Vi ricordate quando nella seconda stagione di Lost ci veniva presentato il personaggio di Desmond che inseriva un codice ogni 108 minuti nella botola, senza porsi domande sul perché lo facesse e perché fosse stato messo lì con quel compito, finché non iniziava a mettere in dubbio la propria esistenza? È da un incipit simile che prende il via Silo, la nuova serie drammatica dal 5 maggio su Apple Tv+ dopo aver aperto Canneseries. Quella trama secondaria nella serie che ha cambiato la tv moderna diventa il filo principale da dipanare nel nuovo show Apple Tv+ Original, pronto a raccogliere settimana dopo settimana nuovi spettatori come ha fatto l'anno scorso il già cult Scissione, di cui aspettiamo spasmodicamente la seconda stagione. Nella recensione di Silo proveremo a capire analogie e differenze con l'illustre precedente e perché promette di essere il nuovo prodotto sulla bocca di tutti.
La verità è la fuori
Prendiamo in prestito uno dei tormentoni di X-Files, altro importante precedente di genere, per presentare la situazione in cui si trovano i protagonisti all'inizio di Silo. Adattando la trilogia di romanzi distopici di Hugh Howey, bestseller del New York Times, Graham Yost ha preso le atmosfere western di Justified e quelle truffaldine di Sneaky Pete per costruire un mondo che ricorda lo Snowpiercer, la quinta stagione di Agents of S.H.I.E.L.D. così come tanti universi distopici confinati. La popolazione dopo una certa ribellione di cui non sanno i dettagli di ben 140 anni prima e il Patto sigillato successivamente, vive confinata dentro l'enorme Silo del titolo, che si espande sottoterra a vari livelli per oltre un miglio, per mantenere le classi sociali e gerarchiche all'interno della (nuova) società. Ci sono varie regole ma la principale è non chiedere mai di voler andare "là fuori", pena la morte. O meglio, pena l'essere lasciati liberi in un contesto senza Legge che, dalle finestre che le persone possono osservare dall'interno, sembra un mondo abbandonato a se stesso e invivibile, dove non c'è speranza di sopravvivenza e nell'aria si diffonde solo veleno.
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La domanda
Cosa succede però se qualcuno - nello specifico, la moglie e lo sceriffo, primo rappresentante della Legge e dell'Ordine all'interno del Silo - inizia a domandarsi se non sia tutta una farsa e si possa benissimo vivere nel mondo al di là dei finestroni anneriti e sporchi? Ma in caso affermativo, chi mai vorrebbe fare una cosa del genere e perché confinare tutta l'umanità rimasta? O si tratta solamente di una parte di essa?
Tante le domande che fioccano non solo tra la popolazione, ma soprattutto nella mente degli spettatori, chiamati direttamente in causa su cosa farebbero al posto dei personaggi. Si tratta di un'allegoria delle tirannie e dei governi simili: perché accettare ciecamente ciò che ci viene detto senza mai metterlo in dubbio? Perché l'umanità sembra sempre pronta - la Storia con la S maiuscola ci insegna - ad asservirsi ad un potere più grande o comunque a qualcuno che prenda le decisioni per lei? Parallelamente il binomio e la dicotomia scienza e fede di lostiana memoria torna prepotente in questo nuovo show, che utilizza il genere per raccontare in realtà un grande dramma umano, in cui tutti possiamo ritrovarci. Credere ciecamente in un Sistema come in qualcuno che ci dice che quel Sistema è una grande menzogna non è ugualmente folle? Perché abbiamo così disperatamente bisogno di credere? Vogliamo davvero essere convinti o vogliamo solamente una conferma che possiamo affidarci a qualcun altro per le nostre scelte più esistenziali, senza dovercene prendere la responsabilità?
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Ensemble funzionale
È variegato e azzeccato il cast messo insieme per l'adattamento televisivo di Silo, diretto dal candidato all'Oscar per The Imitation Game Morten Tyldum che riporta bene quel senso di claustrofobia da In difesa di Jacob (sempre su Apple Tv+), con una fotografia sui toni del marrone e dell'ocra, per farci percepire la polvere attraverso lo schermo. Il confinamento è sempre gioia e dolore della lunga serialità poiché apre moltissime strade pur in uno spazio chiuso, ma non sempre queste riescono a trovare nuovi luoghi da esplorare: le premesse per Silo però sono solide e già Yellowjackets ci ha dimostrato che è possibile prendere l'eredità di uno show come Lost diventando però qualcos'altro e discostandosene in modo intelligente e funzionale.
Tra gli interpreti (ri)troviamo da serie passate David Oyelowo (Les Miserables, Omicidio nel West End, vincitore del Critics Choice Award e del NAACP per Selma), Rashida Jones (Parks and Recreation), Common (The Chi), Harriet Walter (Succession), Chinaza Uche (Dickinson), Avi Nash (The Walking Dead), il premio Oscar Tim Robbins (Here and Now, Castle Rock) e Rebecca Ferguson (che ritrova le atmosfere di Dune e Mission: Impossible ed è anche produttrice esecutiva). Il climax narrativo dello show funziona e ci aspettiamo che tenga incollati allo schermo gli spettatori settimana dopo settimana in modo simile (anche se meno eclatante) di Scissione, vera sorpresa e gioiello della piattaforma. Questo perché il punto di vista della storia cambia continuamente e, proprio quando pensiamo di averlo capito, si modifica ancora, finendo inghiottito da una serie di colpi di scena ben assestati che vanno a modificare continuamente la realtà presentata davanti allo schermo al pubblico. Proprio come la realtà distorta presentata sugli schermi nel Silo alla popolazione di questa storia. La verità può uccidere o sono più pericolose le bugie? Questa è la domanda. A Silo l'ardua risposta.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Silo così come l’abbiamo iniziata, con entusiasmo e curiosità, che speriamo siano gli stessi sentimenti che proveranno gli spettatori nel vederla. Il nuovo drama prende in modo intelligente l’eredità di Lost e Scissione creando qualcosa di nuovo, adattando il romanzo originario in modo claustrofobico e sporco, proprio come deve sentirsi continuamente la popolazione protagonista, che inizia a farsi domande sulla propria quotidianità. Ora tutto sta alle conseguenze che queste domande portano nella vita dei personaggi, interpretati in modo coinvolgente .
Perché ci piace
- Prendere l'eredità di Lost e Scissione ma sa discostarsene.
- Un adattamento claustrofobico e dai colori marroni e ocra come la polvere di terra.
- Il cast ottimamente scelto.
- Il continuo cambio di punto di vista e i colpi di scena.
Cosa non va
- Potrebbe sembrare che riveli troppo fin dall’inizio.
- Pesca a piene mani da chi è venuto prima di lei.