Accade che le "cose" (in senso astratto) arrivino nel momento giusto e nel posto giusto, aprendo o chiudendo un ipotetico cerchio. Anche le cose più piccole, quelle che potrebbero passare inosservate, sono invece cariche di significato. Non di rado, è proprio il cinema o la serialità a venirci in aiuto, rigenerando il pensiero, in qualche modo salvandoci. Perché tutti, prima o poi, abbiamo bisogno di essere salvati. Solo dopo lo sguardo cambia, si apre, diventa leggero. E allora, nel periodo di "reclusione pandemica", condivisa con mezzo mondo, ecco l'incontro destinato ad illuminare la potenza di una generazione da proteggere e tutelare che, mai come prima, ha davvero un punto di riferimento seriale da cui poter solo imparare. Cinque anni fa, in sordina e senza troppo clamore, iniziava su TimVision Skam Italia. Era il 29 marzo 2018, e la prima puntata si intitolava Sembri una putt*na.
A scriverla e dirigerla, basandosi sul format norvegese, Ludovico Bessegato, con la regia che, nelle successive stagioni, intanto distribuite anche da Netflix (che portò al tripudio il marchio), si alternava tra Ludovico Di Martino e Tiziano Russo. Stessa cosa la sceneggiatura: attorno a Bessegato, delle eccellenti firme (Alice Urciulo, Anita Rivaroli, Marco Borroemi, Ludovico Di Martino) che, con semplicità e puntualità, hanno descritto e riscritto un meraviglioso gruppo di "pischelli". Perché si fa presto a dire teen-ager quando, lo sfondo onnisciente e protagonista, è una Roma di accecante e florida bellezza, lontana dalle cartoline eppure così palindroma da racchiudere il concetto di "Amor". Nessun altro posto è come Roma, nessun'altra città ha la luce di Roma. Una consapevolezza geografica fondamentale, mischiata all'approccio pop e ad una soundtrack da playlist che, ogni volta che parte, è un colpo al cuore: da Gazzelle a La musica di FORTE, ogni nota è un'immagine che rende idea e tonalità.
Generazione Skam
Come detto, la folgorazione, per chi sta sta scrivendo, arrivò in quelle giornate tutte uguali, mentre fuori imperversava la primavera. È impossibile stare al passo con la distribuzione, e molte cose, un po' per pregiudizio e un po' per mancanza di tempo, vengono tralasciate. Il tempo corre, e stare dietro a tutto richiede uno sforzo notevole. Ma quando il tempo si è fermato (frase fatta, ma è stato letteralmente così), abbiamo più o meno sentito il bisogno di vicinanza. E in Skam Italia, la vicinanza, è il concetto principale. Un "recupero" salvifico, quattro stagioni divorate. Quarantadue puntate viste in fila, senza sosta. Il punto d'appiglio, la vita di Roma, che avremmo rivisto poco dopo, e la luce di un'adolescenza pura e gagliarda, diretta e irresistibile.
Dunque, il primo pensiero: "Dio, cosa avremmo potuto dare per aver anche noi, a diciassette anni, una serie del genere". Perché va bene Dawson's Creek, va bene The O.C., va bene Beverly Hills 90210, ma Skam Italia è un limpido riflesso in cui potersi riconoscere. Sì, anche se la campanella della scuola è un lontano ricordo, e magari sotto il banco hai lasciato quella lettera che non leggerà mai. Affrontare uno show come Skam, quando hai ampiamente varcato la soglia delle responsabilità, è una sorta di shock. Di più, un dolore lancinante.
La sensazione è di non aver vissuto, di non aver mai avuto quell'adolescenza stralunata e fisica messa in scena nelle cinque stagioni, in un'ellisse che comprende Eva, Giovanni, Silvia, Eleonora, Sana, Martino, Elia, Luchino, Federica, Luca, Edoardo, Malik, Asia, Viola, Filippo, Niccolò, interpretati dalla stupefacente "generazione Skam", che ha finalmente garantito un futuro all'audiovisivo italiano: Ludovica Martino, Ludovico Tersigni, Nicholas Zerbini, Francesco Centorame, Federico Cesari, Martina Lelio, Mehdi Meskar, Benedetta Gargari, Greta Ragusa, Lea Gavino, Rocco Fasano, Pietro Turano, Beatrice Bruschi, Giancarlo Commare. In ordine sparso abbiamo provato a citarli tutti, perché l'universo di Skam Italia, pur diviso in stagioni che si concentrano su uno o un gruppo ristretto di personaggi (la quinta stagione, meravigliosa, approfondisce i tormenti di Elia), non potrebbe esistere senza il concetto di comitiva. Quel muretto che si allunga dal Liceo Scientifico J.F. Kennedy fino ai profili più a Est della Capitale, tornando poi a respirare l'aria immortale degli Acquedotti o del Centro Storico.
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Voglia di drink, e di venerdì
E poi, l'elemento dello "skam", che tradotto vuol dire "vergogna". Il filo di ogni storia, di ogni dettaglio, soppesato per essere specchio lucido di una generazione in preda alle ansie e in preda alle aspettative, schiacciati dal dovere di amare e dal bisogno di identità, scrollandosi in forma letterale l'archetipo della Generazione Z. Sì, cosa avremmo dato per crescere come loro, prendendoli per idoli, per esempi, per fratelli o per sorelle. Quanta nostalgia di quegli anni migliori, volati come fosse un gabbiano che si sveglia all'alba, accompagnando i barcaroli di un biondo Tevere che "si è fatto moro". Così, dopo cinque anni e dopo cinque stagioni, si tira la prima riga di un tema intimo e personale: Skam Italia è l'ideale dietro l'adolescenza e dietro la primavera, l'ardore di un'età complicata e irrinunciabile.
Da I ragazzi del muretto a Skam Italia: l'evoluzione del teen drama italiano
Un diario dei ricordi, che abbiamo potuto sfogliare ad anni-luce di distanza, accarezzando il tratto profondo di una penna blu che scrisse TVB. Ma se la malinconia invade testa e cuore, sale la certezza più bella: grazie alla sua empatia, alla sua passione, alla sua qualità tecnica e narrativa, lo show di Ludovico Bessegato aiuta gli adolescenti nel guardare la vita da una prospettiva diversa, divenendo tesoro prezioso ancora prima che eccezionale storytelling. Perché se a noi, ormai grandi, le responsabilità emozionali ci tengono ancora svegli, saranno oggi quei "pischelli" a sentirsi finalmente meno soli e meno sbagliati, condividendo attese, lacrime e sorrisi, compiti in classe e primi baci. Tutti sotto lo stesso cielo color oro e carminio, ad anticipare una notte che vorremmo non finisse mai.