Affascinante. Conturbante. Elegante. Questi sono gli aggettivi che ci vengono in mente scrivendo la recensione di Sugar, la nuova serie limitata di casa Apple TV+, prodotta e interpretata da un attore che negli ultimi anni sta avendo una nuova carriera cinematografica e televisiva. Così, dopo il successo al cinema de Gli spiriti dell'isola e in attesa di (ri)vederlo in The Penguin su HBO Max, nei panni del famigerato villain spin-off di The Batman, possiamo ammirarlo nei panni di John Sugar nella serie in streaming con appuntamento settimanale nei panni.
Una trama neo-noir
Ma chi è John Sugar? Un investigatore privato "da copione", interpretato in modo eccellente da Colin Farrell, che rilegge così uno dei generi prima letterari e poi audiovisivi più amati, vicini al giallo: l'hard-boiled che negli anni '20 e '30 ebbe una fioritura all'interno del poliziesco per una rappresentazione più realistica del crimine, della violenza e del sesso. Nella trama della serie Apple TV+ l'uomo, visibilmente provato dagli anni di lavoro che oramai ha alle proprie spalle, nonostante gli occhi vigili della sua "datrice di lavoro" Ruby (una splendida Kirby Howell-Baptiste), viene assunto per un caso che diverrà fondamentale per la sua carriera: quello di Olivia, nipote del leggendario produttore di Hollywood Jonathan Siegel (un ritrovato James Cromwell).
Come tutte le famiglie ricche e problematiche, quella dei Siegel è custode di segreti tanto recenti quanto lontani nel tempo e potrebbero tutti essere collegati a questa misteriosa scomparsa. Il detective avrà così modo di conoscere alcune persone della vita di Olivia, come il padre (Nate Corddry) e la madre (Amy Ryan, che bello rivederla ambiguamente a proprio agio in un giallo dopo Only Murders in the Building). Tutti sono sospettati, anche se non tutti sembrano preoccupati per la suddetta scomparsa, a causa dei problemi di dipendenza della ragazza, facendo emergere un tema attuale all'interno della narrazione.
Un omaggio al cinema
Sugar però non si ferma all'omaggio al noir e all'hard boiled, che già avrebbe funzionato in questi tempi nostalgici grazie alla scrittura asciutta di Mark Protosevich (una penna che già aveva curato il remake americano di Oldboy, il primo Thor shakespeariano, Poseidon e Io Sono Leggenda) e alla regia raffinata di Fernando Meirelles. Non si tratta quindi solo di ispirazioni visive e letterarie da Dashiell Hammett, Raymond Chandler e Joe R. Lansdale e così via, con Sugar che strizza più volte l'occhio a Sam Spade, Philip Marlowe, Hap e Leonard e compagnia. Il protagonista è anche un grande appassionato del cinema, soprattutto quello in bianco e nero della Golden Age, e ama rivedere le pellicole durante le serate solitarie nel proprio appartamento. Non è quindi l'investigatore malandato e fuori fuoco che spesso caratterizza questo tipo di storie, ma anzi un professionista sempre impeccabile "senza macchia e senza paura sul proprio cavallo bianco" (che ovviamente è un'auto d'epoca). La serie è ambientata ai giorni nostri, ma è come se fosse senza tempo, caratterizzata da un'atmosfera rarefatta, grazie anche all'uso non esagerato del bianco e nero da intervallare ai momenti a colori della vita di Sugar con un montaggio ricercato.
The Ted Lasso Way
John Sugar sembra seguire la Ted Lasso Way della serie collega di palinsesto in piattaforma. Questo perché il protagonista è proprio uno "zucchero" come da titolo - e non come appellativo sessista rivolto alle donne, segretarie o sottoposte che fossero. Si tratta di un uomo buono, nonostante i casi che ha dovuto seguire e affrontare, e le brutture dell'umanità che è stato costretto a vedere, per soldi, potere e sesso - le tre motivazioni principali dietro un rapimento o un omicidio. Un uomo che preferisce non cercare la violenza e non ama l'uso di armi, ma quando serve picchia duro, tuttavia sempre con circospezione ed eleganza. Un uomo che sceglie di aiutare un senzatetto usando il pretesto di chiedergli un favore lavorativo, oppure che non si approfitta di una donna e possibile sospettata portandosela a letto da ubriaca solo in nome del caso. Si vede come Farrell si sia speso in prima persona per questo ruolo, dall'inizio alla fine. Peccato solo sia l'ennesima serie limitata proposta da Apple TV+ anche se, come dimostra il "caso" L'ultima cosa che mi ha detto con Jennifer Garner, non è mai detta l'ultima parola. O l'ultimo episodio.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Sugar felici di ritrovare Colin Farrell, circondato da un cast di tutto rispetto, in un ruolo a lui congeniale. Non è un John Wick che fa sempre e solo a botte con eleganza, bensì un Sam Spade che preferisce utilizzare altri metodi per arrivare alla verità, ma non si tira indietro quando si tratta di picchiare duro. Scrittura e regia vanno a braccetto per una messa in scena elegante e raffinata, intervallata al montaggio da stralci di film d’epoca che non solo sono una grande passione del protagonista ma danno anche una misura e una dimensione nostalgica alla storia raccontata. Imperdibile per gli appassionati del genere hard-boiled e noir.
Perché ci piace
- Colin Farrell, anche produttore.
- Il suo John Sugar, elegante e generoso.
- Il cast prezioso.
- L’omaggio al genere noir ma anche alla storia del cinema.
- Non abusa del bianco e nero.
Cosa non va
- Sconsigliata solo se non vi piace il genere.