Strappare lungo i bordi è un piccolo, grande miracolo italiano. Un miracolo perché riesce a tradurre su schermo la poetica di Zerocalcare così ben definita e nota su carta. Un miracolo perché lo fa in un'animazione di qualità elevatissima, che dimostra come anche il nostro paese possa dire la sua in questo settore in cui ha trovato spesso poco spazio. Un miracolo che non ha come artefice il solo Michele Rech, in arte Zerocalcare, ma anche i due registi tecnici e la loro produzione affidata a Movimenti Production e DogHead Animation Studio, che hanno reso possibile la serie insieme a Bao Publishing. Ne abbiamo parlato con Giorgio Scorza, regista tecnico insieme a Davide Rosio, suo socio in questa splendida avventura chiamata Movimenti Production e DogHead, che tante soddisfazioni sta dando e ancora potrà dare agli appassionati d'animazione del nostro paese, con quindici anni di esperienza nella creazione di contenuti originali per un pubblico giovane e per famiglie, come Topo Gigio per Rai Ragazzi.
Un'avventura chiamata Strappare lungo i bordi
Partiamo dall'inizio: come è nato il vostro coinvolgimento nel progetto?
Conoscevamo Michele da qualche anno, per ovvi motivi di vicinanza di settore, e avevamo avuto piacere di fare una serata con studenti in cui avevamo fatto da host e ci eravamo conosciuti in maniera non semplicemente professionale. Poi lui aveva iniziato a studiare animazione per conto suo per fare i corti che hanno allietato, se si può dire così, il periodo di quarantena. Studiava animazione con un nostro amico, che per comodità lo invitava a studiare animazione presso i nostri studi. Quindi si creavano queste gag divertenti dei ragazzi che lavoravano da noi che venivano da me, mi toccavano la spalla e mi dicevano "credo che ci sia Zerocalcare al computer che fa cartoni animati, avete assunto Zerocalcare?" No, non eravamo ancora arrivati a quello, ma si era creata una situazione da factory molto naturale e spontanea. Avendo conosciuto Michele e avendolo capito sul piano sul piano autoriale, avevo compreso che non avrei dovuto forzare nulla e che le cose sarebbe dovute avvenire con i giusti tempi. Quando lui ha fatto presente a Netflix che aveva un'idea e Netflix ha dovuto cercare un produttore oltre che uno studio, che gestisse la produzione e la facesse propria, il giro è stato naturale e di fatto Strappare lungo i bordi è diventata una nostra produzione indipendente con Michele, con l'editore Netflix. Alla fine è tornato al suo posto con i giusti credits.
Conoscevi già Zerocalcare, quindi non è stata una sorpresa la sua estetica, ma qual è stato il primo pensiero o la prima preoccupazione quando avete saputo di dover rendere in animazione la sua poetica?
Sono contento di dire che non c'è stata nessuna preoccupazione in senso stretto e non credo che dipenda dall'esser stati incoscienti in quel momento, ma dall'essere esaltati dal fare un lavoro con quel tipo di respiro, di umorismo, di sarcasmo, anche di cupezza intelligente, che abbiamo sposato da subito l'idea di fare il meglio possibile. La cura doveva essere di restituire un 100% Calcare, doveva essere lui, un po' perché lo sentivamo come vocazione un po' perché era già tutto lì e non c'era bisogno di fare altro, e dal piano strettamente tecnico restituire la tavola a fumetti con un'evoluzione stilistica. Volevamo che Strappare lungo i bordi fosse a livello di percezione di primo livello come delle sue tavole animate, ma in creare una cifra stilistica che diventasse lo stile per questo tipo di prodotto. Abbiamo lavorato tantissimo sul delineo, il colore che non esisteva nel mondo di Zerocalcare, la simulazione dell'effetto china, sulla profondità e l'effetto cinematografico, sulla recitazione. È stato come dire che da oggi in poi potrebbe esserci un universo Zerocalcare audiovisivo che ha questo aspetto, che non è il fumetto per quanto ne sia automatica derivazione.
