E' difficile che due giganti come Sylvester Stallone e Robert De Niro, messi l'uno accanto all'altro, non finiscano per monopolizzare la scena: sullo schermo, come fuori. Il grande match, commedia "sportiva" diretta da Peter Segal, l'ha dimostrato: il lavoro del regista passa quasi in secondo piano, rispetto all'ingombrante presenza delle due star, e alla storia, cinematografica e personale, che queste portano con sé. Nella conferenza stampa di presentazione della pellicola, tenutasi in un hotel nel centro di Roma, il copione è stato lo stesso: le luci della ribalta, di nuovo, erano tutte per loro, Stallone e De Niro. Divi dai caratteri, e dalle carriere, per molti versi opposti, incontratisi ora sullo schermo per la seconda volta, sedici anni dopo il precedente Cop Land. Segal, da par suo, rimasto quasi in disparte, sembra comunque aver preso la cosa (è il caso di dirlo) con sportività; consapevole, probabilmente, dell'inevitabilità di un ruolo da comprimario di fronte a una coppia simile.
Malgrado la brevità dell'incontro, comunque, gli spunti di interesse sono stati tanti: spunti legati al film, e più in generale alle carriere, e all'approccio al cinema, di questi due indiscussi protagonisti del grande schermo degli ultimi quarant'anni.
Stallone, nell'ultima parte della sua carriera ha iniziato a recitare in ruoli diversi dai suoi soliti, più drammatici. Come mai?
Sylvester Stallone: In realtà, io ho cominciato facendo ruoli drammatici, mentre poi mi sono specializzato in film d'azione. Ora, però, man mano che invecchio cerco di fare cose che rappresentino una sfida, e con cui inoltre mi sento attualmente più in sintonia. Cerco di interpretare ruoli più drammatici, che possano cambiare direzione alla mia carriera.
Robert De Niro: Ci siamo detti semplicemente: "proviamoci, divertiamoci: sappiamo qual è il sottotesto, e speriamo che alla gente piaccia".
Quanto c'è, nel film, dei vostri rispettivi personaggi storici, ovvero Rocky e Jake LaMotta?
Sylvester Stallone: Sicuramente un po' di Rocky c'è: i movimenti sul ring sono gli stessi, ma il personaggio non ha certo i suoi stessi problemi. Solo la meccanica fisica è simile, oltre ovviamente alla voce, che è la mia.
Robert De Niro: Anche nel mio caso, ci sono cose che da un punto di vista fisico ricordano Jake LaMotta, ma di sicuro, in sé, il personaggio è molto diverso.
Perché in genere la boxe, sullo schermo, funziona meglio di altri sport?
Sylvester Stallone: La boxe, al cinema, è qualcosa di più di due che si prendono a cazzotti: Rocky, in realtà, è una storia d'amore, e così anche Toro scatenato. La boxe è il simbolo di quella lotta che una persona conduce dalla nascita a morte: è una metafora, e quando è fatta bene è facile da capire per il pubblico, che comprende bene quello che sta succedendo e la posta in gioco.
Robert De Niro: Credo che sia corretto ciò che ha detto Sylvester: la boxe è il simbolo di una battaglia che tutti conduciamo. Il primo film che ho visto, per esempio, era di genere mitologico: vi si vedeva Ercole che era impegnato in una lotta, in una battaglia. La boxe, in un certo senso, è simile, è uno sport che ha una dimensione mitologica.
Robert De Niro: Sì, all'epoca lui faceva Rocky, io film come New York, New York: ma non siamo mai stati rivali, o almeno io non l'ho mai percepita così. Abbiamo comunque molte cose in comune: in generale, quando invecchi ti rendi conto che determinate cose sono molto meno importanti di quanto pensavi.
Segal. cosa si prova ad avere sul set due leggende, che portano con sé così tanto?
Peter Segal: Mi ha fatto sentire intimidito, terrorizzato: anche perché entrambi sono stati anche registi, e io dovevo dirigere proprio un film sulla boxe. Comunque, sono stati entrambi molto gentili. Abbiamo fatto le prove separatamente, perché non potevo quasi mai averli sul set insieme. Sly, in particolare, è stato gentilissimo, mi ha insegnato tutto ciò che sapeva in fatto di coreografie di combattimenti.
Avete entrambi alle spalle una lunga carriera. Cosa vi porta, adesso, a scegliere nuovi ruoli?
Sylvester Stallone: A una certa età ci sono ovviamente dei vincoli, delle limitazioni. Ora, cerco di trovare qualcosa che abbia una valenza emotiva, che possa farmi contribuire al film con la mia vita e portare sullo schermo il mio vissuto. Credo di essere un attore migliore di 30 anni fa, e quindi cerco cose che mi tocchino e mi coinvolgano emotivamente.
