Sono passati esattamente quindici anni da quando Smallville, serial che combinava le convenzioni del teen drama con quelle del genere supereroistico, debuttò sul canale WB (oggi CW dopo la fusione con UPN). Lo show, creato da Alfred Gough e Miles Millar, era una rilettura moderna della gioventù di Clark Kent (Tom Welling), alias Superman, con un totale di dieci stagioni dedite alla sua graduale trasformazione nel più grande supereroe di tutti i tempi (da notare che il progetto fu proposto come alternativa quando l'idea originale degli autori, un programma analogo incentrato su Bruce Wayne prima che diventasse Batman, fu bocciata dal network e dalla Warner Bros.).
Già durante la messa in onda la serie fu regolarmente - e non del tutto a torto - criticata dai fan dei fumetti per il suo approccio troppo banalmente "giovane", con vari cliché che ancora oggi appesantiscono diversi programmi della CW. In realtà, però, andando oltre questa concessione alle esigenze di network, ci sono dei motivi per apprezzare questa incarnazione delle avventure di Superman, pardon, Clark Kent.
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1. Nuova mitologia
Attualmente molti fan del personaggio criticano l'interpretazione eccessivamente dark ad opera di Zack Snyder, il che ha portato i produttori dell'universo cinematografico della DC ad affermare che agli appassionati non piace la decostruzione dei supereroi. Un giudizio superficiale ed errato, poiché proprio Smallville aveva dimostrato che è possibile rimettere in discussione gli aspetti fondamentali di un'icona come Superman senza incorrere nell'ira funesta del fandom.
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Difatti fu proprio la voglia di esplorare in modo inedito la mitologia kryptoniana ad ottenere l'approvazione maggiore dal pubblico nei primi anni dello show, in particolare al termine della seconda stagione quando fu alterata in modo massiccio la premessa dell'esistenza di Kal-El sulla Terra: suo padre non lo mandò sul nostro pianeta come salvatore, ma come conquistatore. Un colpo di scena che diede all'andamento generale dello show un bello scossone, soprattutto quando la teoria preferita dei fan al riguardo - che Jor-El fosse in realtà un villain sotto mentite spoglie, impressione dovuta soprattutto al fatto che gli prestasse la voce Terence Stamp, già interprete del Generale Zod al cinema - si rivelò errata.
2. Uomo o superuomo?
Tradizionalmente nel mondo di Superman è proprio la parte "super" ad essere considerata quella più importante, a volte a svantaggio del "mite reporter" Clark Kent (basti pensare a quello che succede in Batman v Superman: Dawn of Justice). Sul piccolo schermo c'era già stato un tentativo di inversione di questa tendenza con Lois & Clark, ma è Smallville che ha veramente sottolineato l'importanza capitale di Clark, senza il quale non ci potrà essere Superman (e nel caso di questo show l'alter ego in costume rimase assente fino all'ultimo episodio, e fu comunque necessario ricorrere alla CGI perché Welling rifiutò di indossare l'abbigliamento caratteristico). Più di ogni altro adattamento live-action, Smallville ha saputo dare il giusto spazio al lato umano dell'Uomo d'acciaio, lontano dal cliché del boy scout vestito di blu.
3. Michael Rosenbaum
Anche nei momenti peggiori della serie, praticamente tutti i fan erano concordi su uno degli aspetti uniformemente positivi: l'interpretazione di Michael Rosenbaum nel ruolo di Lex Luthor, la futura nemesi di Superman. Andando a scavare nelle ambiguità di un personaggio che vuole distanziarsi dall'opprimente figura paterna (John Glover), l'attore è riuscito a regalarci un antagonista a tutto tondo, con la struttura seriale che permetteva di esplorarne meglio la psicologia rispetto alle incarnazioni cinematografiche. Per questo motivo Rosenbaum è, per ora, il miglior Luthor in carne ed ossa, ed è abbastanza innegabile che le ultime stagioni sono un po' meno interessanti a causa della sua assenza (scelse di lasciare la serie al termine della settima annata).
4. Mondo DC
Seppure con determinate limitazioni (Batman e Wonder Woman, per citare i due esempi più ovvi, rimasero off-limits), gli showrunner ebbero la possibilità di espandere l'universo di Smallville facendo interagire Clark non solo con vari futuri nemici (Brainiac, Metallo, Zod, Darkseid), ma anche con altri eroi della DC, inclusa una versione ridotta della Justice League, costituita da Aquaman, Cyborg, Impulse (perché anche Flash era embargato) e soprattutto Freccia Verde, reinventato per l'occasione come una sorta di sostituto di Bruce Wayne (mentre in una storyline in particolare ci sono sprazzi di un eroe della concorrenza, Tony Stark). Questo fu molto utile soprattutto a partire dalla quinta stagione, quando fu abbandonata la dimensione liceale dello show e Clark iniziò ad avviarsi verso l'età adulta.
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5. Eredità CW
Sempre a proposito del celebre arciere della DC, si può dire con certezza quasi assoluta che senza Smallville non ci sarebbe Arrow, e di conseguenza tutto l'Arrowverse (The Flash, Legends of Tomorrow). Questo perché fu proprio la performance strepitosa di Justin Hartley, promosso a membro fisso del cast nelle ultime annate della serie, a convincere il network a puntare su un programma dedicato alle gesta di Oliver Queen, ma senza percorrere la strada scontata dello spin-off (sebbene tale ipotesi fosse stata presa in considerazione). Insomma, se oggi i fan dei supereroi possono divertirsi settimanalmente in compagnia di Oliver, Barry Allen e i loro amici, il merito è anche del giovane Clark Kent.
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