Si chiama poli-multi-universo aracno-umanoide, ma Miles Morales lo conosce come Ragno-Verso. Un termine coniato insieme a Spider-Gwen e Peter B. Parker nell'avventura che ha segnato la sua trasformazione in Spider-Man e la presa di coscienza dei suoi poteri e della sue responsabilità. Un nuovo universo da scoprire che Miles è persino riuscito a salvare, trovando infine la sua strada come spidey e intessendo - è il caso di dirlo - diverse amicizie con svariate spider-persone là fuori, di dimensioni differenti ma tutte unite dalla stessa e irreprensibile voglia di aiutare gli altri, dal gravoso peso delle responsabilità e dalle stesse tragedie.
Da allora sono passati cinque anni nella vita reale ma un solo anno nell'economia del racconto, comunque abbastanza da cambiare molte cose in questo sensazionale Spider-Man: Across the Spider-Verse, sequel diretto del capolavoro del 2018 che si fa adesso più grande, più inventivo e persino più maturo. Un film che ci catapulta nuovamente nel Ragno-Verso animato targato Sony per strabiliarci con una premessa e una promessa: la prima è quella di un viaggio sorprendente che non conosce purtroppo immediata conclusione. La seconda è invece quella di concretizzare con il prossimo Beyond the Spider-Verse la migliore saga cinematografica dedicata all'Uomo Ragno mai concepita finora.
Ritrovarsi
La qualità del prodotto si riconsolida e qualifica sin da subito, quando l'incipit - che in verità è un vero e proprio prologo - ci trascina direttamente nell'universo di Gwen Stacy (Hailee Steinfeld). Accade qui un evento che permette a Spider-Gwen di navigare a piacere nel Ragno-Verso, motivo che la spinge a visitare ovviamente l'amico Miles (Shameik Moore). Per entrambi l'ultimo anno non è stato facile, soprattutto per la consapevolezza di non potersi più rivedere senza intaccare il fragile tessuto dimensionale, ma grazie alla Spider-Society creata da Miguel O'Hara/Spider-Man 2099 (Oscar Isaac) arriva questa opportunità che Gwen non tarda ad abbracciare. Miles è cresciuto, ha 15 anni e lo sviluppo lo ha reso più alto e tonico. Non è più un bambino, anche se per i genitori è difficile accettarlo. La madre Rio vorrebbe non lasciasse mai Brooklyn, mentre il padre Jefferson - pronto a diventare capitano della polizia - lo reputa insieme brillante ma scapestrato, ancora un ragazzino. In questa difficile fase di transizione e formazione, tra la difesa della città, lo studio, la famiglia e la crescita, a Miles è mancato proprio un amico, che è più che felice di ritrovare in Gwen, anche se quest'ultima sembra nascondergli qualcosa.
Il problema è che forse anche come Spider-Man il suo primo anno è filato più liscio del dovuto, senza chissà quali pericoli sproporzionati o geniali nemici dopo il caos scatenatosi dall'esplosione del generatore. Improvvisamente compare però la Jonathan Ohm/Macchia (Jason Schwartzman), super-scienziato improvvisatosi criminale a causa di una trasformazione epiteliale che lo ha reso una sorta di tavola bianca ricoperta di buchi neri. Dopo averlo incontrato e affrontato, Miles lo deride e sottovaluta mentre Gwen è semplicemente felice di trascorrere del tempo con lui, ma come già annunciato in fase promozionale è proprio la Macchia il pericolo numero uno che metterà in seria difficoltà Miles e l'intera Spider-Society, organizzazione "multiversale" con lo scopo di mantenere intatto il Canone delle storie in ogni universo di Spider-Man.
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Un livello impensabile
Tutta la concettualità creativa di Spider-Man: Across the Spider-Verse si può riassumere nella volontà di rompere quello stesso Canone che sia la Spider-Society nel film sia la Marvel nella realtà hanno a lungo mantenuto e rispettato. La Sony ha dato nuova linfa e vitalità all'animazione tradizionale dopo Spider-Man: Un nuovo universo, aprendo la strada a ibridazioni differenti e portando a un netto stacco tra passato e futuro. Il canone moderno è quello che vuole l'animazione come un genere, da alcuni persino bistrattato e relegato a un ruolo secondario nell'attualità cinematografica. Phil Lord, Chris Miller, Rodney Rothman e tutti gli animatori coinvolti nel progetto Spider-Verse hanno invece decido di evadere da questa gabbia di preconcetti e dimostrare il potenziale più esplosivo e magnifico dell'arte della produzione animata, raggiungendo livelli sensazionali.
Se nel primo capitolo erano i diversi Spider-Man ad essere catapultati nell'Universo di Miles, qui è il contrario. Se è vero che ogni Spider-persona ha il proprio stile animato, allora, vale così per i loro mondi, che rispettano e anzi nobilitano quello stile, avvolgenti e unici. Possiamo citare gli acquerelli impressionisti con cui è dipinto l'universo di Spider-Gwen, in grado di mutare intorno a lei al mutare delle sue emozioni, il mondo sovra-abbondante ed eccitato di Mumbattan (un po' un mix a' la Sanfransokyo di Big Hero 6) disegnato con uno stile più secco e fumettistico o la trasgressiva New London abitata da Spider-Punk, fatta di carta e cartoncini, annotazioni o post-it in stile apertamente punk, colorato e trasgressivo. Ogni universo rispetta il canone artistico del suo Spider-Man e allo stesso tempo piega a suo vantaggio l'ibridazione dei generi, creando qualcosa di sinceramente impressionante e seminale.
