Meg, sedici anni, vive le sue giornate tra la scuola, gli amici e il suo mondo interiore, raccontato in maniera spontanea e vivida a un audio-diario. E un po' a un diario contemporaneo, ricco, vibrante e social-oriented assomiglia Succede, il film di Francesca Mazzoleni - tratto dall'omonimo bestseller di Sofia Viscardi - che racconta gli adolescenti con affetto e consapevolezza.
Abbiamo incontrato la regista, la scrittrice, la produttrice di Indigo Film Francesca Cima e i quattro giovani attori protagonisti Margherita Morchio, Matteo Oscar Giuggioli, Matilde Passera e Brando Pacitto a Roma in occasione della presentazione del film, e quello che ci hanno raccontato ha reso evidente che la riuscita di Succede non è un miracolo, ma il frutto di scelte intelligenti e di un lavoro meticoloso. Ma lasciamo la parola a loro.
Leggi anche: La recensione di Succede, avere sedici anni a Milano
Un incontro fortunato
Francesca Mazzoleni, come è stata reclutata per la regia di Succede?
Francesca Mazzoleni: Cercavano un regista per questo adattamento, e quando Indigo Film mi contattò lessi subito il romanzo di Sofia per cercare gli elementi con cui lavorare. Io ho anche scritto la sceneggiatura con la collaborazione di Paola Mammini e Pietro Seghetti. Ho pensato subito che la storia potesse essere letta in chiave universale, che qualsiasi generazione ci si potesse riconoscere; ho trovato elementi che mi riguardavano personalmente. La distanza anagrafica di dieci anni è stata stimolante, e mi sono sforzata di mantenere la spontaneità del romanzo e di non giudicare. Ho amato molto i personaggi e ho scelto gli interpreti con cura, per arricchire il naturalismo della narrazione.
Sofia Viscardi, che cosa si prova a vedere la propria storia diventare un film?
Sofia Viscardi: Beh non è proprio la mia storia, nel senso che Succede non è un romanzo autobiografico, anche se molti lo pensano. È stata un'esperienza decisamente positiva, non sapevo molto del mondo del cinema ed ero curiosa, sono stata sul set ogni giorno e mi è sembrato un ambiente molto accogliente. Trovo che il film rispecchi l'atmosfera del libro, c'è stato un arricchimento a livello visivo, cinematografico, ma lo spirito originale non è stato tradito. Per me è stato fondamentale l'affetto di Francesca verso la storia, il fatto che volesse farla sua, e quello che aveva fatto prima mi era piaciuto molto. Mi sono sentita davvero fiduciosa a consegnarle la mia storia. Credo che ne sia scaturito un bel film moderno in cui i giovani sono raccontati dai giovani e non da qualcun altro.
Francesca Cima, è evidente che per questo film avete fatto un lavoro pregevole. Ci vuole raccontare qualcosa?
Francesca Cima: Capita che un progetto ti trovi a costruirlo, ti avvicini all'obiettivo facendo molti passi indietro anche rispetto al lavoro di Sofia: sentivamo che questo doveva essere un esordio, ci voleva l'energia e la determinazione di un regista al primo film. Giovane quindi, ragazzo o ragazza era poco importante, anche se personalmente sono felice che la scelta sia caduta su una donna. Francesca aveva tanta voglia di fare e sapevamo che il suo entusiasmo sarebbe stato vitale: si era lasciata alle spalle da poco l'adolescenza ed aveva voglia di mettersi al servizio della storia e di comunicare coi ragazzi, cosa purtroppo rara nel cinema italiano.
Leggi anche: Le 15 migliori serie TV della nostra (e vostra) adolescenza
Alla ricerca di Meg
Regia al servizio di una storia, ma non regia di servizio; anzi quello di Succede è un linguaggio abbastanza insolito per un teen movie italiano. Come ha lavorato per fare sua questa storia?
