Ti relazioni a un personaggio e trovi quel personaggio dentro te stessa. Tutti quanti fanno parte di me.
Negli anni Settanta, quando muoveva i primi passi nel mondo del cinema, Sissy Spacek si è fatta conoscere come la "ragazza di campagna" avviata a diventare uno dei nuovi volti della New Hollywood. Un obiettivo che Mary Elizabeth Spacek, nata il 25 dicembre 1949, ha perseguito con strenua determinazione, abbandonando la sua cittadina natale nel Texas, Quitman (un minuscolo centro con poco più di mille abitanti), per tentare in ogni modo di mettere a frutto il proprio talento: dall'ambiente della musica country alla Factory di Andy Warhol, dalla scuola di recitazione di Lee Strasberg fino al suo debutto a Hollywood nel thriller Arma da taglio, del 1972.
Un anno più tardi è un regista esordiente, un certo Terrence Malick, a ingaggiarla nei panni di una teenager del South Dakota che, stanca della noiosa vita di provincia, si abbandona a un'esistenza da fuorilegge al fianco di un ex soldato venticinquenne di ritorno dalla guerra di Corea (Martin Sheen). L'opera in questione, La rabbia giovane, diventerà un film-simbolo del ribellismo di quell'epoca e contribuirà in maniera significativa a lanciare la carriera di Sissy Spacek; la quale, fra l'altro, proprio sul set di Malick conoscerà lo scenografo Jack Fisk, con cui è sposata dal 1974.
La lunga carriera di una "ragazza di campagna"
I primi ruoli di Sissy Spacek, quelli che la consacrano fra il pubblico, sono legati da questo fil rouge: l'ingénue acqua e sapone, spesso ancora adolescente (i tratti delicati del viso dell'attrice la fanno apparire molto più giovane della sua età), ma con un misterioso "lato oscuro" in procinto di emergere con tutto il suo carico di inquietudine. Un modello piuttosto anticonvenzionale, per i canoni di Hollywood, ma tale da rendere Sissy Spacek una figura a suo modo unica nel panorama del cinema americano. A partire dal 1980, invece, l'enorme successo de La ragazza di Nashville e la vittoria dell'Oscar la traghetteranno verso quell'immagine di donna 'adulta' e indipendente che la Spacek avrebbe riproposto in molte delle sue performance più celebri.
In seguito la sua filmografia si è arricchita di parti da comprimaria, ma in titoli spesso di grande valore: da JFK di Oliver Stone ad Affliction di Paul Schrader, da Una storia vera di David Lynch a The Help di Tate Taylor, mentre nel 2018 è stata la partner romantica dell'ottuagenario Robert Redford in Old Man & the Gun. Vale la pena citare anche la sua attività per la TV, intensificatasi proprio nell'ultimo decennio, quando ha recitato per serie quali Big Love, Bloodline, Castle Rock e Homecoming. Tornando al cinema, invece, ripercorriamo di seguito l'itinerario artistico di Sissy Spacek attraverso una classifica dei suoi più bei ruoli in alcuni tra i migliori film a cui ha preso parte nel corso degli anni.
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5. Missing (1982)
Angoscia, coraggio, ostinazione: sono gli ingredienti che in Missing accomunano Beth ed Edmund Horman, rispettivamente la moglie e il padre del giornalista statunitense Charles Horman, scomparso all'improvviso in Cile mentre era impegnato a realizzare la cronaca di un colpo di stato militare. Beth, giovane attivista politica, ed Edmund, cinquantenne borghese messo di fronte agli orrori del regime di Augusto Pinochet, sono impersonati magnificamente da Sissy Spacek e Jack Lemmon, entrambi candidati all'Oscar, in questo raggelante capolavoro di Costa-Gavras, vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes 1981.
4. Tre donne (1977)
Timida, silenziosa, sfuggente, ma anche un'attenta osservatrice che, nel corso del film, intraprenderà una progressiva metamorfosi in un sorprendente gioco di potere: Pinky Rose, la ragazza interpretata nel 1977 da Sissy Spacek in Tre donne, è uno dei personaggi più oscuri ed ermetici del cinema di Robert Altman, e l'attrice ne tratteggia le ambiguità e il senso di insicurezza con una prova "in sottrazione" tutta basata sull'espressività del volto e su piccoli gesti. Tra i film più sperimentali e intriganti diretti da Altman negli anni Settanta, Tre donne è interamente imperniato sul rapporto fra Pinky Rose e la sua loquace collega Millie Lammoreaux, nonché sul superbo duetto fra le due protagoniste, Sissy Spacek e Shelley Duvall.
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3. In the Bedroom (2001)
Una performance carica di quieta sofferenza è quella offerta nel 2001 da Sissy Spacek in In the Bedroom, acclamata opera prima del regista e sceneggiatore Todd Field, rivelatasi uno dei maggiori successi del cinema indipendente di inizio millennio. La Spacek presta il volto a Ruth Fowler, che insieme al marito Matt (Tom Wilkinson) è costretta a fronteggiare il dolore per l'uccisione del figlio Frank (Nick Stahl) in un dramma familiare in cui l'elaborazione del lutto si intreccia con il desiderio di giustizia e di vendetta. Grazie a In the Bedroom, l'attrice ha ricevuto il Golden Globe e la sesta candidatura all'Oscar della propria carriera.
2. La ragazza di Nashville (1980)
Fra i titoli che hanno rilanciato l'inossidabile moda hollywoodiana per i racconti biografici va annoverato senz'altro uno dei maggiori campioni d'incassi al box office americano del 1980: La ragazza di Nashville, ricostruzione della giovinezza e dell'ascesa professionale di una delle massime icone della musica country, Loretta Lynn (il titolo originale, Coal Miner's Daughter, è ripreso da una canzone autobiografica della Lynn). Diretto da Michael Apted, il film si regge completamente sulle spalle di Sissy Spacek: dall'aderenza mimetica a Loretta Lynn all'intensità con cui restituisce la grinta e la dolcezza della star del Kentucky, mettendo in mostra al contempo anche le proprie doti canore. Per La ragazza di Nashville, la Spacek ha ottenuto il premio Oscar e il Golden Globe come miglior attrice.
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1. Carrie (1976)
Se per molti interpreti esiste uno specifico ruolo a cui la loro immagine resterà per sempre legata, a prescindere dall'ampiezza delle loro filmografie, per Sissy Spacek tale ruolo è senz'altro Carrie White: nell'immaginario collettivo, il viso diafano e lentigginoso della Spacek corrisponde infatti a quello del personaggio eponimo del romanzo d'esordio di Stephen King, da cui nel 1976 il regista Brian De Palma ha tratto uno dei più celebri horror del decennio. E se Carrie costituisce un cult intramontabile, il merito risiede in primo luogo nella prova da brivido di Sissy Spacek, ricompensata con la sua prima nomination all'Oscar: negli occhi spalancati dell'attrice si susseguono man mano l'ingenuità paralizzante della ragazza, il suo sogno di normalità da opporre ai soprusi della mostruosa madre Margaret (Piper Laurie) e, infine, un entusiasmo adolescenziale destinato a tramutarsi in un atroce senso di umiliazione e in una furia devastante che non lascerà scampo.
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