L'universo immaginario di Dune è l'ambientazione politica, fantascientifica e sociale basata sul ciclo letterario scritto da Frank Herbert tra il 1965 e il 1985. Venti anni nei quali lo scrittore statunitense ha sancito un immaginario collettivo talmente radicato che anche George Lucas ha ammesso di essersi ispirato, in maniera molto importante, per il suo Star Wars. Il ciclo è ambientato prevalentemente sul pianeta Arrakis, chiamato anche "Dune", una landa desertica e inospitale, unico luogo nella galassia in cui è possibile la produzione, la raccolta e la raffinazione di una Spezia, preziosa e insostituibile sostanza psichedelica dai diversi poteri: permette il viaggio interstellare, conferisce il dono della premonizione e risulta fondamentale per la struttura economica della società galattica, organizzata in modo simil-feudale attorno al Landsraad, all'Impero e alle Gilde. Arrakis è lo sfondo alla sfida per il controllo del pianeta stesso, narrata inizialmente tra la dinastia Atreides e quella Harkonnen.
Gli eventi narrati in Dune avvengono 24.000 anni nel futuro (26.391 d.C.) e l'intero ciclo di romanzi arriva a coprire circa 16.000 anni di narrazione discontinua. Dopo la morte di Frank Herbert, suo figlio Brian Herbert e lo scrittore di fantascienza Kevin J. Anderson produssero alcuni libri ambientati negli anni precedenti il Ciclo (raccolti ne Il preludio a Dune) e negli anni del Jihad Butleriano (raccolti nel ciclo Legends of Dune), basandosi sugli appunti di Frank Herbert, scoperti una decina di anni dopo la sua morte. Nel 2006 scrissero inoltre il primo romanzo dei sequel del Ciclo, I cacciatori di Dune e, nel 2007, il volume conclusivo della saga, I vermi della sabbia di Dune. Ovviamente in questi vent'anni in Italia ci sono state diverse case editrici e diversi traduttori (e traduttrici) che hanno avuto la possibilità di mettersi in gioco con questi romanzi così importanti. Tra loro Stefano Giorgianni, il traduttore che in questi ultimi mesi sta traducendo, per Mondadori, l'universo di Dune.
Dune: intervista al traduttore Stefano Giorgianni
Il tuo rapporto con la saga letteraria di Dune.
È una storia d'amore nata pian piano, a dire la verità. Ho letto Dune per la prima volta quando avevo all'incirca quindici anni, più o meno nel periodo in cui ho scoperto Tolkien e, a differenza del sentimento verso la produzione letteraria del professore oxoniense, sbocciato immediatamente, quello nei confronti dell'opera di Herbert è cresciuto man mano nel tempo. Questo perché, credo, la scrittura e la profondità filosofica herbertiana richiedessero, in un certo senso, una maggiore maturità emotiva e introspettiva che quel me quindicenne non aveva. Ho poi riaffrontato il libro un paio di anni dopo, insieme al secondo e al terzo volume dell'esalogia, e l'ho apprezzato pienamente. Da lì è passato un po' di tempo e ho terminato la lettura di tutti e sei i capitoli di Herbert padre. La rilettura più recente risale invece a quando Mondadori mi ha affidato la curatela della parte di universo di Dune acquistata. E riaffrontarlo alla soglia dei quaranta, devo dire, ha avuto un sapore totalmente diverso. Come spesso dico durante le conferenze, alcuni libri dovrebbero essere riletti in fasi della vita differenti, perché questo ci consente di vedere il valore dell'opera da diverse sfaccettature del prisma, pur prendendosi il rischio di "rovinare" quello che ci ha lasciato dentro la prima lettura, benché ciò sia impossibile da cancellare, credo.
Asimov diceva di questa saga "Il puro piacere dell'invenzione e della narrazione ad altissimo livello".
E chi sono mai io per smentire il grande Asimov? A parte gli scherzi, credo che la fusione dei molti elementi presenti all'interno dell'universo di Dune sia irriproducibile con la coerenza data da Herbert. Il livello, come sottolineato da Asimov, è davvero all'apice della letteratura e non parlo soltanto della letteratura definita "di genere", ma dell'arte letteraria tutta. Insieme all'Associazione Italiana Studi Tolkieniani ci battiamo da anni affinché Il Signore degli Anelli sia riconosciuto come classico della letteratura. Ebbene, credo che per Dune valga la medesima cosa. Ritengo queste due opere capisaldi di fantasy e fantascienza, senza i quali la storia della letteratura non sarebbe stata la stessa. Punti di svolta, insomma. Certo, accostare Il Signore degli Anelli e Dune, soprattutto Tolkien e Herbert potrebbe far sorridere. Ricordiamo che al professore oxoniense non piacque granché l'opera di Herbert e in una lettera del 12 marzo 1966 a John Bush scrisse di detestare Dune "con una certa intensità".
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La tua carriera di traduttore ti ha portato ad interfacciarti con moltissimi testi importanti, tra i quali la History of Middle Earth di J.R.R. Tolkien, ma quando hai ricevuto la "chiamata" per l'universo di Dune che sensazioni hai provato?
