Billins, una piccola comunità del Nuovo Galles del Sud, è stato teatro di una serie di tragedie che hanno coinvolto dei bambini. Tra le vittime vi è stato anche il piccolo Joey, il cui corpo non è mai stato ritrovato. Dopo aver lungo atteso le indagini della polizia, che hanno condotto ad un nulla di fatto, sua madre Hanna decide di investigare in prima persona per scoprire cosa sia realmente accaduto e dove si trovi ora il cadavere di quel figlio da lei così amato.
Ma in Sweet River la sua ricerca non sarà così semplice. Arrivata a Billins nascondendo le sue reali intenzioni, scopre ben presto come i residenti - pur ancora sconvolti da quei molteplici lutti, che hanno distrutto così tante famiglie - stiano nascondendo qualcosa e siano intenzionati a non far emergere la verità. Il drammatico incidente di uno scuolabus, finito nelle acque del fiume provocando la morte di sei alunni, sembra strettamente legato alla scomparsa di Joey e Hanna si ritroverà ad avere a che fare non soltanto coi vivi, ma anche coi morti...
Sweet River: terra e cielo
Non vi è dubbio che la principale fonte di ispirazione di un film come Sweet River sia la saga cinematografica di Grano rosso sangue, a sua volta tratta dal relativo racconto di Stephen King dal titolo I figli del grano. Simili dinamiche vengono qui reinterpretate in una chiave maggiormente drammatica, con l'insormontabile perdita che opprime la protagonista quale spinta motivante a scavare in un passato rimosso, che gli abitanti di Billins sembrano aver interesse a celare agli estranei. Lo svelamento del mistero avviene con un'indagine di stampo relativamente classico, con questa madre affranta ma determinata che si ritroverà ad affrontare non soltanto pericoli terreni ma anche insidie sovrannaturali mentre si avvicina progressivamente a quelle risposte che così tanto bramava ma anche temeva.
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Dentro e fuori
Il regista e sceneggiatore Justin McMillan torna dietro la macchina da presa a otto anni di distanza dal documentario sportivo Storm Surfers 3D (2012) con un film diametralmente opposto, dove l'azione di genere è limitata ai minimi termini in favore di una costruzione dell'atmosfera in crescendo, inquietamente opprimente, concentrandosi sulla psiche sulla protagonista e sui segreti di chi la circonda, in un gioco di verità e bugie destinato a crollare come un castello di carte. Se da un lato l'anima più introspettiva convince, dall'altro è il versante horror a essere troppo debole per poter effettivamente colpire gli appassionati del filone: gli spaventi sono ridotti ai minimi termini e non bastano riflessi di specchi e apparizioni improvvise a generare quei sussulti tali da accompagnare il dramma privato - ma che poi si scoprirà più condiviso del previsto - con una sana paura a tema.
Fantasmi veri e presunti
Anche il numero di personaggi secondari è insolitamente ridotto e alcuni di loro non godono di una caratterizzazione adeguata, sminuendo di fatto il contorno per concentrarsi sulle figure principali: oltre ad Hanna vi è infatti la coppia presso la quale ha trovato ospitalità, anch'essa strettamente legata alla vicenda chiave e determinante nella risoluzione degli eventi. Gli incubi assillanti che assalgono Hanna e i flashback rivelatori che fanno la loro comparsa nella parte finale hanno il compito di chiudere in maniera forse eccessivamente sbrigativa il cerchio narrativo, riassumendo in quei brevi fotogrammi i limiti concettuali di un'operazione riuscita a metà. Sweet River è una ghost story piacevolmente tormentata ma perfettibile, che trova in ogni caso ideale supporto dalle performance dell'eterogeneo cast guidato da Lisa Kay, abile nell'infondere la necessaria, risoluta, sofferenza a una donna distrutta da un dolore insormontabile ma pronta a tutta per concedere la pace a se stessa e a quel figlio così prematuramente perduto per sempre. E forse non soltanto a loro.
Conclusioni
Una madre che ha pianto la morte del figlio ancora bambino è pronta a tutto pur di ritrovarne il corpo mai rinvenuto. Ma quando arriva nella piccola comunità di Billins, tutte le sue certezze vengono meno e si dovrà guardare non soltanto dai vivi, ma anche da chi non c'è più... Sweet River è una ghost-story senza infamia e senza lode, che si concentra sul dramma della protagonista e sull'elaborazione del lutto, vissuta in maniera differente da una comunità che ha visto così tante giovani anime perdere la vita in tragiche circostanze. La spinta sovrannaturale è parzialmente forzata e non poi così spaventosa e dove il film convince di più è nello scavo psicologico dei personaggi, ognuno alle prese con i propri personalissimi demoni.
Perché ci piace
- Lisa Kay è un'intensa protagonista, supportata da un buon cast.
- La psicologia dei personaggi convince...
Cosa non va
- ...non altrettanto l'anima horror, troppo fiacca per risultare effettivamente inquietante o spaventosa.