Mi incuriosisce molto questo che dici, sul come si trova un equilibrio tra l'estetica di Zerocalcare autore e l'opera di professionisti dell'animazione. Quello che noto guardando Strappare lungo i bordi, e l'ho fatto più di una volta, è che si tratta di Zerocalcare, ma sono evidenti tocchi che sono da animatore, che immagino vengano da voi più che da Michele Rech. Quanto è stato difficile mantenere l'equilibrio tra ciò che c'era su carta e la sua traduzione su schermo.
Credo ci sia stata innanzitutto una vicinanza spontanea che chiamerei identitaria o generazionale. Avevamo riferimento sovrapponibili, al netto delle nostre specificità, lui col punk e noi con altre cose. Parliamo di quegli angoli oscuri che l'amico da ragazzino ti fa scoprire passandoti la musicassetta. Hai una storia in comune pur non essendovi mai incontrati e poi ognuno completa quella dell'altro. Quindi questo è stato molto spontaneo, ma questo non vuol dire che è sempre stato un "buona la prima". Spesso lo è stato per Michele perché noi avevamo fatto tutta una discussione precedente. Siamo stati agevolati da due fattori: il primo è che lui ha scritto delle sceneggiature impeccabili che era evidente che si fosse recitato nella testa. Quando ce le ha passate, avendo quel canovaccio, abbiamo iniziato ad aggiungere elementi di regia da condividere con lui. Quando bisognava fermarsi e poi riprendere ad accelerare, per esempio. Abbiamo sposato da subito l'idea che dovesse essere un prodotto che corresse, cosa che ha fatto felice Michele e l'ha rassicurato, perché lui pensava di essere solo in quella discussione con l'editore, mentre gli ho dato man forte. C'era la preoccupazione che fosse un minestrone a cento all'ora, che le persone si stancassero, invece su questo noi abbiamo insistito parecchio e il nostro essere d'accordo gli ha dato fiducia. Inoltre una volta ricevute le prime bozze e le prime riflessioni che gli abbiamo mandato, si è reso conto subito che c'erano una competenza e un amore che gli ha permesso di darci carta bianca. E questa è una cosa non da poco, che mi sono reso conto che capita raramente, avendo lavorato spesso con talent più o meno noti. Il nostro è un lavoro che si basa tanto sull'ego e metterlo al servizio del prodotto è la base per fare un buon lavoro, ma forse è un segreto che tanti non hanno ancora scoperto. Michele con umiltà clamorosa ci ha lasciato carta bianca: se lui ci dava dieci suggestioni, noi ne aggiungevamo altre dieci, e gli ha dimostrato che l'avevamo capito.
Strappare lungo i bordi, la recensione: Zerocalcare rinnova il suo talento su Netflix
Lavorare con Zerocalcare
Ricordi il primo bozzetto ricevuto da Zero?
Non era un bozzetto, in realtà. Si è registrato col telefono e mi ha mandato un pezzo di episodio due con abbozzato uno storyboard che lui definiva delle patate, ma ho capito subito che aveva bisogno di vedere la cosa prendere forma. Io sono scoppiato a ridere nel mezzo di una conferenza e ho capito la sua necessità: io le metto in scena così, voi costruiteci sopra. Quindi più che i disegni su cui mi ero documentato per capire come trattava ogni aspetto, quello mi ha fatto capire il tipo di irruenza che la serie doveva avere.
Hai parlato di documentazione, ovviamente, e oltre ai fumetti che sono dieci anni di storia di Zerocalcare, hai guardato anche Rebibbia Quarantine?
Essendo in odore di fare questo lavoro l'abbiamo guardata come l'hanno guardata gli altri italiani, ma fondamentalmente con lo spirito di vedere cosa aveva imparato, i progressi del ragazzo... lo prendevo in giro bonariamente. Il timore era: se Rebibbia Quarantine spacca, ci siamo fatti lo spot. Se va male, dovremo combattere un po' di più. Ma è andata bene, perché i contenuti erano pazzeschi e credo sia servito più a lui che gli ha permesso di capire che era in grado di doppiare tutte le voci ed essere credibile.
Credo gli sia servito sia in questo senso che nel capire quali erano i suoi limiti e la necessità di affidarsi a qualcuno.
