, invisibili prigioni, quelle che condannano le persone sin dalla nascita, quelle che castrano l'esistenza attraverso rimpianti, traumi, vecchi dolori da cui è difficile fuggire. Senza mai esasperare i toni del suo profondo dramma, mantenendosi in un purgatorio di costante insofferenza, Tallulah si aggira con discrezione dentro generazioni di donne, tra madri inadatte, genitori pentiti, figli senza colpa.

Tallulah: Tammy Blanchard in una scena del film
Tallulah: Tammy Blanchard in una scena del film

In mezzo a loro la maternità diventa quasi una chimera, un dono sfuggente che non si ottiene per caso, ma va coltivato in casa, ogni giorno, con una fatica e un'abnegazione ripagate soltanto dagli imprevedibili doni dell'infanzia. Heder, espandendo il lavoro iniziato con il suo primo cortometraggio (Mother), si sofferma su momenti di vita non sempre decisivi, perché lascia ai racconti e al non detto il compito di farci intuire qualcosa di più sui personaggi; preferisce "rieducare" le sue donne agli affetti senza urlare, con dignità, anche attraverso gesti ingiusti, disperati ma necessari per scuotersi di dosso l'apatia.

Juno è cresciuta

Tallulah: Ellen Page in un momento del film
Tallulah: Ellen Page in un momento del film

È curioso come sia Ellen Page che Allison Janney ritornino a lavorare insieme dopo l'esperienza di quasi dieci fa in Juno, anche lì impegnate a parlarci del diventare mamme . Tallulah sembra quasi un naturale passo successivo, un salto in avanti che porta con sé tanta disillusione. Se il bel film di Jason Reitman covava i dubbi curiosi e i timidi entusiasmi di un futuro genitore, qui Page indossa sempre una felpa con cappuccio ma per trasmettere molto più impaccio, ancora più inadeguatezza ad una ragazza confinata dentro se stessa.

Tallulah: Ellen Page ed Allison Janney in una scena del film
Tallulah: Ellen Page ed Allison Janney in una scena del film

Non meno di Nico (anche Janney ritrova alcuni punti in comune col suo personaggio di Masters of Sex) o dell'irresponsabile Carolyn, donne che vanno a comporre una triade di anime in pena, legate da una bambina inconsapevole. Tallulah cerca di accarezzare tutte queste generazioni, queste tappe di vita così diverse da loro, senza centrarle tutte come vorrebbe. Quel che rimane è un film dove, in mezzo a tanto dolore, si trova un po' di pace solo quando qualcuno riesce a prendersi cura dell'altro. Seppur involontariamente. Perché, come ci suggerisce la locandina, la vita è la prima mamma a cui aggrapparsi. E Tallulah è tutto così, pieno di persone che si aggrappano l'una all'altra.

Movieplayer.it

3.0/5