Quanto la saga di Star Wars sia tutt'ora celebre e dal gran seguito è cosa evidente, basta aprire una qualsiasi rivista di settore o vedere la grande accoglienza riservata a Lucas & Co. a Cannes per accorgersene. E' altrettanto evidente che oltre ai fan di lunga data non mancano i giovanissimi che hanno scoperto la saga con le riedizioni cinematografiche del 1997 (anno dell'aniversario ventennale dell'uscita del primo Guerre stellari) se non addirittura con la nuova trilogia cominciata nel 1999 con Star Wars Ep. I - La minaccia fantasma. Per questi giovani cinefili sarà, però, forse difficile immaginare l'importanza, non solo cinematografica, ma quasi "didattica" che la trilogia "originaria" ha avuto sui giovani e giovanissimi dell'epoca: questo perché chiunque abbia avuto, come chi scrive, un contatto diretto con la saga durante l'infanzia ne ha serbato per sempre un posto d'onore nella propria bacheca dei ricordi, un primo fondamentale tassello per la costruzione di un microcosmo culturalmente più libero da condizionamenti sociali e una maggiore apertura mentale verso il fantastico, sia esso cinematografico, letterario o fumettistico. In un certo senso si può dire che la saga di George Lucas sta ai giovani fine anni '70 e inizio '80 come quella de Il signore degli anelli di J.R.R. Tolkien sta ai cosiddetti sessantottini.
E per capirne ancora meglio l'enorme impatto culturale, basta considerare che mentre i tre romanzi di Tolkien, sebbene da decenni tra i libri più venduti di sempre, siano diventati un vero e proprio fenomeno universale con il lungo passare di lustri fino a raggiungere la loro massima espansione con l'adattamento cinematografico ad opera di Peter Jackson solo qualche anno fa, la saga di Lucas è invece espressamente nata per la forma d'intrattenimento più popolare che esista, il cinema, e immediatamente ha avuto la possibilità di allargarsi a macchia d'olio su qualsiasi altro veicolo esistente: tv, vhs, videogiochi, fumetti, libri, riviste, giochi di tutti i tipi; nulla è stato tralasciato ed è stato così che in poco tempo tutta la comunità mondiale era a conoscenza di termini quali "Forza", "spade laser", "lato oscuro" o "jedi". Ma quello che veramente stupisce è che a differenza dei fenomeni cinematografici molto più effimeri dei nostri tempi (basti vedere il caso Matrix subito sgonfiato dai due deludenti sequel), la fama ed il mito di Star Wars è rimasto del tutto intatto dopo quasi tre decenni di distanza, nonostante l'incredibile e continuata sovraesposizione, nonostante due prequel certamente non riuscitissimi, nonostante i continui tentativi di parodia ed emulazione. Al massimo ad uscirne male può essere il suo padre/padrone Lucas, il singolo film o il singolo videogioco, ma nulla può scalfire la patina dorata che ricopre il Mito.
Per capire il perché di tutto questo basta semplicemente andare a vedere quello che si nasconde dietro i film: perché il successo della trilogia classica, checché ne dicano i detrattori, non viene dagli effetti speciali strabilianti per l'epoca e impressionanti tutt'oggi né dalle scene d'azione mozzafiato (che, per altro, riviste oggi risultano assolutamente funzionali ma incredibilmente "pacate" per i ritmi a cui siamo ormai abituati); quello che colpì veramente i giovani, e forse ancor di più i giovanissimi dell'epoca, fu quella storia così straordinariamente semplice e coinvolgente, quella straordinaria mitologia composta da pianeti misteriosi, linguaggi incomprensibili ed un pantheon di creature immaginifiche. Una componente quasi magica e "fantasy" (e, attenzione, non fantascientifica, ma anzi tradizionalmente estranea alla fantascienza rigorosa della letteratura di Isaac Asimov, del 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick e perfino della saga televisiva tanto in voga Star Trek ), per un'opera che parte come favola ("Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana..."), si trasforma in un romanzo d'avventura, di cappa e spada, e finisce con l'assumere aspetti quasi melodrammatici, che dona una vera e propria tridimensionalità ai film e ci rende partecipi dei vari mondi in cui si volge l'azione e soprattutto familiari con i personaggi che li popolano. E cosa sarebbe una favola senza dei personaggi macchiettistici sì, semplicistici anche, ma capaci di affascinare alla loro prima apparizione e in grado di farci sognare, sperare, soffrire ed amare insieme ad essi esattamente come i bambini fanno per i personaggi della storie a loro narrate: non c'è bambino (di qualsiasi età) che all'epoca non avesse una cotta per la principessa Leia, così come non c'è bambino che non abbia sognato almeno una volta di essere Luke Skywalker, di impugnare una spada laser, di avere per casa dei droidi e come migliore amico una "vecchia canaglia" come Han Solo.
Certo, tutti questi aspetti mancano del tutto ai tre nuovi episodi della saga ed è proprio questa carenza di magia che li rende, almeno in parte, freddi e di difficile accettazione; eppure, nonostante questo, siamo ancora qui, trent'anni dopo, a fremere in attesa di questo nuovo capitolo, a dedicare ad un film che, cinematograficamente parlando non ha poi tanto più valore di un qualsiasi blockbuster hollywoodiano di media fattura, fiumi di parole, perfino ad arrivare a segretamente gioire all'annuncio che la saga non si fermerà qui ma continuerà in TV. Perché? Perché fondamentalmente qualsiasi aspetto legato a Star Wars non è altro che un modo per ripercorrere quel fantastico viaggio che ci ha accompagnato per una vita intera, un modo per tornare con la mente su personaggi e situazioni a noi care, un tornare a fantasticare lasciandoci indietro i molteplici problemi quotidiani. E' da sempre il grande pregio del fantastico, in tutte le sue forme, e la saga di Lucas ne è indubbiamente una delle sue massime espressioni. Che siano i Sith a trionfare a o gli ultimi cavalieri Jedi a riportare l'equilibrio, la Forza scorre forte in coloro che hanno vissuto le loro gesta e basta poco a ritrovarla dentro di sè.