Lui era terrorizzato dall'idea di non avere il controllo totale delle cose. Lui si dichiara un contro freak, ma io non lo considero tale nella vita professionale. È una persona attenta e puntigliosa che vuole che avvenga quello che immagina o che lo rappresenti. Siccome ha trovato una squadra di puntigliosi, rompipalle come siamo io, Davide e tutto il team, è stato molto facile. Magari internamente non ci approvavamo cose che Netflix aveva approvato. È un buon punto di partenza per uno che ha bisogno di controllo.
Andrei più sul dettaglio per capire nello specifico come è stata questa collaborazione. Mi dici una cosa che ha colpito Zerocalcare quando l'ha vista e una che invece non l'ha convinto?
Lui è stato colpitissimo dalla regia, subito. Perché non se l'immaginava. Ogni volta ringraziava me, Davide e gli storyboardisti perché non se l'immaginava. Ricordo che dicevamo sempre una frase in coro, come un gioco, quando finiva di vedere quello che gli proponevamo, perché ormai avevamo imparato a conoscerlo: "Mi piace un botto..." Si vedeva che gli piaceva molto già mentre lo guardava, ma a volte ci faceva delle note molto autobiografiche, tipo che una certa acconciatura era troppo manierista per il punk di inizio 2000 e ci passava delle foto o ci faceva due schizzi. La cosa sulla quale c'è voluto un po' di più a convincerlo, ma parlo di un retake, è stato sull'adattamento dei personaggi in animazione. Li abbiamo riggati, gli abbiamo messo degli scheletri e li abbiamo ristudiati, perché sono quelli di Michele, ma lui è molto libero nei suoi fumetti e per esempio il personaggio di Zero ha proporzioni che variano, quindi abbiamo dovuto regolamentare questo mondo. E alla prima stesura il segno nero era ancora oggetto di ricerca e lui era preoccupato che rimanesse troppo vettoriale, troppo freddo e computistico. In realtà quello che gli abbiamo passato, essendo abituati a un certo tipo di lavoro, era una versione molto flat da cui partire per lavorare, ma si è tranquillizzato molto appena fatti alcuni accorgimenti che si notano nella serie, come delle ombre fatte con effetto china sotto gli occhi nei momenti più drammatici, un'ombra fissa alla maniche e sul collo. Abbiamo lavorato molto anche sugli occhi che era la sua preoccupazione più grande, applicando un filtro che sgrana quando si va sullo stretto, che è un finto low-fi per dare la sensazione della carta e della china che si spande quando disegni. Ma siamo stati contenti che lui fosse intransigente su questi aspetti, è un sogno per chi fa il nostro lavoro. Quindi solo questo l'ha preoccupato, che potesse essere freddo, ma una volta visti i rig con i primi test di animazione di Zero, già si è sentito tranquillo di vedere le espressioni e come giocavamo con la sua interpretazione.
Strappare lungo i bordi, Zerocalcare: "La serie? Piacerà a chi è 'impicciato' come me!"
Perché essendo la sua voce, anche l'animazione doveva rappresentare il personaggio Zerocalcare...
E c'era anche un altro aspetto che a lui è piaciuto molto, ovvero che in ogni episodio avevamo tre piani temporali: il passatissimo, il present continuous e le ultime 48 ore. Lì c'erano i momenti confessionali che gli abbiamo proposto. I diversi momenti dovevano avere impostazioni diverse e abbiamo lavorato molto sia sulla sua interpretazione che su scelte di regia e per lui è stato poesia, ci ha detto "non ci avevo mai pensato, ma ora che me l'avete detto vi romperò le palle se non è così!"
Sui momenti confessionale ci sono delle scelte che immagino vengano da voi, come sfocature e zoom, perché mi sembrano idee da animatori piuttosto che da fumettisti.
