L'attesa che ha accompagnato la lavorazione del film su Stanlio e Ollio e l'emozione e la curiosità che hanno circondato la presentazione in prima mondiale alla tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma 2018 è un attestato alla popolarità immarcescibile di una delle coppie comiche più grandi della Old Hollywood e della storia del cinema. Anche l'incontro stampa all'Auditorium Parco della musica è affollatissimo e vede protagonisti il regista Jon S. Baird e e i due straordinari protagonisti Steve Coogan e John C. Reilly, capaci non solo di resuscitare Laurel e Hardy nello spirito e nel modo di fare, ma anche di dare una sostanza autentica e commovente al rapporto di amicizia che legò i due artisti fino alla fine.
Posato e affascinante Coogan, spumeggiante e gigione John Reilly, i due attori hanno raccontato la loro esperienza di preparazione e di realizzazione del film che uscirà in Italia il prossimo anno con Lucky Red.
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Alla ricerca di Laurel & Hardy: una missione sacra
Come mai la decisione di raccontare il sodalizio tra questi due grandi artisti concentrandosi su questa ultima tournée nelle isole britanniche?
Jon S. Baird: Prima di tutto vorrei dire che io Laurel e Hardy li ho amati sin da bambino, a otto anni mi vestivo come loro, con la bombetta e tutto, per andare alle feste in maschera; è stato incredibile avere l'opportunità di fare questo film, anche se mi ha sorpreso il fatto che non fosse ancora mai stato dedicato loro un film. Per quanto riguarda la scelta cronologica, il focus su un momento particolare di una lunga vicenda aiuta a dare coesione e forza narrativa, e in questo caso si tratta di un momento particolarmente critico: invecchiavano, affrontavano il declino della salute e della popolarità, anche economicamente non se la passavano bene.
Come vi siete avvicinati all'umanità dell'icona, Coogan e Reilly?
Steve Coogan: Sono estremamente felice di aver avuto l'occasione di interpretare Stan Laurel, è stata una sfida che mi ha messo anche un po' di ansia, come di fronte a un compito importante: quando si affronta un ruolo del genere il rischio di fallire completamente è grosso, e l'unico modo per evitarlo è arrivare davvero preparati. Abbiamo fatto tre settimane piene di prove, durante le quali io e John abbiamo anche imparato a conoscerci, oltre a lavorare sui balletti, le movenze... certo John sul fisico doveva lavorare più di me.
John C. Reilly: Oggi mi rendo conto che Oliver Hardy nel cuore era un italiano. Un romantico, che amava le donne, la poesia, il buon cibo... ecco, per me il viaggio alla scoperta di Oliver Hardy è stato la scoperta del suo cuore romantico, oltre che di aspetti della sua personalità che abbiamo in comune. Certo il peso è stato un problema, quando ho accettato il ruolo avevo appena perso quindici chili, mi sono detto no, non posso farcela! Ma ne è valsa la pena, questo film era una specie di missione sacra per noi, non si trattava solo di raccontare l'amicizia tra due attori ma anche di rappresentare qualcosa di limpido e autentico sulla natura umana. Loro erano eterni, lo sono stati da quando sono apparsi: il sale e il pepe, la luce e l'ombra, lo yin e lo yang... Laurel e Hardy.
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Doppiatori, allerta
Se ne parla anche in un momento del film: i film di Stanlio e Ollio erano doppiati in moltissime lingue, in Italia sono conosciuti con le voci dei loro doppiatori e ci fu anche un famoso incontro tra Hardy e il suo doppiatore, Alberto Sordi. Vi siete posti il problema del doppiaggio del film col distributore?
Jon S. Baird: Ancora no, ma lo faremo, e sarà indubbiamente una conversazione interessante. Conosco il rapporto del pubblico italiano con le voci di Stanlio e Ollio, e sono aspettative che in qualche modo dovranno essere prese in considerazione, e onorate.
John C. Reilly: Io sono disponibile a doppiarmi in italiano, sentire cosa so fare: (in italiano) Cosa fa una bella ragazza come te in un postaccio come questo? Io credo di avere lo stesso doppiatore italiano dagli anni '80, avrà un centinaio di anni ormai. Sono tipo sei o sette attori che doppiano tutti, è così in Italia no, un club ristretto?
Jon S. Baird: Mi viene in mente Irvine Welsh, pensa che dice sempre che il suo traduttore italiano è uno scrittore migliore di lui. Staremo a vedere!
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