Con la recensione di Star Trek: Lower Decks 2, che ha da poco concluso il suo ciclo di dieci episodi su Amazon Prime Video (questa volta a cadenza settimanale in contemporanea con il debutto americano su Paramount+, laddove la prima annata era arrivata in un blocco solo a distanza di mesi dall'esordio statunitense), torniamo a parlare delle incarnazioni contemporanee del franchise ideato da Gene Roddenberry, che negli ultimi anni si è espanso in maniera variegata: alle avventure dallo stampo classico si aggiungono quelle che applicano uno sguardo legato all'attualità (vedi il ritorno di Jean-Luc Picard, influenzato dall'attivismo umanitario del suo interprete Patrick Stewart), senza dimenticare la componente animata che al momento si declina in due forme. C'è quella di cui parliamo qui, con un approccio irriverente ma comunque consapevole delle regole del franchise (come ci ha spiegato lo showrunner ai tempi della prima stagione, non è concesso sacrificare la logica interna in nome di una gag), e un'altra, in arrivo in questi giorni, dal target più giovane, a dimostrazione di quanto l'universo di Roddenberry sia aperto a varie letture e interpretazioni.
Squadra che vince non si cambia
L'ultima volta che abbiamo visto i protagonisti di Star Trek: Lower Decks, Beckett Mariner era furiosa perché l'amico Brad Boimler aveva accettato un incarico a bordo della USS Titan, al servizio di William Riker. Ovviamente le cose non vanno per il verso giusto, e nel giro di poco tempo Boimler si ritrova nuovamente sulla Cerritos al fianco di Mariner, D'Vana Tendi e Sam Rutherford, per avventure inedite che si svolgono ai piani inferiori, solitamente lontano dagli occhi dell'equipaggio principale. Ai piani superiori assistiamo invece al ritorno di Shaxs, che si era sacrificato nel finale della prima stagione, ma senza alcuna vera spiegazione per chiarire come sia possibile (un'ovvia frecciatina nei confronti delle diverse resurrezioni che hanno avuto luogo nel corso del franchise per quanto riguarda i personaggi principali, da Spock nella timeline originale a Kirk in quella alternativa ideata da J.J. Abrams), e questo è solo uno dei tanti eventi strambi con cui la Cerritos deve fare i conti in questi dieci nuovi episodi, dove azione e humour coesistono in perfetta armonia.
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Risate, l'ultima frontiera
La prima stagione era un crescendo, dove lo showrunner Mike McMahan e i suoi collaboratori tastavano il terreno per capire fin dove fosse possibile spingersi a livello di comicità pur mantenendo intatta la coerenza interna del franchise (sulla falsariga di Rick and Morty, a cui McMahan ha lavorato, dove le risate vanno di pari passo con avventure plausibili sul piano drammaturgico). Un crescendo che, nelle sue fasi finali, ha dato vita a vere gemme come la gag sulla sigla TOS o l'apparizione di Riker, e che in questa sede si manifesta sotto forma di costante equilibrio fra mitologia e humour, dove nessun elemento è tabù a patto che non si demolisca la credibilità di Star Trek e delle sue varie incarnazioni, con esempi esilaranti come il nuovo arrivato che parla per metafore (come in uno dei migliori episodi di Star Trek: The Next Generation) o Boimler che, nel tentativo di migliorare la propria situazione a bordo della Cerritos, fa amicizia con un gruppo che si fa chiamare red shirts.
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È una formula che raggiunge il suo apice nel momento in cui viene chiesto ai due gruppi (il capitano e i suoi collaboratori più stretti, e Boimler e soci) di scambiarsi i ruoli per un giorno intero, mescolando amore per il franchise e irriverenza, con una commistione di scrittura solida e animazione sopraffina che esplora territori nuovi aggiungendo nei punti giusti vari ingredienti classici (tra le chicche il ritorno di Alice Krige come voce della Regina dei Borg). Ancora più che nella prima annata, abbiamo a che fare con una spiritosa lettera d'amore a tutto l'universo trekkiano, nonché l'unica delle serie attualmente in corso ad aver davvero osato fare qualcosa di nuovo (e non solo sul piano estetico). Fino ad arrivare a un finale che rimescola nuovamente le carte in tavola e segnala - forse - una transizione verso una struttura più esplicitamente orizzontale nella prossima stagione, già in produzione (e questo coinciderebbe più o meno con il punto in cui alcuni degli spin-off classici hanno a loro volta optato per storie a lungo termine). L'ultima frontiera non ha ancora finito di regalarci sorprese.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Star Trek: Lower Decks 2, una seconda annata che mantiene le promesse della prima e le amplifica, creando un nuovo, strepitoso equilibrio fra rispetto e irriverenza in questa declinazione animata del franchise ideato da Gene Roddenberry.
Perché ci piace
- Il cast vocale rimane affiatato ed esilarante.
- I rimandi a varie epoche di Star Trek sono molto divertenti.
- L'animazione continua a mescolare bene humour e azione.
Cosa non va
- Peccato che siano solo dieci episodi a stagione.