Volevamo cercare l'effetto The Office o Modern Family, l'effetto da Fake Documentary. Abbiamo aggiunto anche il rumore dello zoom in e zoom out che probabilmente non esiste più dal 99, ma dava la sensazione giusta, un suggerimento alla lettura della situazione. Anche le pause che prende, un momento in cui si ferma, si gratta il collo, abbiamo aggiunto questi dettagli per assecondare l'impostazione della scena. Anche all'inizio del quarto episodio, con il set, lui che si sistema e in cui gli dipingono le sopracciglia, sono dettagli che abbiamo messo per dare la sensazione che fosse qualcosa che stesse raccontando lui. Un po' come l'epica antica con una voce narrante, che però non è Michele Rech, è Zerocalcare. Doveva esserci questo straniamento. E lui è stato contento che avessimo colto questi aspetti e che registicamente stessimo approfondendo quello che aveva scritto.
Ricordi qual è stata la sequenza più difficile da rendere? Quella che vi ha fatti impazzire per farla funzionare?
Impazzire no, ma ti posso dire due situazioni molto diverse che ci hanno fatto concentrare molto. La prima è il concerto di episodio 1, che doveva essere pieno di gente, ma con il lavoro degli animatori tutto in background perché è molto buio. Abbiamo continuato ad aggiungere personaggi perché tra noi, Michele e Netflix c'è stato un tam tam per far sì che fosse veramente un concerto di quell'epoca. Quando ci siamo trovati che era bellissimo, affollato e multicolore, abbiamo lavorato in post e ho proposto: "tutto nero e faretto." Gli animatori non ne sono stati contenti, ma quella cosa fa tantissimo, perché è quell'effetto da film anni '90 al college, perché è il momento dell'innamoramento, che è finto. L'altro elemento è nell'episodio 5 quando va da Alice in auto. Nel testo di Michele c'era scritto "qua fate voi", "non so come si fa, ma sarebbe bello qualcosa in esterna" e lì abbiamo insistito molto perché rallenta molto la storia e Michele e rallentare sono due cose che non vanno molto d'accordo. Eravamo preoccupati, ma anche orgogliosi perché pensavamo di aver fatto un grande lavoro, poi lui l'ha vista ed è stato quasi commosso e per noi è stato fantastico. È stata una di quelle scene in cui avevamo carta bianca, ma ci siamo buttati in una direzione che era corretta ma non scontata.
Movimenti e DogHead, tra influenze e sviluppi futuri
In questi giorni ho guardato molto materiale online, perché la serie mi ha preso molto. E per esempio ho visto anche il video 24 ore con Zerocalcare, in cui ci sono riprese negli studi di Dog Head. Ho notato due poster alle pareti, uno che mi aspetto e uno che mi sorprende: Il mio vicino Totoro e Elliot, il drago invisibile. Mi racconti quali altri ci sono e cosa rappresentano per voi questi film?
Zerocalcare social media manager di Netflix Italia per 12 ore: "Posso fare quello che mi pare"
Quando abbiamo allestito quello spazio, che è l'ex Manifattura Tabacchi dell'epoca fascista che è stata riqualificata, abbiamo fatto la scelta di mantenere la struttura così com'era con tutta l'efficienza del caso. Volevamo mantenere quell'effetto di artigianato, della factory, e abbiamo iniziato a cercare qualcosa che fosse vicina al nostro cuore e non necessariamente un automatismo da cliché. Allora ci siamo chiesti quali erano quelle cose che da piccoli ci hanno fatti innamorare del fare cinema e cinema d'animazione. Quindi ci sono anche Los Tres Caballeros, nella stanza dei due direttori artistici e il responsabile tecnico che sono nello stesso ufficio; Elliott, il drago invisibile per me e Davide è un sogno, noi siamo specializzati in tecnica mista e quel film era innovativo, di una poesia sconvolgente, ed è stato un primo tentativo di ribaltare la situazione, in cui il drago che era il cattivo diventa vittima della sua natura. Forse Disney non ha più fatto per tanto tempo qualcosa del genere e non poteva che essere nella sala riunioni, è un po' il nostro manifesto. Poi chiamandosi DogHead c'è il poster de Le iene, c'è L'isola dei cani di Wes Anderson, c'è Il gigante di ferro che è un altro vademecum di cosa impossibile che è stata possibile. E poi c'è Ritorno al futuro perché è il paradiso del nerd il nostro ufficio, infatti c'è un piatto con tutti i vinili e tutti possono portare i loro e ascoltare musica. Dico sempre che DogHead è un posto bello, popolato da giovani che ascoltano gente morta.
