Con la recensione di Star Trek: Picard 1x05 siamo arrivati esattamente a metà, al punto che separa, in teoria, la parte introduttiva della prima stagione da quella risolutiva, anche se tecnicamente i convenevoli sono giunti in larga parte a termine già alla fine del terzo episodio. Ed è proprio a quel capitolo che questa nuova ora delle avventure di Jean-Luc Picard e del suo equipaggio si riallaccia per quanto riguarda uno dei pochi difetti della serie: il dare per scontato che, tra messa in onda originale, repliche, edizioni home video e disponibilità in streaming legale (tutte le altre serie del franchise sono nel catalogo di Netflix da quasi tre anni), tutti gli spettatori sappiano cos'è accaduto dal 1987 a oggi nel mondo catodico (e cinematografico) ideato da Gene Roddenberry. Un elemento di disturbo parziale che si fa evidente con il ruolo maggiore affidato in questa sede a Sette di Nove, dopo il cameo "a sorpresa" alla fine dell'episodio precedente.
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Tanto tempo fa, in un universo lontano lontano...
Aggiungere Jeri Ryan e il suo celebre personaggio a Star Trek: Picard ha senso, dato che la serie vuole esplorare le conseguenze dell'estinzione dei Borg e lei, come già accaduto con Jean-Luc e Hugh (intravisto nel terzo episodio e per ora anch'egli vittima del problema che stiamo evidenziando), è riuscita a liberarsi dell'influenza della mente collettiva ai tempi di Star Trek Voyager. E proprio a quella serie si ricollega la sua presenza nello show nuovo, in cerca di vendetta per la morte di un amico (un personaggio minore visto una ventina d'anni fa) e quindi motivata a unirsi provvisoriamente all'equipaggio di Picard dato che Bruce Maddox è prigioniero della persona che lei sta cercando. Tutto molto interessante, se non fosse che tali dettagli si affidano troppo alle conoscenze pregresse dello spettatore e quindi penalizzano il neofita che forse, grazie alla nuova serie, sarebbe invogliato ad approfondire il passato di Picard. Ed è una scelta alquanto bislacca considerando che l'ora inaugurale ha fatto ben più del minimo indispensabile per contestualizzare il rapporto tra l'ex-capitano e l'androide Data, la cui morte è tra i motori principali delle azioni di Jean-Luc.
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E poi fa capolino anche l'aspetto sul quale la serie, per ora, ha più o meno sorvolato: il fatto che lo stesso Picard, nel finale della terza stagione di Star Trek: The Next Generation e nella premiere della quarta, sia stato parte del collettivo dei Borg, una trasformazione drammatica che lo ha cambiato per sempre (vedi, per esempio, il film Star Trek: Primo Contatto). Un dettaglio fondamentale, che qui viene evocato quasi en passant, in un breve dialogo tra Jean-Luc e Sette di Nove, partendo dal presupposto che tutti sappiano esattamente cos'è successo trent'anni fa nel primo spin-off di Star Trek. Certo, bastano le espressioni facciali di Patrick Stewart per riassumere il peso spirituale di quell'esperienza, ma nel contesto di uno show così serializzato, a quasi vent'anni dall'ultima volta che avevamo visto sullo schermo il secondo equipaggio dell'Enterprise, la mera allusione a volte non basta. E se dovesse esserci un maggiore approfondimento nei cinque episodi che restano, sarebbe comunque saggio porre le basi in modo un po' più preciso, anziché rimanere sul vago laddove il primo episodio si era sforzato di essere comprensibile per tutti.
E poi, la svolta...
L'alleata provvisoria esce di scena facendo ciò che si era prefissata, al termine di una missione che da un lato vuole essere un omaggio ai momenti più scanzonati del franchise ma che dall'altro - nonostante l'impegno di Stewart vestito da pirata e con un accento francese volutamente ridicolo - stona con l'atmosfera generale di uno show dove la leggerezza c'è ma non è incompatibile con la visione più seria e pessimista immaginata da Alex Kurtzman e Michael Chabon. La missione dà però il frutto sperato, ossia il ritrovamento di Bruce Maddox. Non del tutto, in realtà, perché in quello che vorrebbe essere un colpo di scena (ma neanche l'abile regia di Jonathan Frakes può celare gli indizi più palesi) l'uomo che Picard ha cercato sin dall'inizio viene ucciso dalla sua ex-collega e amante, al fine di preservare qualche terribile segreto. Per certi versi sa di un'occasione sprecata, poiché anche nel caso di Maddox - l'uomo che ai tempi cercò di smontare completamente Data, portando a un processo per determinare se l'androide avesse una sorta di anima - la scrittura si limita a suggerire, senza specificare la sua importanza nella mitologia del franchise. Ma è anche, arrivati a metà stagione, un peso di cui lo show si è liberato per poter finalmente mettere Picard in contatto con la vera minaccia, e su quel versante le promesse non mancano (basti pensare a quando rivedrà Hugh). E non è neanche detto che Maddox sia uscito di scena del tutto: e se ci fosse un motivo slegato da esigenze produttive dietro al suo non essere interpretato dall'attore originale?
Conclusioni
Con la fine di questa recensione di Star trek: Picard 1x05 arriviamo al punto di transizione, quello in cui tutti i preamboli cedono il posto alla vera missione del protagonista e dello show. Il tutto accade in modo un po' raffazzonato ma comunque interessante, in vista di ulteriori sviluppi nei cinque episodi a venire, dove ormai tutto è possibile.
Perché ci piace
- Jeri Ryan è un'aggiunta preziosa, per quanto provvisoria.
- Le premesse per gli episodi successivi sono intriganti.
- La regia di Jonathan Frakes è molto efficace.
Cosa non va
- La scrittura traballa in certi punti.
- La missione principale stona con l'atmosfera generale della serie.