Montatore, documentarista, sceneggiatore e, infine, regista. Dopo molti lavori e una laurea in Lettere moderne ottenuta con una tesi su Krzysztof Kieślowski, Stefano Pasetto è arrivato a firmare il suo primo lungometraggio nel 2005: Tartarughe sul dorso. Oggi, dopo ben sette anni da quell'esperienza che valse a lui la candidatura ai Nastri d'Argento come miglior regista esordiente e alla sua protagonista Barbora Bobulova il premio come miglior interprete femminile, torna sul grande schermo con Il richiamo, un nuovo racconto tutto al femminile distribuito da JP Entertainment in 25 copie dall'11 maggio. A fare da sfondo alla passione improvvisa nata tra le due protagoniste Lucia e Lea, interpretare da Sandra Ceccarelli e Francesca Inaudi, è un viaggio attraverso i misteri di una terra sconosciuta e dai molti volti come la Patagonia. Anzi, sarà proprio la vasta solitudine di questo paese a spingerle verso un'esplorazione intima e personale, capace di mettere in discussione l'ordine di due vite apparentemente risolte.
A tre anni dalla fine delle riprese in Argentina, Il richiamo sta per arrivare al cinema. Quali emozioni ha lasciato in voi l'esperienza di un film così diverso nella forma come nel contenuto rispetto al tradizionale prodotto italiano?
Stefano Pasetto: E' stata un'avventura che ci ha cambiato tutti. Portiamo ancora dentro le emozioni di aver girato questo tipo di film, in un posto così intenso e con compagni di avventura eccezionali. E' una storia divisa in due tra una metropoli sovrappopolata come Buenos Aires, capace di costruire una gabbia oppressiva intorno ai suoi abitanti, e lo spazio sterminato della Patagonia.
Francesca Inaudi: Prima di ogni cosa, voglio rendere onore ai distributori per aver avuto finalmente il coraggio di portare sullo schermo un film così particolare e insolito per il cinema italiano. Io ho sofferto molto in questi tre anni per le difficoltà incontrate fino a questo punto. Il richiamo ha rappresentato una delle esperienze più incredibili della mia carriera, che può dimostrare come il gusto del pubblico sia più sofisticato di quanto ci facciano credere.
Sandra Ceccarelli: Ci troviamo di fronte alla storia di un incontro importante, per molti versi risolutivo. Per Lucia la figura di Lea rappresenta la figlia, l'amante, l'angelo arrivato a salvarle la vita.
Veronica Cascelli: Sono felice che il film sia riuscito a trovare la sua strada. Da quando ho lavorato con Stefano alla sceneggiatura è passato qualche anno, però mi rendo conto che gli spunti originali della narrazione sono ancora molto attuali come, ad esempio, la necessità di dare alla femminilità un significato diverso rispetto a quello offerto dai mass media. In modo particolare, il corpo della donna deve riacquistare una visione più complessa. Credo che in questo momento la donna abbia bisogno di riscattare la propria dignità, che negli ultimi anni ha subito un danno enorme in molti campi.
Continuando a parlare del linguaggio, il film è stato girato completamente in spagnolo ma sarà distribuito nel nostro paese nella versione doppiata. Perché avete scelto per questa soluzione un po' innaturale? Stefano Pasetto: Abbiamo realizzato delle copie in spagnolo per il mercato estero e per i festival. In Italia, invece, abbiamo capito da subito di dover rinunciare alla presa diretta in virtù della nostra abitudine al doppiaggio.
Qual è stato lo spunto culturale o la necessità sociale che l'ha spinta a raccontare una vicenda così intensamente femminile? Stefano Pasetto: Sono stato spinto dal desiderio di raccontare la trasformazione, la capacità di utilizzare un ostacolo come mezzo per cambiare la propria vita. Credo che questa sia una caratteristica particolarmente femminile che, almeno nel film, colpisce e coinvolge anche le figure maschili.
Il richiamo ha il grande pregio di aver messo al centro della narrazione due protagoniste finalmente complesse e ben costruite. Allo stesso modo, senza alcun timore, mostra la loro esplorazione emotiva attraverso un rapporto sessuale tra le due. E' stato particolarmente difficile lasciarsi andare a un'intimità fisica con una donna? Francesca Inaudi: quando si parla di questo film alla fine si arriva sempre a discutere della scena d'amore tra Lucia e Lea, ma non credo che questo abbia alcuna importanza. Bisogna capire che, si tratti di un uomo o di una donna, ci si trova sempre in un momento di grande imbarazzo. Cerchiamo di dare corpo a un atto di profonda intimità, ma farlo con dieci persone sul set non è sicuramente semplice. Il sesso e l'amore non cambiano certo significato se a farlo è una coppia omosessuale. Per questo credo non sia giusto dare una definizione ai sentimenti e alle sensazioni. Certo, riflettendo ho dedotto che il rapporto tra due donne crea più imbarazzi rispetto a quello tra uomini. Forse perché pensare a un sesso femminile capace di fare a meno di quello maschile mette molta paura.Sandra Ceccarelli: per quanto mi riguarda uso sempre la stessa tecnica per superare i miei imbarazzi, ossia regredendo a una sorta di stato infantile in cui il contatto fisico è rappresentato dallo scontro e dalla lotta. Per quanto riguarda la mia vita personale, poi, in passato ho avuto la possibilità di sperimentare degli approcci con delle donne, anche se non posso parlare di veri e propri rapporti sentimentali. Tornando al film, invece, non credo che tra le due protagoniste s'instauri una storia d'amore. Si tratta più che altro di un tentativo di rinascita. Così, immerse nell'isolamento di un vero e proprio deserto umano, Lucia e Lea hanno la possibilità di esprimersi in totale e completa libertà.
Stefano Pasetto: Non ho mai pensato a Il richiamo come a un film omosessuale. Avevo bisogno di due donne che si confrontassero con uno scambio alla pari. Per ottenere questo dovevo raccontare la necessità di fuggire al controllo maschile e dal bisogno di sottostare a delle cure. Le vostre personalità così diverse come hanno contribuito alla costruzione delle protagoniste? Francesca Inaudi: Sandra ed Io siamo due universi paralleli che non s'incentreranno mai e questo ha aiutato molto alla delineazione di Lucia e Lea. In modo particolare, i nostri metodi di lavoro sono completamente opposti e trovare un punto d'incontro non è stato sempre semplice.
Sandra Ceccarelli: Io amo mettermi a tavolino, cercando di capire scena dopo scena tutto quello che potrei fare. A Francesca, invece, piace vedere cosa succede e cambiare tutto anche all'ultimo momento. I due personaggi sono molto diversi anche nel film e questo scontro è servito anche a formare le loro personalità.