L'idea di un sequel si aggirava tra i corridoi della Warner fin dopo lo strepitoso successo di quel film divenuto immediatamente cult. Era il 1997. La bozze del soggetto pareva pronta: sarebbero tornati i Looney Tunes e sarebbe dovuto tornare pure Michael Jordan, questa volta combattendo - sul parquet - contro un terribile alieno che, pensate un po', sarebbe stato doppiato da Mel Brooks. Ma Jordan, nonostante le voci poi smentite, non era interessato a recitare in un secondo capitolo. Allora Space Jam 2 finì più o meno nel cassetto: i successivi tentativi, compreso quello di scritturare Tiger Woods, con "Mr. Air" in un ruolo minore, non furono portati a buon fine. Un nulla di fatto e la delusione dei fan. Via via, però, si avvicinò a grandi leve l'epoca dei sequel, dei reboot, dei prequel, dei remake.
Perché non riprovarci? LeBron James avrebbe preso il testimone, e sarebbe tornata la mitica Tune Squad. Il gioco era fatto. Andando avanti veloce, eccoci all'uscita: Space Jam: New Legends ha incassato globalmente 160 milioni di dollari, poi distribuito negli USA su HBO Max, venendo visto da oltre 4 milioni di famiglie nel primo mese. L'epoca pandemica ha accelerato il processo distributivo e, con il futuro che avanza, un film finisce per avere una vera e propria seconda vita grazie allo streaming. Come dimostra il mercato italiano. Nelle nostre sale, Space Jam: New Legends ha incassato tre milioni di euro, ma dopo quasi due anni è stabilmente nella top 10 dei film più visti in streaming su Netflix. Nonostante, e non è un mistero, il film diretto da Malcolm D. Lee non abbia ricevuto critiche benevole, anzi.
Tale padre, tale figlio?
Si potrebbe ragionare su quanto, effettivamente, il pubblico sia difficilmente o facilmente influenzabile, eppure lo spazio che ritagliamo (di nuovo) verso questo bizzarro sequel è meno scontato di quanto potevamo immaginare. In che senso? Ecco il punto: il sequel di Space Jam poteva essere sviluppato solo in questo modo, e con questi elementi (teoricamente interessanti sia per il nuovo pubblico che per il vecchio), a cominciare dall'arcigno algoritmo. Attenzione, non stiamo dicendo che sia un film riuscito (questa non è una recensione, e se volete leggere la nostra la trovate qui), bensì tentiamo di analizzare il suo messaggio finale e le sue metafore, purtroppo passate quasi del tutto inosservate, e forse schiacciate da una certa responsabilità e una certa attesa che hanno alterato il risultato finale. In questo senso, tutto parte della famiglia: LeBron James è... LeBron. Oltre essere il campione che conosciamo è papà di Darius (Ceyair J. Wright) e Dominic (Cedric Joe). Vorrebbe che seguissero le sue orme, che diventassero anch'essi giocatori di basket. Darius sembra convinto, ma Dom invece no: il ragazzo vorrebbe diventare progettista di videogiochi. I tempi cambiano, e pure i retaggi familiari si assottigliano. Tale padre tale figlio? No, grazie.
Space Jam e Space Jam - New Legends, chi ha incastrato Bugs Bunny?
Le regole? Meglio divertirsi...
In mezzo ad una tracotante CGI e in mezza ad uno script che cerca l'effetto, c'è una riflessione non scontata: anche se sei il figlio di uno dei più grandi player dell'NBA, hai diritto ad avere la vita che vorresti, senza farti influenzare dalla sua ombra. Un dualismo padre e figlio, in cui spicca l'ingombrante figura paterna ossessionata dalla vittoria, dalla perfezione, dal talento. Un'ossessione, come vediamo in Space Jam: New Legends, portata all'estremo, e che gli farà perdere i punti di riferimento. In campo e fuori. Se nel 1996 c'era l'avido alieno Mr. Swackhammer, che voleva rapire i Looney Tunes per renderli attrazione del suo decadente Luna Park, qui è l'algoritmo Al-G (Don Cheadle) a fare la parte del cattivone, intrappolando LeBron e Dominic nel Server-Verso della Warner. Come uscirne? Ovvio: chiedendo aiuto a Bugs Bunny, Duffy Duck, Lola Bunny e ad un'arrugginita Tune Squad.
Ed è qui che troviamo il riflesso più interessante di Space Jam 2: da una parte i fondamentali, le regole, l'atletica. Dall'altra, il bisognoso e necessario ritorno all'essenza pura dello gioco (legata al divertimento), affossata dall'eccessiva spettacolarizzazione dello sport. Una riflessione applicabile al basket NBA e al più "vicino" calcio: la tecnica e la tattica sono state superate dalla velocità, dai muscoli, dalla potenza. Fattori a loro volta contagiati dagli approcci avvicinabili agli e-sport. Trick, skill, potenziamenti sono nel lessico contemporaneo dei gamers, avendo attirato l'attenzione delle nuove generazioni via via meno affascinate da una partita vista allo stadio o in un palazzetto.
Del resto, si crede che sia più divertente essere un avatar, piuttosto che guardare passivamente senza poter dire la propria. Algoritmo che, in un certo senso, ha preso il posto del sudore e del sacrificio sportivo, a sua volta anestetizzato dall'obbligo di vincere, correlato al profitto, ai like e all'apparenza. Ecco, se Space Jam - New Legends potrebbe aver poco di leggendario, è interessante (ri)vederlo sotto un'altra prospettiva, riflettendo su quanto sia necessario e vitale tornare ad una rilevanza sportiva basata principalmente sulla gioia e sulla fantasia. E se ce lo dice Bugs Bunny...