Stay Close, la recensione: ombre dal passato

La nostra recensione di Stay Close, ultimo adattamento seriale dai romanzi di Harlan Coben con protagonista Cush Jumbo nei panni di una donna che vuole dimenticare il passato a tutti i costi, dal 31 dicembre su Netflix.

Tieni gli amici vicini, e i nemici ancora più vicini

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Stay Close: una scena della serie

Teniamo bene a mente queste parole mentre scriviamo la recensione di Stay Close, la nuova miniserie frutto dell'accordo fra Netflix e lo scrittore Harlan Coben, disponibile sulla piattaforma dal 31 dicembre 2021 per chiudere l'anno nel segno del thriller e del giallo. Si tratta dell'ultimo di una serie di adattamenti seriali dei suoi romanzi (e non film come spesso capita), che abbracciano varie nazionalità, in modo da non rimanere "relegati" all'area statunitense come il loro autore ma essere adattati ai vari Paesi, dopo Svaniti nel nulla (francese), Estate di morte (polacca), The Stranger (inglese) e Suburbia Killer (spagnola), e ancora le originali Safe (franco-britannica) e The Five (inglese).

Stammi vicino

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Stay Close: un'immagine della serie

L'impronta stilistica di Harlan Coben si vede fin dalle prime battute e inquadrature della miniserie: tutto parte da una sparizione o omicidio per portare alla luce verità nascoste e sopite da tempo che riguardano i protagonisti (in questo caso la protagonista, ben interpretata da quella Cush Jumbo che abbiamo imparato ad amare in The Good Wife e The Good Fight) che non collaborano con la polizia nelle indagini. Qui però la vicenda si muove in maniera leggermente diversa, perché da un lato abbiano una serie di sparizioni che man mano diverranno collegate e dall'altro la polizia è tra i protagonisti, con personaggi ben caratterizzati e non sprovveduti agenti alla deriva, grazie soprattutto all'accoppiata di partner messi in campo James Nesbitt e Jo Joyner. Cush Jumbo è invece Megan, una donna benestante felicemente fidanzata con un uomo buono che sta per sposarla e tre figli adolescenti, in una bella casa accogliente. Eppure una lettera lasciata alla sua porta con scritto semplicemente "Cassie" riaprirà vecchie ferite e spalancherà una porta sul suo passato, che pensava di aver sepolto insieme alla vecchia vita prima di conoscere il nuovo fidanzato. Ma il passato, come ben sappiamo nell'audiovisivo, torna prepotentemente a battere alla propria porta, con pugni spesso sporchi di sangue, e in Stay Close lo fa mescolando i fantasmi del vissuto dei personaggi, attraverso sprazzi di flashback indistinti, che man mano lo spettatore dovrà rimettere insieme di episodio in episodio, alle storie crime al limite del thriller. Sono tante le storie parallele che vengono presentate nella miniserie e che man mano troveranno un unicum narrativo, pezzo dopo pezzo, come quando si cerca di vedere più nitidamente un ricordo sfocato. Megan non fa che ripetere che ha fatto quello che ha fatto per proteggere la propria famiglia, ma sarà davvero così?

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British crime

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Stay Close: una foto di scena

La miniserie in otto episodi mescola sapientemente le atmosfere da cittadina inglese alla caratterizzazione da subito efficace, in poche battute e pochi dettagli, dei personaggi, uniti da uno humour inglese delicato, posato e allo stesso tempo estremamente efficace, con una regia che insiste sui primi piani per catturare le microespressioni che potrebbero rivelare allo spettatore più di quanto il personaggio vorrebbe. I colori pastello della vita di periferia si mescolano e contrastano col viola della fotografia del Vipers, il locale al centro alla vicenda, e dei flashback del passato, momenti di buio in cui bisogna far luce per scovare la verità.

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Stay Close: Jo Joyner in una scena

Lo schema narrativo è quello del giallo classico col colpo di scena finale, in cui tutto verrà ribaltato rispetto a quanto si conosceva e rispetto agli indizi disseminati, tanto per i personaggi quanto per gli spettatori, nel corso della vicenda. Complice un cast affiatato e ben scelto, tra cui una vecchia conoscenza di The Stranger (Richard Armitage, qui in un ruolo praticamente opposto) e alcune perfette aggiunte come i personaggi con cui riusciamo da subito ad entrare in empatia di Harry, l'avvocato dei bassifondi con una dipendenza interpretato da Eddie Izzard e la dolce Lorraine, la direttrice del Vipers a cui presta il volto Sarah Parish. Non mancano i momenti surreali come addirittura uno musical in questo giallo inglese così tipico e così sui generis allo stesso tempo. Se siete appassionati del genere crime e giallo classico, è il prodotto seriale da binge watching che fa per voi. La miniserie soffre solamente di alcune trovate un po' troppo soap nelle svolte sentimentali dei personaggi, e nella parte centrale, dove due episodi in meno avrebbero forse aiutato a tenere maggiormente alto il ritmo narrativo e l'arrivo all'epilogo finale.

Conclusioni

Chiudiamo la nostra recensione di Stay Close ritrovando le atmosfere e gli stilemi che avevano caratterizzato le opere seriali precedenti di Harlan Coben, qui racchiusi nello humour inglese e nella caratterizzazione dei personaggi da subito efficace e posata, con al centro una donna protagonista forte e determinata con un passato da nascondere, che si ritrova invischiata in un caso più grande di lei. Senza cospirazioni, ma con le caratteristiche del giallo classico da colpo di scena per gli appassionati.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.2/5

Perché ci piace

  • Cush Jumbo e il cast affiatato e convincente, a partire da Richard Armitage, James Nesbitt, Sarah Parish e Eddie Izzard.
  • Il mescolare continuamente sprazzi di flashback con il presente.
  • La regia che indugia su primi piani e dettagli e la fotografia sui toni del viola che contrasta col cambio cromatico quando ci troviamo nella nuova vita “idilliaca” della protagonista.

Cosa non va

  • Alcune svolte un po’ troppo soap per l’atmosfera thriller generale.
  • Qualche episodio e svolta narrativa in meno avrebbe giovato alla parte centrale, che fa soffrire il ritmo e l’economia narrativa generale.
  • Alcuni “spiegoni” ridondanti nel riproporre alcuni flashback come se non si trattasse di una visione di binge watching.