Mi racconti anche un po' come nasce il vostro studio?
Nel 2002 ero studente allo IED di Milano, facevo illustrazione, amavo il cinema, ma non volevo fare animazione. Però ho fatto un paio di corsi di animazione e mi sono reso conto che mi veniva facile. Poi mi sono trovato Bruno Bozzetto come docente di una masterclass e poi per la tesi, se l'avessi fatta d'animazione. Sono entrato nel loop del giovane che non ha altro nella vita se non la monomania del periodo, così in quattro giorni ho fatto metà della tesi, sottoponendogliela brutalmente. Bruno Bozzetto che è un genio bergamasco schietto e diretto è scoppiato a ridere su delle cose, mi ha detto quanto fossero belle delle cose e mi ha detto delle parolacce inenarrabili su quanto facessero schifo un paio di scene. Siccome amo le persone così e pensavo fosse impossibile trovarne nel settore, mi è scattata la molla e mi sono trovato come assistente di tesi quello che è ora il mio socio. Lavorando insieme ci siamo resi conto di avere tanto in comune, abbiamo fatto dei corti che hanno vinto dei premi che ti rendono solo simpatico agli amici ma povero come prima. Però ci hanno fatti notare, perché erano gli albori dell'animazione digitale in Italia e siamo stati tra i primi ad avere la nostra tavoletta grafica. Bruno nel frattempo è diventato col suo studio e il figlio Andrea nostro socio in una delle nostre attività, proprio ieri ho fatto incontrare Michele e Bruno ed è stato fantastico vedere come si complimentavano a vicenda. Abbiamo lavorato molto con l'advertising come animatori, sia io che Davide, poi come registi e animatori, poi abbiamo iniziato a delegare. La mia sfida era diventare produttore, riuscire a produrre le nostre IP, i nostri prodotti e venderli nel mondo. La sfida è stata DogHead, uno studio permanente italiano che lavorasse sull'eccellenza. DogHead ora ha lavorato per Strappare lungo i bordi, lavora per Topo Gigio che è una nostra property, lavora per grandi major e broadcaster internazionali e sono molto contento perché era il nostro sogno.
La serie mi dice che tutto il vostro team di lavoro può fare tanto per l'animazione italiana e affermarsi all'estero. Sono andato a spulciare l'hashtag col titolo internazionale e vedo grandi apprezzamenti anche dall'estero.
Sì, siamo molto contenti di questo perché le nostre serie per kids hanno la finestra italiana, ma nascono per essere internazionali e abbiamo ottenuto anche dei successi da questo punto di vista. Su questo prodotto non avrei messo la mano sul fuoco. Per noi l'animazione deve essere internazionale e c'era la speranza che se fosse andata bene anche fuori sarebbe stato fantastico. È un po' l'approvazione del tuo branco.
Mi racconti un po' quello a cui state lavorando e a cui lavorerete nel prossimo futuro? Nei limiti di quello che puoi dirmi, ovviamente.
Adesso stiamo partendo con quattro diverse serie per ragazzi di età diverse. Avremo la stagione 2 e 3 di Topo Gigio che è stato un successo da noi ed è andata bene anche all'estero. Stiamo facendo una serie kids che si chiama Spooky Wolf che stiamo iniziando a produrre e sarà pronta per l'anno prossimo. Due serie pre school, di cui una è la seconda stagione di un reboot che abbiamo fatto di Alice nel paese delle meraviglie insieme a Blue Spirit, un grosso studio francese che amiamo tantissimo per la sua qualità ed è bello esser loro partner. Sono quelli che hanno fatto La mia vita da Zucchina. Continuiamo a fare videoclip con artisti che sono ormai nostri amici, tha Supreme e Mika, e stiamo lavorando tanto su altre due serie young adult, una nata interamente in casa e una scritta con vari autori italiani della commedia sarcastica, tra cui Maccio Capatonda. Un prodotto in cui crediamo tantissimo, che sta facendo il suo corso e su cui scaramanticamente non dico altro.