Ci sono tutti gli elementi e le caratteristiche di genere al posto giusto per parlare della nuova serie Apple Tv+ nella nostra recensione di Slow Horses, che prende il nome dai "cavalli perdenti" della sezione all'interno dell'MI5 gestita dal Premio Oscar Gary Oldman, dal 1° aprile sulla piattaforma con appuntamento settimanale. Una spy story che rientra in tutti gli stilemi del moderno spionaggio, omaggiando allo stesso tempo anche il noir classico.
Una storia di spie
Adattamento in sei episodi del primo romanzo di Mick Herron, vincitore del CWA Gold Dagger Award, a cura di Will Smith (uno degli autori di Veep, non il protagonista dell'affaire legato agli Oscar), Slow Horses racconta della Slough House, la "casa dei reietti", la "discarica" dell'MI5 che per un motivo o per un altro - soprattutto errori o danni collaterali, come lasciare documenti top secret su un treno oppure rischiare di far esplodere un'intera stazione - si ritrovano a dover rispondere a Jackson Lamb. Lamb è un burbero e trasandato capo sezione interpretato da un Gary Oldman che da un lato strizza l'occhio al proprio Mank e dall'altro omaggia i noir classici, da Il mistero del falco a La fiamma del peccato, con tanto di ufficio disordinato immerso nella nebbia e nel fumo e segretaria accondiscendente (che però si dimostrerà ben più di questo nello spirito del racconto moderno).
Nell'incontro con le storie di spionaggio più contemporanee la narrazione è condita di quell'umorismo tipicamente british, insieme ai colpi di scena da manuale che sveleranno cospirazioni che, come spesso accade in questo tipo di storie, si annidano più dentro casa di quanto si pensi inizialmente. A capitanare il cast, insieme a Oldman, Kristin Scott Thomas, che interpreta Diana (soprannominata simpaticamente Lady D), la responsabile dell'agenzia algida e inflessibile, mentre la squadra di "underdogs" è composta da il vincitore del BAFTA Scotland Award Jack Lowden, e con lui Olivia Cooke, Saskia Reeves, Dustin Demri-Burns, Rosalind Eleazar, Christopher Chung, Paul Higgins, Freddie Fox, Chris Reilly, Steve Waddington, Paul Hilton, Antonio Aakeel, Samuel West. Chiudono lo stuolo di attori che arricchiscono questo cast british e brillante i camei di Sir Jonathan Pryce (non vediamo l'ora di vederlo in The Crown!) e di Sophie Okonedo.
10 serie TV da vedere su Apple TV+
Un omaggio al noir
Come dicevamo Slow Horses non è solamente una spy story contemporanea, che porta alla luce tematiche come il proprio credo attraverso un rapimento di alto profilo - e lo fa tra le righe coinvolgendo un giovane aspirante stand-up comedian che dice "si può scherzare su tutto ma non sulla religione". È anche un omaggio al noir e questo si vede anche attraverso la fotografia sui toni del grigio, fin dalla sigla tipicamente spionistica, coi tasselli del puzzle che si scompongono e rimettono insieme, e la regia dei sei episodi affidata a James Hawes che dimostra di conoscere la materia e di saper giocare in modo dinamico con la macchina da presa e con un montaggio serrato per accrescere la tensione nella visione dello spettatore. Una regia a tratti claustrofobica - ci troviamo costantemente in questi uffici grigi insieme ai personaggi, che siano quelli ufficiali dell'agenzia o quello "rimediato" della Slough House, che sia il "Parco" sede centrale delle operazioni o qualche vicolo buio e fumoso di Londra.
Oldman e Scott Thomas giganteggiano nel mostrare una rivalità di vecchia data che va a scontrarsi più volte, mentre i segreti degli altri personaggi attraverso piccoli flashback verranno dipanati mano a mano davanti agli occhi dello spettatore. Gli attori più giovani offrono interpretazioni altrettanto convincenti, chi più chi meno: ad emergere soprattutto la voglia di fare di Jack Lowden e il cinismo di gran parte degli altri a condire una storia non necessariamente "buonista", per una rivincita dei reietti che quasi strizza l'occhio ai criminali di Guy Ritchie. Slow Horses è in fondo una storia che ben equilibra vecchio e nuovo mondo spionistico ma allo stesso tempo non ha particolari guizzi narrativi a ibridare o rinnovare il genere di appartenenza.
Conclusioni
A chiusura della nostra recensione di Slow Horses possiamo confermare come si tratti di un buon prodotto di intrattenimento che rientra perfettamente negli stilemi del genere spionistico, pur omaggiando anche il noir classico. Un equilibrio narrativo che non straborda né in un senso né nell’altro, e colpisce grazie soprattutto all’interpretazione di Gary Oldman, anche se sembra un po’ troppo abbonato al ruolo del burbero asociale, e di Kristin Scott Thomas, anche lei oramai affidata al personaggio di algida “donna dietro le quinte”. Una serie di colpi di scena più o meno prevedibili condiscono una narrazione a volte eccessivamente lenta che però vive grazie al cinismo british onnipresente.
Perché ci piace
- L’elemento spy e noir che vanno a mescolarsi insieme.
- Il cast ben capitanato da Gary Oldman e Kristin Scott Thomas.
- Le tematiche affrontate come la religione…
Cosa non va
- …anche se a volte troppo superficialmente.
- Un ritmo forse eccessivamente lento in alcuni episodi.
- Alcuni sviluppi in parte prevedibili e non particolarmente brillanti.