Persino i combattimenti più fluidi e iperattivi rispettano tale direttiva, creando su schermo uno spettacolo visivo strabordante e sbalorditivo, figlio dell'innovazione di Un nuovo universo e della successiva elaborazione ne I Mitchell contro le macchine ma comunque ancora superiore, inventivo, ricercato, stupefacente. Così i team-up tra gli Spider-Man raggiungono delle vette creative e artistiche curiose e inaspettate ed è come se i mondi intorno a loro parlassero la loro lingua, gli appartenessero sul serio, li capissero e li coccolassero. Così vengono fuori persino meglio i contrasti e si dilatano i contorni di un eccezionale acme cinematografico tecnicamente impareggiabile.
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Uno, nessuno, centomila
La missione del pirandelliano Vitelangelo Moscarda è quella di affrancarsi dalla rabbia del mondo e trovare la propria dimensione spirituale, il proprio Io, nonostante i giudizi così certi degli altri. In Across the Spider-Verse vale lo stesso per Miles, che però deve trovare il suo modo di essere Spider-Man e combattere per esso, dimostrando di conoscere meglio di chiunque altro il proprio valore, anche se si tratta di centomila Spider-Man differenti. Più ora che prima, quella di Spidey è davvero una maschera dietro a cui si cela prima di tutto un concetto, che è quello del super eroe con super-problemi, ma poi tante persone differenti, che possono essere le tante varianti del personaggio o i tanti modi diversi in cui è stato sia concepito che letto. Da qui arriva un'inclusione più rafforzata e significativa che non snatura in alcun modo qualità e consapevolezza del progetto e, anzi, la eleva, la innalza.
Se Miles è l'adolescente "in fuga" e desideroso di salvare tutti, l'ottimo Miguel O'Hara è la maschera della responsabilità divenuta ossessione, lo scatenato Spider-Punk (Daniel Kaluuya) è quella della ribellione quasi anarchica, il divertente Spider-Man India (Karan Soni) è la rappresentanza non fine a se stessa ma alla causa, intelligente e oculata, e Spider-Woman (Issa Rae) è la matura e ferma femminilità di una donna, madre, supereroina. Come detto, ognuno di loro ha alle spalle degli eventi dolorosi che li hanno resi ciò che sono oggi, un buco nell'anima in cui sono riusciti a non cadere, sfuggendo all'abisso e dedicando la loro esistenza alla salvaguardia del quartiere/mondo/universo, il che rende efficace se non addirittura brillante la scelta di mettergli contro la Macchia, una nemesi che di buchi ne ha molti e in bella vista, che non riesce e anzi non vuole chiudere ma allargare e allargare, rinunciando sempre di più alla propria umanità.
Nel mezzo i difficili rapporti genitori/figli che fanno da fil rouge sin dal precedente episodio e che qui trovano più profondità e naturalezza, tanto dovuta a una scrittura che vuole interessarsi di più all'aspetto relazionale dell'avventura quanto a una distensione narrativa notevole, giusta e permissiva data l'idea di costruire questo Across the Spider-Verse come film di passaggio tra il prima e il Beyond. Al netto di una piccola perdita di novità (nonostante l'eccezionale comparto tecnico-artistico), in effetti è questo il vero e unico appunto da fare al prodotto, nella scelta di non essere - o nella posizione di non poter essere - autoconclusivo e dilatare volutamente l'attesa con un importante cliffhanger negli ultimi minuti, montando però il setting per un finale che promette meraviglie oltre gli stessi limiti del Ragno-Verso già ampiamente superati.
Conclusioni
Incalzante, strabordante e maturo: in conclusione, Spider-Man: Across the Spider-Verse si dimostra un capitolo due sensazionale e tra i migliori mai visti, rispettoso del materiale di partenza e in grado di nobilitare stile, unicità e responsabilità della maschera dell'Uomo-Ragno, assurgendo a vero e proprio acme contemporaneo dell'animazione. Tecnicamente rappresenta un apice difficilmente scalzabile, sia formalmente che concettualmente parlando, mentre l'evoluzione narrativa più dilatata ha permesso di approfondire relazioni e introspezioni dei protagonisti tra ottima scrittura e interpretazioni vocali (anche del doppiaggio italiano). Peccato per un cliffhanger finale troppo importante che spezza completamente ritmo e autonomia del racconto.
Perché ci piace
- Tecnicamente è fuori da ogni logica, impressionante e magnifico.
- Le nuove Spider-person funzionano alla grande, soprattutto Spider-Punk e Spider-Man 2099.
- La narrazione matura, l'intimità delle relazioni, il peso della maschera di Spidey.
- La Macchia è un villain più sofisticato del previsto.
Cosa non va
- Il cliffhanger finale lascia davvero troppo appesi.