Succession 3, la recensione: nessun riposo per i Roy

La nostra recensione di Succession 3, la terza attesissima stagione del family drama fatto di cinismo e sarcasmo sui Roy e il loro impero finanziario, dal 29 novembre su Sky Atlantic e NOW.

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Succession 3: Brian Cox in una scena della serie

Di serie sul potere di rara fattura ne abbiamo viste nell'ultimo decennio - da House of Cards a Il Trono di Spade passando per Gomorra - La Serie, ma che succede quando potere aziendale e familiare si mescolano? Il risultato è Succession, che fin dal titolo ha sempre messo in chiaro da subito come sarebbe stato uno show non tanto sui rapporti familiari, ma sui rapporti di potere che solo per un accidente si intersecavano con quelli della famiglia protagonista, quella dei Roy. Un nucleo familiare che fa più o meno ufficiosamente il verso a quella di Rupert Murdoch e al suo impero finanziario che qui vede il suo alter ego in Logan Roy e nella Waystar RoyCo, conglomerato di media e intrattenimento, e che torna con nuove sfide e lotte di potere come vedremo in questa recensione di Succession 3, la terza attesissima stagione dal 29 novembre su Sky Atlantic e NOW.

Killer finanziari (e affettivi)

La terza stagione riprende le fila proprio da dove si era interrotta con quel clamoroso finale e plot twist del ciclo precedente, e per il quale i fan hanno dovuto aspettare ben due anni a causa della pandemia, mentre gli attori e la troupe sono venuti a girare anche in Italia una parte dei nove episodi. È di nuovo guerra - e questa volta senza possibilità di tornare indietro - fra il secondogenito Kendall (Jeremy Strong) e il patriarca Logan (Brian Cox), dato che il primo ha ufficialmente accusato il secondo di essere a conoscenza degli illeciti e delle molestie avvenuti anni prima nel reparto crociere della compagnia. Forse per dimostrargli una volta per tutte che poteva essere un killer, poteva essere il nuovo CEO anche se voleva dire distruggere il padre e mentore e ricostruire l'azienda dalle fondamenta del marcio e del "vecchio". Ciò che sorprende nella scrittura di Jesse Armstrong e dei suoi autori è che in Succession tutti i personaggi sono detestabili, nessuno escluso, perché mostrano non solo una famiglia disfunzionale anche a causa della ricchezza, del lusso e dell'agio in cui è cresciuta e si è sviluppata, ma un nucleo marcio, in cui non contano gli affetti ma la scalata al potere, chiunque è pronto a fare le scarpe (se non peggio) ai propri consanguinei in nome della successione del titolo, che quasi come il conto alla rovescia di tick, tick... BOOM! continua a scandire la vita dei Roy.

Succession 2, la recensione: il cinico ritratto di una famiglia in lotta per il potere

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Succession 3: una scena tratta dalla serie

La famiglia finora non ha mai trovato un vero momento di pace dall'avvio dello show, e questa è un'altra caratteristica della struttura narrativa del serial, che procede spedita a ritmo serrato, nonostante sembri lento e possieda tutte le caratteristiche autoriali di HBO. Un family drama atipico dato che il genere è solitamente e idealmente collegato a una celebrazione dell'amore e della famiglia prima di tutto. Qui invece per Connor (Alan Ruck), Roman (Kieran Culkin), Shiv (Sarah Snook), e gli altri conta solo il proprio status familiare come sociale, anche quando dicono di farlo per gli altri, e sono sempre pronti a cogliere l'occasione per guardare al proprio tornaconto, come ha presto imparato a fare l'ultimo arrivato, il cugino Greg (Nicholas Braun). I Roy non sono i Walker di Brothers & Sisters o i Braverman di Parenthood, è quanto di più shakespeariano visto in tv, nessuno vorrebbe farne parte, anzi è quasi una visione tra il vojeuristico e il reality da Grande Fratello, per osservare da spettatori dove si è disposti ad arrivare per un briciolo di potere e controllo sugli altri. Così come la sigla, con i suoi colori acidi nella fotografia e le sue inquadrature che mostrano i dettagli dei personaggi piuttosto che le calde reunion familiari, alternati ai simboli dello sviluppo dei media, vero strumento di comunicazione di Roy.

