Io so che finché vivremo, saremo sempre fedeli a noi stessi
La storia che si cela alla base di Spartacus, il film del 1960 diretto da Stanley Kubrick, è una storia di rivalsa. C'è un gladiatore, Spartaco, che sogna la libertà ed è pronto a diventare un leader pur di ottenerla. Ma c'è anche un attore, Kirk Douglas, che è reduce da un pesante insuccesso personale e non vede l'ora di rimettersi in gioco. C'è uno sceneggiatore, Dalton Trumbo, che dopo anni passati ai margini della società hollywoodiana può finalmente vedere il suo lavoro essergli accreditato. C'è un presidente, John F. Kennedy, che coglie l'occasione per sancire quello che è un suo personale ideale politico e c'è un regista, Stanley Kubrick, che per la prima e unica volta nella sua carriera non può avere il pieno controllo del suo film e deve dimostrare a tutti di essere in grado di lavorare nonostante le restrizioni. L'esito? Uno dei lungometraggio più celebri e amati di sempre. Un successo strepitoso, vincitore di quattro premi Oscar e detentore del record per il miglior guadagno nella storia della Universal, la casa di produzione che partecipò al finanziamento del progetto, per ben dieci anni.
LA GENESI DI UN MITO
Tutto nasce dal casting dell'indimenticabile Ben-Hur, il film di William Wyler che segnerà per sempre la Storia del cinema detenendo il record di Oscar vinti (quota 11, insieme a Titanic e Il signore degli anelli - Il ritorno del re). Per il ruolo da protagonista, Kirk Douglas venne provinato insieme ad altri divi come Marlon Brando, Rock Hudson e Burt Lancaster. Tuttavia Wyler, che aveva già collaborato con l'attore sul set di Pietà per i giusti, insisteva per affidare a Douglas un ruolo di second'ordine. L'attore, amareggiato per la decisione, non solo decise di lasciar perdere il progetto, ma si mise subito al lavoro per interpretare e produrre un film concorrente: un kolossal in costume ambientato ai tempi dell'antica Roma che seguisse le gesta di uno schiavo capace di sfidare un impero. In effetti, la storia di Spartaco e quella della piccola Bryna Production (la casa di produzione di Douglas) si somigliano non poco pensando all'esito che poi ebbe il film. Eppure, per poter giocare con i grandi, urgeva un investimento ben fuori portata rispetto alla volontà di rivalsa di Douglas. Così, solamente dopo aver convinto gli amici e colleghi Charles Laughton, Peter Ustinov e Laurence Olivier a unirsi nel cast, la Universal decise di salire a bordo cofinanziando il tutto.
Tutti i premi Oscar al Miglior Film della storia
UNA CORSA CONTRO IL TEMPO
Il problema divenne però di carattere temporale. Infatti anche la United Artist era al lavoro su un soggetto simile dove, a interpretare il leader dei ribelli, era stato ingaggiato il volto più celebre dei kolossal di quegli anni, Yul Brynner. Così, vennero concesse allo sceneggiatore Dalton Trumbo solamente due settimane di tempo per consegnare lo script. I problemi con l'autore non finivano qui, infatti c'era ancora da risolvere la questione della celebre "lista nera", ovvero un elenco di registi, attori, sceneggiatori e mestieranti che, accusati di presunte vicinanze, legami o anche solo simpatie nei confronti dell'ideologia comunista, erano stati banditi dalle produzioni hollywoodiane. Trumbo aveva in quegli anni firmato numerosi copioni, sempre di ottima fattura, sotto diversi pseudonimi ed era pronto a replicare un simile trattamento. Fu Kirk Douglas a opporsi e a forzare la rottura della lista nera che, effettivamente, decadde proprio nel 1960. Così, Trumbo abbracciò la sua rivalsa e tornò a lavorare alla luce del sole, anche grazie all'agire di John F. Kennedy, un'altra figura "rivoltosa" nel suo settore, il quale disobbedì a una raccomandazione istituzionale, si presentò in sala per vedere Spartacus e dichiarò persino di aver gradito la pellicola.
LA SPINA NEL FIANCO DI STANLEY KUBRICK
Ultimo ma non ultimo, ovviamente, Spartacus è considerato dal suo regista il peggior film della carriera. Stanley Kubrick all'epoca era poco più che trentenne. Era reduce dal successo di Orizzonti di gloria (film cercato e voluto proprio da Douglas che scoprì il talento del giovane regista grazie a una proiezione di Rapina a mano armata e che volle dare un'occasione all'autore), non aveva mai lavorato a un kolossal, non aveva mai diretto un gruppo così nutrito di star e non aveva mai nemmeno diretto un film a colori. Quello che però più di tutto preoccupava il regista e non gli andava affatto a genio, era il fatto che Spartacus fosse il primo progetto sul quale Kubrick non poteva avere la tanto agognata ultima parola.
Prima di tutto il suo ingaggio prese il via a lavorazione già iniziata da qualche settimana, in quanto Douglas si trovò costretto a licenziare il regista precedentemente assunto, Anthony Mann, poiché questo non si sentiva portato a una produzione di simile portata. Visto il successo di Orizzonti di gloria, l'attore non esitò a chiamare Kubrick in sua sostituzione, il quale tuttavia non diede vita facile alla troupe sul set dimostrandosi scontroso e soprattutto irriconoscente nei confronti di Douglas che non gli perdonerà mai un simile comportamento (pur riconoscendone il genio artistico). Kubrick era un maniaco del controllo. Per Spartacus, ovviamente, dovette rinunciare a questa prerogativa e il progetto finì così per risultargli indigesto tanto che lo ricorderà sempre come l'esperienza lavorativa meno appagante della sua carriera.
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TUTTI PER UNO E UNO PER TUTTI
Nonostante queste premesse, il film è tutt'oggi ancora considerato come uno dei migliori kolossal di quegli anni mai realizzati. La magniloquenza del cinema di Kubrick si vede e si sente tutta: il regista non rinuncia al suo personale sguardo costruito sulle geometrie spaziali, i campi lunghi, inquadrature geometriche e prospettiche che ingabbiano in una cornice fredda e rigida le mine vaganti al centro del racconto. Il suo controllo maniacale sulla scena prevedeva movimenti precisissimi e matematici assegnati a ogni singola comparsa, torri costruite apposta per poter governare le vaste sequenze di massa (orchestrate egregiamente anche grazie all'aiuto di Saul Bass) e appunti per organizzare al meglio la luce (tra l'altro, le liti tra Kubrick e Russell Metty erano praticamente all'ordine del giorno e un'altra rivalsa fu proprio quando, durante la notte degli Oscar, il direttore della fotografia si aggiudicò la statuetta per questo lavoro). Inoltre, è impossibile non appassionarsi alla grande storia d'amore narrata che, a torto, rischia di passare in secondo piano.
Certo, tutto il progetto ruota attorno alla figura che viene ancora oggi ricordata come "il primo ribelle" della Storia. Eppure Spartacus non teme di porre sotto l'attenzione di tutti la fiamma passionale e focosa tra il protagonista e la sua dolce Varinia. Un amore folle, unico, che si mescola (e si confonde) con quello nutrito nei confronti della tanto sognata libertà. La libertà di uno schiavo di ribellarsi a un impero, di un attore di scegliere i progetti che più lo stimolano, di uno sceneggiatore di porre la firma sul suo lavoro, di un regista di coordinare l'intera progettazione di un film e di un presidente di andare contro il buon costume o presunto tale. Spartacus è il simbolo di tutto questo. Un film nato da tutti questi elementi e, per tutti questi elementi, diventato unico.