Aveva colpito chi scrive già nel primo Spider-Man: Un nuovo universo non perché era la voce dell'adolescenza che ha ancora tutto da dimostrare a se stesso e agli altri, come il protagonista Miles Morales. Ma perché era la coscienza della stanchezza e disillusione di un supereroe - un po' come succede nel fumetto Il Regno di Kaare Andrews, che vi consigliamo di recuperare, anche se più drammatico della pellicola. Stiamo parlando di Peter B. Parker, la terza versione dell'Uomo Ragno che ci viene presentata nel primo capitolo della trilogia di Sony Animation dedicata all'Arrampicamuri e che torna nel capitolo successivo ora al cinema, Spider-Man: Across the Spider-Verse (qui la recensione). Nel film prodotto da Sony Pictures e distribuito da Eagle Pictures ha dimostrato ancora una volta di essere tanto un mentore quanto un allievo per la crescita del protagonista. Ma andiamo con ordine.
Peter B. Parker: da mentore...
Doppiato in originale da Jake Johnson, l'ex Nick Miller di New Girl che ha fatto un ottimo lavoro nel caratterizzare il personaggio, Peter B. Parker è quanto di più vicino possiamo trovare nell'animazione allo Spider-Man live action di Tobey Maguire che abbiamo visto in No Way Home. Ovvero qualcuno che è stanco di combattere e non crede più nel ruolo del (super)eroe, poiché gli ha portato via tutto, compreso l'amore della sua vita Mary Jane perché si sono irrimediabilmente allontanati. Notoriamente poi l'Uomo Ragno è un supereroe che deve mantenere segreta la propria identità alle persone più care e che non è ben visto dall'opinione pubblica o dai giornali, e questo con gli anni si fa sentire.
Eppure l'incontro-scontro con un nuovo e spumeggiante amichevole Spider-Man di quartiere, ovvero Miles Morales (Shameik Moore), gli apre gli occhi su una nuova possibilità, una seconda chance per essere felice e per accettare il proprio destino che dice che "da grandi poteri derivano grandi responsabilità". Ha la pancetta, è stanco e non ha intenzione di perdere tempo, eppure dovrà ricredersi. Inizialmente ritroso e scontroso nel fare da mentore a un nuovo Spidey, Peter B. Parker si ritrova a crescere insieme al proprio allievo, ad affezionarsi a lui come ad un figlio ridandogli speranza e fiducia in una propria possibile paternità biologica, e a pensare di passare il proprio testimone in un altro universo.
Spider-Man: Across the Spider-Verse, la recensione: rompere il canone
... a padre
Ritroviamo Peter B. Parker in Spider-Man: Across the Spider-Verse, parte della banda di Arrampicamuri messa in piedi da Miguel O'Hara alias Spider-Man 2099 (doppiato in originale da Oscar Isaac). Proprio come racconta lui stesso a Miles, ha ritrovato fiducia tanto da presentarsi alla porta di Mary Jane e riuscire a convincerla a dar loro una seconda possibilità, concependo una figlia, Mayday, che si porta sempre dietro su un marsupio per neonati. Quest'ultima, anche lei dotata di poteri, è il corrispettivo biologico del figlio putativo che era stato Miles in Spider-Man: Un nuovo universo.
Il suo essere così legata al padre ce lo mostra forse un po' irresponsabile a portarsela dietro negli scontri con i villain della storia ma allo stesso tempo perfettamente centrato nella tematica genitori-figli su cui poggia l'intera pellicola. Non solo: è anche colui, insieme a Gwen (Hailee Steinfeld) che sapeva della questione della costante nella vita di ogni Spider-Man di ogni universo (una perdita dolorosa che non può essere sventata) e che prova a far capire a Miles l'importanza e la gravità della situazione. Alla fine sarà però anche l'Uomo Ragno che aiuterà Morales a fuggire per provare a cambiare le cose. Una sorta di ultimo regalo per il ragazzo che gli ha ribaltato (in meglio) la vita e che gli ha fatto credere di nuovo in se stesso e nel poter essere ancora un (super)eroe.
Spider-Man: Across the Spider-Verse, perché è il presente e il futuro dell'animazione
Lo Spider-Man disilluso
Peter B. Parker rappresenta il tema della depressione per il supereroe adulto e maturo, che ha anche troppa esperienza nel ruolo e sente il peso degli anni sulle proprie spalle. Proprio il suo farcelo avvicinare idealmente ai vecchi Spider-Man live action ma anche al più recente, lo rende un perfetto anello di congiunzione tra generazioni di Spider-Man e spettatori. Al contempo, ci mostra anche che da quella depressione è possibile uscire se si ha qualcuno che crede in te, anche se prima di tutto bisogna imparare a credere nuovamente in se stessi e rimetterti in gioco, nonostante tutto ciò che si è perso, perché ci sarà sempre qualcosa che per contraltare si guadagna.
Tutto grazie a ciò che Phil Lord e Chris Miller sono riusciti a metter giù nella scrittura del suo personaggio e grazie a Jake Johnson che ha potuto caratterizzarlo con una voce apparentemente strafottente ma in realtà piena di dolore, mascherato con l'ironia e l'apparente cinismo. Ha fatto in un certo senso da ponte anche con Gwen ed è l'unico che si permette di parlare in un certo modo a Miguel, poiché entrambi ne hanno viste davvero troppe sul proprio cammino per non avere delle cicatrici e non comprendere la reciproca cautela e attenzione verso le nuove generazioni. Che sono il futuro di Spider-Man così come quello di tutta l'umanità.