Recensione Slender Man: Non è il solito teen horror…

La recensione di Slender Man: il film di Sylvain White è un horror psicologico e d'atmosfera, lontano dai teen horror a cui siamo abituati.

Slender Man Joey King
Slender Man: Joey King in una scena del film

Il terrore corre sul filo, titolava un classico di Anatole Litvak. Oggi è ancora così: non è il filo del telefono, ma quello di una connessione internet. Che magari è wireless. Quella della minaccia che arriva tramite qualche mezzo di comunicazione è una storia lunga, e continua anche in Slender Man, film horror molto particolare che arriva per raggelare con qualche brivido questi ultimi giorni d'estate. Tutto comincia con un video: è straniante e malato come quello di The Ring ma, segno dei tempi, non arriva da una videocassetta; è un video su YouTube. Quattro ragazze del liceo, in una cittadina del Massachussets, cliccano su un link, e poi sul video in questione, per sfatare il mito di cui hanno sentito parlare, quello di Slender Man. Ma, quando una delle ragazze scompare, capiscono che non è solo una leggenda metropolitana.

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L'horror che non ti aspetti

Slender Man è un horror molto particolare, diverso dalla media di quelli che siamo abituati a vedere ultimamente. Merito della produzione indipendente (sostenuta poi dalle major per la distribuzione, Sony in USA e Warner in Italia) e della confezione a cura di due artisti europei, il regista francese Sylvain White e il direttore della fotografia di origini italiane Luca Del Puppo. Slender Man è un horror che non abusa dei jumpscare (pur utilizzandoli in un paio di occasioni): è più un horror psicologico e d'atmosfera, di sensazioni, di turbamenti. Pur avendo per protagoniste delle teenager, ed essendo ambientato in un classico liceo americano, è piuttosto lontano dai teen horror che siamo abituati a vedere ultimamente (vedi, per fare un esempio recente, Obbligo o verità).

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Quale pubblico?

Slender Man Joey King Julia Goldani Telles
Slender Man: Joey King e Julia Goldani Telles in una scena del film

In teoria è un'arma a doppio taglio. Slender Man è qualcosa di più simile a un film autoriale, a un film adulto, che a un teen horror. E allora potrebbe lasciare spiazzato un pubblico molto giovane, che magari cerca emozioni più immediate e colori più vividi, magari quelli delle varie produzioni Blumhouse che in questi anni hanno monopolizzato il genere. Potrebbe invece soddisfare qualche palato più raffinato, in cerca di un prodotto più ricercato: però un pubblico di questo tipo andrà a vederlo, o lo eviterà scambiandolo per un teen horror? Una possibilità a questo film va data, perché cerca una sua via personale. Oltre a non seguire le tendenze dei prodotti Blumhouse, non cerca di inseguire neanche lo stile delle serie tv, come aveva fatto un film come It. Che, sia chiaro, facendo questo era però riuscito a coinvolgere e spaventare.

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Slender Man fa paura?

Slenderman

Perché il punto, in fondo, è proprio questo. Slender Man fa paura? A tratti.
Ma, alla fine, non spaventa poi tanto. È più un film che disturba, insinua un disagio, crea inquietudine.
E, se da un lato ha delle protagoniste credibili in quanto ragazze della porta accanto (e non le solite bellone che sembrano essere un topos obbligato dell'horror), dall'altro non riesce a creare la giusta empatia tra loro e il pubblico per coinvolgere fino in fondo, per farci entrare nella storia.

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Tra Magritte, Il pifferaio di Hamelin e Tim Burton

Slender Man

Cosa resta, dunque di Slender Man? Paura o non paura, resta molto. La fotografia di Luca Del Puppo e la regia di Sylvain White fanno di Slender Man un film crepuscolare, monocromo, onirico, autunnale. Le cose migliori sembrano essere in quel video stregato che fa precipitare nell'incubo, un video disturbante, ipnotico, stordente, che incute paura quasi a livello subliminale e che, come detto, ricorda il video di The Ring, ma anche - seppur per pochi sprazzi - qualcosa dei primi corti di David Lynch. E poi resta, sicuramente, questa figura, Slender Man, creata nel 2009 da Victor Surge per un concorso fotografico sul sito Something Awful.
Slender Man ha meno di dieci anni. Ma sembra essere una di quelle figure che esistono da secoli. Forse perché è presente nel nostro inconscio. Quest'uomo senza volto, alto ed elegante, con le mani come rami che diventano artigli, sembra uscito da un quadro di Magritte virato in horror. La sua natura di incantatore di ragazzi rimanda a Il pifferaio di Hamelin (esplicitamente citato nel film), leggenda tedesca diventata una fiaba dei Fratelli Grimm. Potrebbe essere uscito da un film di Tim Burton, e infatti i Vacui di Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali devono molto a questa figura. No, non ci leveremo facilmente Slender Man dalla testa. Siamo caduti anche noi nel suo incantesimo?

Movieplayer.it

2.5/5