Incredulo, a dire la verità. Ed è stato prima della "chiamata" per la History of Middle-earth, avvenuta poco dopo. Ricordo di aver ricevuto un messaggio da Marco Rana, allora editor di Oscar Vault/Fantastica (ora a Ne/oN), che mi chiedeva quanto bene conoscessi l'universo di Dune. In quel momento è stato come fare un salto indietro nel tempo, alla prima lettura. Come detto in precedenza, per anni non sono ritornato a leggere Dune, dedicandomi a molta altra fantascienza, dandolo quasi "per scontato". A quel punto, ho riaffrontato l'esalogia di Herbert padre e parte dei prequel scritti dal figlio Brian e Kevin J. Anderson, di cui avrei dovuto occuparmi per Mondadori. Da allora sono immerso nell'universo di Dune da oltre tre anni e ormai devo dire che è entrato letteralmente nella mia vita.
Il potere della fantascienza
Dopo Il Signore degli Anelli e Harry Potter forse Dune, nel mondo del cinema rappresenta una nuova saga fantascientifica che potrà segnare un decennio, quanto si sente il peso di questo successo nell'affrontare un universo tanto importante?
Toglierei il "forse", nel senso che l'importanza di Dune non è seconda né a Il Signore degli Anelli, né a Harry Potter, e spero che il libro tragga dal cinema lo stesso beneficio di cui hanno goduto le opere di Tolkien e Rowling. Certo, parliamo di opere molto diverse, anche e soprattutto da un punto di vista letterario. Quando ho visto il primo capitolo di Villeneuve al cinema (quattro volte, per la precisione), mi sono guardato intorno e chiesto quanto realmente chi non avesse letto la fatica di Herbert potesse apprezzare ciò che vedeva sullo schermo. Molto, in Dune, non è di facile spiegazione e molto, nella pellicola, presuppone la lettura, a mio parere, oppure quasi "obbliga" lo spettatore a rivolgersi successivamente al libro. Certo, il miracolo compiuto da Villeneuve, in un certo senso, è rendere fruibile un universo letterario davvero complesso. E se la stessa cosa può valere per Il Signore degli Anelli, seppure in diversa misura, per Harry Potter si distacca lievemente, dal momento che credo le pellicole siano ben godibili (benché non appieno, com'è ovvio) senza essere dei lettori della Rowling. Per quanto riguarda "il peso", sinceramente, io parlerei più di "pura emozione" nel vedere personaggi con cui si sono passati anni, da soli nel proprio studio davanti al computer, portati in carne e ossa sullo schermo. Non dovremmo mai smettere di ringraziare Denis Villeneuve, Peter Jackson e tutti i registi di Harry Potter per aver dato a tutti questa possibilità.
La traduzione di universo tanto "classico", che cosa comporta? Quanto ci si può o ci si deve discostare dalle precedenti traduzioni?
Molto lavoro. Considerando che i libri dell'esalogia sono stati tradotti molto tempo fa e i prequel/sequel della ditta Herbert/Anderson affrontati in tempi diversi, in case editrici diverse, sono stato costretto a dare uniformità al tutto, spesso dovendo tornare agli originali e compiere delle scelte sui termini. Devo dire, però, di aver ricevuto molti pareri positivi e questo tranquillizza, non solo per quanto riguarda la qualità del proprio lavoro, ma soprattutto per la sintonia che si va a creare con i lettori, che ritengo molto importante per un traduttore/curatore. Noi, credo, siamo un po' degli artigiani, dobbiamo creare un ambiente piacevole alla vista ma confortevole, in cui soggiornare, per far sentire il lettore a casa quando sceglie di entrare in una dimora comunque costruita da altri.
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Il potere del cinema
Quanto ha influito nel tuo lavoro finale avere dei volti così rappresentativi soprattutto in questi anni, come Chalamet o Zendaya?
Per fortuna, poco. Questo perché avevo già una mia idea di Paul e Chani, come di Leto, lady Jessica o del barone Harkonnen, prima dell'uscita del primo film. Però devo dire che la scelta del cast è stata davvero azzeccata. Certo, chi leggerà per la prima volta Dune dopo aver visto la trasposizione, vedrà sicuramente Paul come Chamalet o Chani come Zendaya, e penso sia inevitabile. È accaduta la stessa cosa con Il Signore degli Anelli, dove ancora oggi scindere le sembianze di Gandalf, per esempio, da quelle di Ian McKellen è assai complicato. Sono immagine visive molto forti che si sedimentano nella nostra mente ed è molto difficile separarsene.
Il passo che più ti ha emozionato di Dune.
Molto difficile. Spesso sono i dettagli di Dune a far capire che si è di fronte a un'opera di alto livello. Ti direi, nonostante non sia un passo di "emozioni positive", la prova del gom jabbar.
Un tuo giudizio sul film in relazione al libro.
La pellicola di Villeneuve credo sia, come detto, già miracolosa di per sé. Poi, io nutrivo già una forte stima nei confronti del regista dopo Arrival e in parte, almeno da un punto visivo, per Blade Runner 2049. Lo stesso affresco visivo, anche potenziato, lo abbiamo in Dune. Credo, sinceramente, che al momento non si potesse fare di meglio, considerando inoltre le libertà che il cinema si prende, anche obbligatoriamente, nei confronti della letteratura.