Un sorriso è quanto di più bello possa capitare a una persona. Hai di fronte a te qualcuno che ti sorride, e immediatamente ti senti a tuo agio. Come vedremo nella recensione di Smile, il nuovo film horror in uscita al cinema il 29 settembre, un sorriso può anche essere sinistro, beffardo, mortale. Lo abbiamo ampiamente visto nella storia del cinema: pensiamo al ghigno di Jack Nicholson in Shining, o al sorriso beffardo del Joker. E la lista potrebbe andare avanti. In Smile un sorriso, altamente inquietante e sinistro, appare sul volto di una persona. Se vedete quel sorriso, è meglio scappare. Perché è sicuro, o quasi, che state per morire. Smile vive su questo spunto molto interessante, ma finisce per sviluppare una trama e un finale incoerenti, e per essere un film che, in generale, abusa troppo del jumpscare invece di creare la giusta atmosfera e la giusta tensione. Qualche brivido, però, ce lo regala.
Il sorriso che uccide
Rose Cotter (Sosie Bacon) è una psicoterapeuta che lavora con passione in un ospedale ed è dedita anima e corpo ai suoi pazienti. Un giorno, all'improvviso, vede una paziente morire proprio davanti ai suoi occhi: la donna dice di aver visto qualcosa di fronte a sé e comincia a urlare. Un attimo dopo è calma, lucida e ha un sorriso agghiacciante stampato sul volto. Prende il frammento di un vaso e si taglia la gola. Da quel momento Rose si sente perseguitata. Una sorta di entità sembra passare da una persona all'altra, facendo presagire segnali di morte. Su queste persone appare un sorriso malefico e poi finiscono per uccidersi infliggendosi ferite mortali o subendo atti di violenza fisica.
Come It Follows, The Ring, Final Destination
Sul senso inquietante che può trasmettere un sorriso si potrebbe scrivere un libro e la storia del cinema ne è piena. La cosa interessante di Smile, però, è soprattutto quello schema di un pericolo che non ha un volto e passa da una persona all'altra. In Smile non c'è un vero villain, un vero assassino, né un Freddie Kruger né un Mike Myers. C'è un costante senso di pericolo che si trasmette da una persona all'altra senza che, apparentemente, si possa prevederne lo sviluppo. È uno schema non originale, ma che è sempre interessante. Tra i film più recenti che abbiamo visto ci ricorda It Follows, in cui all'improvviso le persone, catturate da un'entità, iniziavano a seguire in modo lento e inesorabile chi volevano uccidere. Ma possiamo anche pensare alla struttura di The Ring, o a quella della saga di Final Destination. Sono tutti i casi in cui il pericolo, e quindi la morte, viaggiano da una persona all'altra in una sorta di passaggio di testimone.
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Quel senso di contagio, o di persecuzione
A livello metaforico, che si parli di Smile, di It Follows o degli altri modelli, è uno schema che evoca cose ben precise. Da un lato il contagio: un'entità che passa da una persona all'altra sembra quasi voler simboleggiare un virus e assistere a uno schema di questo tipo, dopo gli anni che abbiamo passato, dà un senso molto particolare alla storia. Dall'altro, soprattutto in Smile o in It Follows, c'è il senso di persecuzione, di accerchiamento. È quel no sentirsi sicuri e avere la percezione che il pericolo non sia legato a una persona precisa, ma possa arrivare ovunque. È un senso di precarietà e di insicurezza che molte persone, nella vita, arrivano a provare.
L'abuso del jumpscare
Tutti questi spunti, poi, si inseriscono nella realizzazione del film. Che è quella di un horror piuttosto classico dove la regia sceglie di puntare, prima di tutto, a spaventare lo spettatore e a sollecitarlo di continuo in questo senso. Smile ha un uso reiterato, quasi un abuso del jumpscare, quella tecnica che unisce movimento e suono in modo che lo spettatore salti dalla sedia. Alcuni sono realizzati in maniera studiata e sapiente da regalare qualche brivido, ma l'uso continuo finisce per svelare subito il gioco del film, a scapito dell'atmosfera e della tensione. Ma è tutto il suono in Smile che è particolarmente curato: fate caso al rumore, eccessivo, di quando la protagonista apre una scatoletta con il cibo per gatti.
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Sosie Bacon, figlia d'arte
Il finale, poi, ci sembra svilupparsi in modo piuttosto incoerente rispetto alle premesse del film, alle regole del gioco così come ci erano state presentate e una serie di attori in overacting ci sembrano nuocere ulteriormente al film. Ci sembra spesso in overacting anche la protagonista Sosie Bacon, figlia di Kevin Bacon, che evidentemente deve aver preso molto da lui. È un'attrice che però ha sicuramente delle grandi doti, e una delle notizie migliori di Smile è proprio lei.
Conclusioni
Come vi abbiamo spiegato nella recensione di Smile, il film vive su uno spunto molto interessante, ma finisce per sviluppare una trama e un finale incoerenti e per abusare troppo del jumpscare invece di creare la giusta atmosfera e la giusta tensione. Qualche brivido, però, ce lo regala.
Perché ci piace
- Lo spunto è molto interessante.
- La struttura narrativa, con il pericolo che passa da una persona all'altra, rimanda a It Follows.
- Sosie Bacon è un'ottima attrice.
Cosa non va
- Il film abusa del jumpscare, invece che puntare a costruire la giusta atmosfera.
- Il finale ci pare incoerente con le premesse e la logica della storia.