Simone Bozzelli, tra Patagonia e Tripolare: "Cerco un cinema contro la propaganda della perfezione"

Le T.A.T.U. su Mtv, il cinema indipendente italiano, i rave di Patagonia e un nuovo film in fase di scrittura: la nostra intervista a Simone Bozzelli, che ha appena vinto il premio Vedomusica per il videoclip della canzone Vitamina Life di Tripolare.

Simone Bozzelli in una foto di Federico Papagna

Lo dice lo stesso Simone Bozzelli, con cui abbiamo passato mezz'ora al telefono: "il cinema italiano è pieno di nuovi autori, ma i film andrebbero accompagnati a dovere". Abbiamo intervistato il regista di Patagonia in occasione del premio Vedomusica (sezione della Mostra del nuovo cinema di Pesaro), vinto per il videoclip del brano Vitamina Life di Tripolare. "Una regia che unisce diverse tecniche, seguendo una messa in scena essenziale", si legge nella motivazione che ha accompagnato la vittoria di Bozzelli, abruzzese classe 1994, diplomatosi al Centro Sperimentale di Cinematografia.

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Simone Bozzelli in posa per la Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro

A proposito di esordi, Bozzelli, dopo diversi videoclip e cortometraggi, ha esordito nel 2023 con Patagonia, presentato in anteprima al Festival di Locarno. Un film che profuma di solitudine, di indipendenza, di scelte e di coraggio, in un girovagante quadro che ha per sfondo il mondo dei rave. Come prima cosa, chiediamo all'autore se il rapporto tra cinema e musica sia in qualche modo propedeutico nella sua idea di regia: "Nel cinema sono partito dal montaggio, perché da grande volevo fare il montatore. Questa cosa mi ha avvantaggiato, perché hai la consapevolezza del finale di un'opera. Nel mondo del videoclip deve esserci ritmo e scansione delle immagini. In un certo senso i videoclip alfabetizzano chi crea poi il cinema".

Simone Bozzelli, la nostra intervista al regista

Patagonia Simone Bozzelli Locarno 2023
Simone Bozzelli a Locarno 2023

Chiacchierando con Bozzelli, e ripensando tanto a Patagonia quanto al video di Vitamina Life, chiediamo lui se l'estetica Anni Novanta stia in qualche modo tornando. "Abbiamo interiorizzato quel tipo di estetica e colori", spiega a Movieplayer.it, "E abbiamo interiorizzato anche i formati. Ho girato in 16mm, e se mi chiedono perché mi piace la pellicola, è perché in bassa definizione ho visto tutto quello che mi ha cresciuto. Le VHS, i DVD, un film scaricato in .AVI. L'ispirazioni per il video arrivano dalle sperimentazioni visive Paolo Gioli e da Kenneth Anger, che sono entrambi autori che hanno spinto sulla sperimentazioni". Per quanto riguarda i video, anche Bozzelli è cresciuto guardandoli il pomeriggio su Mtv. "Se devo scegliere un video di riferimento, dico All the Things she Said delle T.A.T.U.. Da quel video ho ereditato la passione per quei colori decisamente acidi. E poi tutti i video dei Depeche Mode".

Patagonia e l'altro lato della realtà

Con Simone Bozzelli abbiamo affrontare anche alcuni temi che si legano ad una poetica comune, per quanto riguarda i nuovi registi: la decadenza. Patagonia, nello specifico, enfatizza in modo preciso una location rovinosa, destrutturata. "Per forza di cose, oggi lo scenario è più sporco. In Patagonia siamo nel mondo dei rave. Come spiego questa decadenza? È qualcosa che arriva dalla perfezione che arriva dal nostro telefono, siamo bombardati dalla propaganda della perfezione. E sento il bisogno di far vedere l'altro lato della realtà".

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Sul set di Patagonia

Tra gli altri elementi universali di questo nuovo cinema italiano ci sono le allegorie, in Patagonia enfatizzate tramite l'utilizzo degli animali. "Le metafore e le similitudini arrivano da una necessità e da una giustezza nell'avere un segreto. È importante per una persona dei lati nascosti. Nei film e nei video lascio sempre una percentuale di segretezza, come il bambino di Patagonia.. è figlio di Agostino oppure no. Nella vita non tutto è tracciato".

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Bozzelli e il nuovo cinema italiano (che finalmente avanza)

Patagonia Augusto Mario Russi Andrea Fuorto
Patagonia: l'abbraccio tra Augusto Mario Russi e Andrea Fuorto

Simone Bozzelli è solo uno dei tanti nuovi registi italiani, che puntano su una forte identità poetica, sfidando le regole di un'industria settata in funzione dei grandi nomi e degli incassi facili (che facili non sono). "In questo momento si producono tante opere prime, ma come ogni neonato vanno protette e accompagnate. Non parlo del mio caso, ma le produzioni e le distribuzioni dovrebbero aiutare maggiormente in questo percorso. Spesso le opere prime non hanno l'appeal del grande nome, e mi da fastidio quando ci viene rivendicato questo in fase di produzione. Una recriminazione contraddittoria, perché un'opera prima ha la caratteristica di avere un budget più basso. Poi, un film d'esordio, nell'ottica della distribuzione, dovrebbe avere più attenzione quando arriva nelle sale: meglio programmarlo in una sala piccola che in un multiplex. La distribuzione è parte del discorso, ma poi il gioco lo fanno anche gli esercenti, e penso ad ottimi esempi come il Beltrade o il Cinema Troisi. Lì c'è un'operazione di curatela e di attenzione verso il pubblico. E questo è importante".

Il materiale umano c'è, è però difficile trovare la formula giusta. O, come spiega Simone Bozzelli, "il giro giusto". "Sicuramente vedo tanti autori, anche miei amici, come Santambrogio a Parroni, che stanno facendo questo lavoro, e anche molto bene. È un peccato però non fare ingresso in società, in cui si viene in qualche modo battezzati. C'è il rischio di conoscersi, sì, ma solo tra di noi. Penso agli esordienti candidati ai David... non vado a sindacare le scelte dell'Accademia, ovvio, anche perché per i Nastri d'Argento è avvenuta più o meno la stessa cosa. È un discorso di sistema. Sarebbe da ripensare la nostra industria, ma è sempre difficile trovare la formula giusta in provetta. La rivoluzione accade dopo un caso specifico, che riscrive le regole, e quindi speriamo solo arrivare nel giro giusto". Se Patagonia, almeno secondo noi, è già in un giro giustissimo (la qualità è un club di cui fanno parte in pochi), magari il prossimo film di Bozzelli potrebbe essere "il caso specifico" cercato: "Sto scrivendo un soggetto originale, molto diverso da Patagonia", confida il regista, in chiusura d'intervista. "Rimanere negli stessi luoghi e negli stessi generi non fa bene al cinema".