Dal film, emerge che la vecchiaia può essere un momento per mettere a posto le cose della vita. E' davvero così? Sylvester Stallone: Nel momento in cui arrivi a capire la vita, questa è quasi finita. Allora ti dici "perché l'ho capita solo ora?" Si raggiunge una saggezza, ma ormai non la si può più applicare. Nel mio caso, cerco ruoli drammatici che abbiano a che fare con l'età, e che magari compensino ciò che ho fatto in passato. È qualcosa che ha a che fare con la redenzione.
Il cinema, da qualche anno, si occupa sempre di più di questa fascia d'età. Come mai?
Sylvester Stallone: Molti spettatori sono cresciuti con noi, e ora i problemi, anche per loro, sono più complessi. Molto pubblico ha la nostra età, e tuttavia si sente ancora attivo, e magari vuole vedere la sua storia rappresentata sullo schermo.
Robert De Niro: Non credo di avere altro da aggiungere: il pubblico della nostra età, semplicemente, è più numeroso, ed è questo il motivo per cui questi film hanno successo.
De Niro, lei è stato coinvolto nel cast in un secondo momento, quando il progetto era già in piedi. Qual è stata la sua prima reazione quando gli è stato proposto questo ruolo? Robert De Niro: Me ne hanno parlato durante un party, ero incuriosito. Così ho detto a Peter di mandarmi il copione, l'ho letto e l'ho trovato valido.
In Toro scatenato aveva dovuto mettere su peso, qui invece ha dovuto perderlo. Quale delle due cose è più difficile? Robert De Niro: Entrambe: anche guadagnare peso è difficile, anche se il senso comune suggerirebbe di no. È meno frequente del contrario, ma ugualmente complicato. Quando invece si tratta di perderlo, il peso, gli ultimi 15 kg sono i più difficili.Stallone, farà mai un Rocky 7? Sylvester Stallone: No, la serie è finita. In questo periodo, semmai, stiamo parlando di uno spin-off dedicato a uno dei personaggi della saga, ma sarà un film drammatico e non sarà certo un Rocky 7.
Si riferisce a Creed, di Ryan Coogler? Sylvester Stallone: Sì, in quel film ci sarà Michael B. Jordan, che interpreterà il nipote di Apollo Creed. Sarà un film molto drammatico: è questa la direzione che voglio seguire, ora, nella mia carriera. Spero che si possa iniziare a girare a febbraio.
Chi di voi è più bravo come pugile?
Sylvester Stallone: Per quello che abbiamo visto sul set... dipendeva da chi aveva dormito di più la notte prima!
Robert De Niro: Lui come pugile è migliore, ha più esperienza. Io, per quanto riguarda le scene di combattimento, mi sono attenuto ai suoi consigli.
Segal, nel film ci sono parti comiche e parti drammatiche. Secondo lei qual è stato il tono predominante? Peter Segal: Nel film sono presenti tutte e due le componenti, e questa è stata la sfida più interessante. Non credo che l'umorismo sarebbe stato così valido, senza la parte drammatica. Il film è considerato commedia, ma nessuna delle due componenti potrebbe esistere senza l'altra.
Questo è un film sulla "seconda chance". Nelle vostre carriere, e nelle vostre vite, avete mai avuto una seconda chance? Sylvester Stallone: Nella mia carriera ho avuto alti e bassi. La mia seconda chance è stata quella del 2006, quando ho fatto Rocky Balboa. L'esperienza, in genere, è molto preziosa: si dice che un artista muore due volte, e che la seconda è molto più semplice. Tuttavia, non vuoi smettere quando senti di aver ancora qualcosa da dare. Tutti vorremmo tornare indietro e fare ciò che non abbiamo fatto prima, modificare gli errori... quando si ha a che fare con emozioni del passato, è un piacere metterle sullo schermo.Robert De Niro: Quando invecchi, ovviamente non ti danno più gli stessi ruoli che ti davano in passato, ma tu ti senti ancora importante. Abbiamo un pubblico che ancora ci segue, e questo è ciò che conta; magari composto anche da giovani, non solo da persone della nostra età. Rimpianti e rimorsi? Nel mio caso ce ne sono, ma non sono legati alla mia vita professionale: sono, al contrario, così personali che non posso citarli in pubblico.
La sceneggiatura era così fin dall'inizio, finale compreso? Peter Segal: La sceneggiatura era già finita quando l'ho ricevuta, abbiamo lavorato solo su alcuni aspetti legati al pugilato. Abbiamo valutato l'opportunità di girare più di un finale, e in realtà alla fine ne abbiamo girati diversi, uno per ogni possibile esito del match: non volevamo che qualcuno ne entrasse in possesso, e magari lo mettesse su Twitter.