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Attualità senza peli sulla lingua

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Succession 3: Sarah Snook in un momento della serie

A proposito di media e comunicazione, Succession ancora di più in questa terza stagione riesce a toccare un tema attuale come quello delle molestie sul posto di lavoro in modo quasi antitetico rispetto a quanto analizzato al microscopio da The Morning Show, anche grazie a nuovi e intriganti personaggi come l'avvocatessa Lisa Arthur (Sanaa Lathan), contesa da entrambi gli schieramenti che potrebbero vedere non pochi plot twist e passaggi di staff. Soprattutto dato che parliamo di un colosso dell'informazione accusato di rendere la comunicazione di parte (proprio come nella realtà) e di trattare il delicato tema dal punto di vista degli accusati e non degli accusatori. Allo stesso tempo la serie continua a non avere paura di esprimere, attraverso il proprio sarcasmo e cinismo vero marchio di fabbrica di Armstrong e soci, la visione di una famiglia bianca benestante in questi tempi di inclusività, ma sempre con un occhio attentissimo all'attualità e senza mai sbagliare un casting, nemmeno nelle guest star di passaggio.

Roman Episodic Still
Succession 3: Kieran Culkin in una scena della serie

Le montagne russe del potere in questo terzo ciclo faranno un percorso da capogiro, mentre i protagonisti dovranno vedersela con le proprie lotte intestine di coppia. Logan, che si sentiva annoiato da Marcia (Hiam Abbass) ma la rivorrebbe accanto ora che Rhea ha abbandonato la nave che sta affondando sempre più (metafora scelta non a caso). Connor deve affrontare i problemi finanziari legati alla propria campagna politica-barzelletta e soprattutto allo spettacolo-disastro di Willa (Justine Lupe). Shiv vuole provare a salvare il matrimonio alla deriva con Tom (Matthew MacFayden), nonostante continui a sorprendere per come stia dimostrando di tenere davvero al marito nonostante tutto. Ronan deve superare il proprio rapporto morboso con Gerri (J. Smith-Cameron) e paradossalmente forse il più sano di "sincero" reciproco aiuto e solidarietà. Infine c'è Kendall, diviso fra una ritrovata Rava (Natalie Gold) e una scoperta Naomi (Annabelle Dexter-Jones) che vorrebbe rendere fiere, con quel tono di ingenuità mista a esasperazione di essere sempre stato considerato da tutti quello debole e ora pronto a esplodere e farla pagare a tutti. Ancora una volta Succession porta a chiederci, chi sarà il successore di Logan? Ma soprattutto, ci importa davvero saperlo o si tratta solo di voler guardare la carneficina per arrivare al trono?

Conclusioni

Concludiamo la nostra recensione di Succession 3 testimoniando come la serie di Jesse Armstrong, che ha già una quarta stagione in cantiere, non perda smalto e anzi alzi il tiro della posta in gioco non lasciando momenti di stasi ai personaggi, riempiendo le loro storie di black humor, cinismo e sarcasmo senza peli sulla lingua, e affrontando una questione attualissima come le molestie con un inedito punto di vista, quello degli accusati e non degli accusatori, e mostrando un cast in stato di grazia e una famiglia sempre poi disfunzionale e marcia, con cui è davvero difficile empatizzare ed immedesimarsi.

Movieplayer.it
4.5/5
Voto medio
4.2/5

Perché ci piace

  • Scrittura, regia e fotografia sempre di altissimo pregio e di rara fattura.
  • Una serie sul potere che però parla sempre più della famiglia in modo diverso e antitetico nel genere, così come la tematica affrontata delle molestie.
  • Il mantenere alta la curiosità su chi sarà il successore del titolo e soprattutto su come ci si arriverà .
  • Personaggi caratterizzati a tutto tondo con moltissime sfaccettature e con prove attoriali di grande livello, comprese le new entry.
  • Ritmo sostenuto e serrato nonostante rimanga autoriale fatto di primi piani e silenzi.

Cosa non va

  • Il sarcasmo e cinismo assoluto, che non hanno paura di dire, non sono per tutti i palati seriali.
  • Il fatto che tutti i personaggi - nessuno escluso - siano detestabili potrebbe frenare qualche spettatore che cerca empatia e immedesimazione.