Francesca Mazzoleni: Per me farla mia era importante, era fondamentale che il testo mi parlasse. Più di tutto mi piaceva lo sguardo positivo su questa generazione, la possibilità di lavorare dall'interno coi ragazzi, imparando da loro per immettere elementi reali nella storia. Volendo di tirarne fuori un messaggio, c'è il fatto che Meg, nonostante le sue esperienze, e a prescindere dalla relazione che allaccia, sceglie di completarsi da sè; anche per questo il finale non è "tradizionalmente" positivo.
Ci tenevo a preservare la magia, a costruire un microcosmo magico intorno ai ragazzi, non volevo uno scarno realismo ma naturalismo un po' magico. Su fotografia e scenografia abbiamo lavorato tantissimo anche a livello di preparazione per dargli un'anima. Il lago, il Planatario, una Milano immaginaria non forse non sembra neanche italiana. Così il film è radicato nella sua città eppure non sembra un film italiano. La città cresce con i ragazzi, e i luoghi fanno risuonare i personaggi.
Leggi anche: Quel fantastico peggior anno della mia vita: il regalo più bello che un film possa farci
I ragazzi stanno bene
Margherita Morchio, ci racconti chi è Meg? Come sei approdata a questo esordio?
Margherita Morchio: Meg è una ragazza timida e insicura ma anche molto razionale. Io avevo visto l'annuncio per il casting nella mia scuola di teatro, e mandai un video-provino. Poi di provini ce ne sono stati tanti, fino a che non mi dissero in luglio che avevo ottenuto la parte.
Matteo invece è già alla seconda esperienza.
Matteo Oscar Giuggioli: Sì, quando iniziarono le selezioni io stavo girando Gli sdraiati e ricevetti una chiamata dalla mia agenzia per questo casting. Ero così concentrato sul lavoro che stavo facendo in quel momento che nemmeno mi resi bene conto di cosa si trattasse quando feci il primo provino. Poi arrivarono i callback e fu un periodo intenso. In estate abbiamo fatto un vero e proprio laboratorio di recitazione con la bravissima coach Claudia Coli, che è stato l'esperienza più importante dell'intero progetto, ho imparato davvero molto, anche sul lavoro sul set e sul rispetto degli altri. Una grande esperienza, davvero.
Brando, invece, rispetto agli altri è un veterano.
Brando Pacitto: Sì, ma faccio sempre lo sfigato quindi forse un paio di domande dovrei farmele! Sono felice di aver lavorato in un ambiente diverso da quelli esplorati prima, Milano non la conoscevo affatto e adesso invece è quasi una seconda casa, o per lo meno una città che amo. Anche il mio personaggio, Sam, è il cugino di Olly che arriva da Roma, quindi approda in una realtà diversa.
Cosa avete dato di personale ai personaggi?
Margherita Morchio: Io mi ci rivedo moltissimo in Meg, soprattutto nella sua timidezza e nelle sue insicurezze. Le tantissime prove fatte prima di iniziare a girare ci hanno aiutato a entrare in contatto coi personaggi; la mia paura era quella di interpretare me stessa e non Meg, oltre a cercare cose in comune dovevo lavorare anche sulle differenze. Lei è più razionale di me, non si butta mai, io invece quando amo qualcosa mi butto.
Matilde Passera: Personalmente mi ha aiutato molto la consapevolezza che non questo non fosse un film didattico, o con una morale da impartire, con personaggi che non si dividono in buoni e cattivi. Mi ha aiutato a capire che ogni persona ha un lato buono e anche uno cattivo, ma non mi ha posto di fronte a questo giudicando. Diciamo che lavorando a questo film non dovevi rispettare dei canoni.
Matteo Oscar Giuggioli: Abbiamo costruito i personaggi durante il laboratorio estivo, è stato difficile, perché per quanto un personaggio possa essere simile a te la sfida è quella di trasmettere i suoi sentimenti. Io ho forti analogie con Tom, per fortuna o sfortuna, ma ho dovuto identificare quelle che mi servivano per arrivare davvero a lui, come il suo passato che si riflette nel suo presente e quindi anche nella sua visione del futuro. È molto utile per interpretare un personaggio capire cosa lo porta ad agire in un certo modo. Girare certe scene non è stato difficile in sé, facevano parte del mio vissuto, del mio quotidiano, ma esternarle davanti alla cinepresa è un altro conto.