Una leggenda del grande schermo. Un'icona sociale e un riferimento artistico. È scomparso, all'età di 94 anni, il grande Sidney Poitier, primo attore afroamericano a ricevere un Premio Oscar nel 1964 e precursore indiscusso per gli interpreti black all'interno del panorama cinematografico statunitense (e non soltanto).
Con il suo talento, il peso delle sue scelte e i ruoli che ha interpretato, Poitier è stato un riferimento per la comunità afroamericana. Tuttora vessata e spesso attaccata da echi razzisti e suprematisti, negli anni Sessanta (il periodo in cui l'attore si affermò al grande pubblico) essa viveva in condizioni inaccettabili, tra rigurgiti di segregazione negli Stati meridionali degli USA e mancata integrazione nella quasi totalità degli altri. Difficilmente si sarebbe potuto immaginare come un artista nero riuscisse a raggiungere popolarità e successo, diventando un esempio di coraggio e una stella polare da seguire per moltissime persone, tanto in America quanto nel resto del mondo.
Nato nel 1927 a Miami, in Florida, Sidney Poitier era figlio di due commercianti bahamiani, i quali si stabilirono successivamente nell'originaria isola: prima a Cat, poi a Nassau. Divenuto adolescente, Sidney si trasferì con il fratello nuovamente a Miami, prima di arrivare a New York nemmeno maggiorenne. Nel 1943 si arruolò nell'esercito, ma non fu affatto un'esperienza facile, sebbene lo formò molto umanamente. Dopo il congedo, Poitier iniziò a coltivare il desiderio della recitazione, che culminò con alcuni provini teatrali e l'ingresso in una compagnia di attori neri (quasi sempre costretti a unirsi tra loro per sperare in seguito in un ingresso in scritture allora "riservate" ai bianchi).
La sua determinazione gli consentì di ottenere i primi ruoli per il cinema e la televisione, diventando in poco tempo una rivelazione all'interno di Hollywood grazie alle partecipazioni a opere estremamente significative, affermandosi successivamente come una figura centrale, soprattutto tra gli anni Cinquanta e Settanta. Andiamo dunque a riscoprire quali sono stati i migliori film di Sidney Poitier, ricordando in particolare cinque titoli che hanno contraddistinto la carriera dello straordinario attore americano.
1. Uomo bianco tu vivrai! (1950)
Possiamo essere felici, abbiamo diritto di esserlo...
I fratelli Rey (Richard Widmark) e Johnny Biddle (Harry Bellaver) restano feriti durante uno scontro a fuoco con la polizia. I due criminali verranno consegnati alle cure del dottor Luther Brooks (Sidney Poitier) il quale, durante il ricovero, sospetterà che Johnny possa essere affetto da una grave malattia. Durante un intervento, però, l'uomo morirà. Così, Rey non perderà tempo nell'accusare Brooks di aver ucciso il fratello, tanto da agitare una numerosa folla contro gli abitanti del quartiere dove vive il medico, popolato dalla comunità afroamericana. Ma i fatti daranno ragione a Luther, che si dimostrerà pronto ad aiutare chi si è proclamato suo nemico...
Diretto da Joseph L. Mankiewicz e scritto dal regista insieme a Lesser Samuels, Uomo bianco tu vivrai (titolo originale No Way Out) rappresentò l'esordio di Sidney Poitier sul grande schermo, con un ruolo molto importante in un film estremamente rilevante sulla tematica del razzismo. L'eleganza recitativa, la placida consapevolezza del proprio posto nel mondo, la presenza scenica già straordinaria (accanto a un altro attore magnifico come Widmark, qui protagonista con un personaggio difficile e controverso) diedero subito grande riconoscibilità a Poitier, che avrebbe conservato tali peculiarità in ogni ruolo che avrebbe intrapreso in carriera.
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2. La parete di fango (1958)
Dunque, ci sono altri spacconi?
Alcuni galeotti vengono trasportati su un furgone. Il veicolo subisce però un incidente: due detenuti riusciranno a fuggire, sebbene uniti da una catena. Sono il bianco John "Joker" Jackson (Tony Curtis) e il nero Noah Cullen (Sidney Poitier) i quali, nonostante un astio reciproco, devono stabilire un piano di sopravvivenza. Mentre lo sceriffo Max Muller (Theodore Bikel) e i rinforzi della polizia organizzano l'inseguimento, John e Noah dovranno superare diversi pericoli e insidie, e incontreranno anche alcune persone, senza potersi però fidare di nessuno, se non l'uno dell'altro: ma questo lo comprenderanno solo durante il cammino...
Diretto da Stanley Kramer e scritto da Nedrick Young e Harold Jacob Smith, La parete di fango (titolo originale The Defiant Ones) è uno dei capisaldi del cinema americano degli anni Cinquanta. Lo scontro razziale tra un bianco che si ritiene superiore a un nero, galeotto quanto lui, verrà appianato dalle difficoltà comuni, perché non esistono differenze tra gli esseri umani, qualunque sia il loro colore della pelle. Tra desiderio di libertà, un'amicizia che nascerà dal dramma e la meschinità umana attorno ai due protagonisti, che si cela ovunque, La parete di fango è un esempio di formidabile scrittura, evidenziata in particolare dalle due bellissime interpretazioni di Curtis e Poitier, entrambi candidati all'Oscar. Il film ottenne in totale nove nomination e vinse due statuette: (ovviamente) per la sceneggiatura e per la fotografia in bianco e nero di Sam Leavitt.
3. I gigli del campo (1963)
Volevo costruirmela da solo...
Homer Smith (Sidney Poitier) è un operaio itinerante che intraprende vari lavori viaggiando per l'Arizona. Un giorno, incontra cinque suore di origine tedesca, che hanno trovato riparo su un appezzamento di terra vicina al deserto. Così, riparerà loro il tetto del rifugio gravemente danneggiato ed eseguirà altri compiti ma, quando presenterà il conto, verrà solamente invitato dalla Madre Superiora, Maria (Lilia Skala), a dividere il desco e a trascorrere lì la notte. Contrariato, a Homer verrà anche proposto di costruire una cappella, ma accetterà solo a patto che il materiale venga reperito dalle suore. Nonostante le difficoltà economiche e le fatiche per altri lavori con i quali si augura di guadagnare qualcosa in più, Homer si affezionerà alle monache, non tirandosi indietro pur di dar loro un aiuto concreto...
Diretto da Ralph Nelson, scritto da James Poe e tratto dal romanzo di William Edmund Barrett, I gigli del campo è una pellicola delicata e significativa, che fonde buoni sentimenti a temi interessanti come la fede, la provvidenza, la generosità disinteressata verso il prossimo. Il personaggio di Homer Smith, infatti, verrà percepito come un aiuto divino dalle suore, che egli sosterrà con tutto sé stesso.
Candidato a cinque premi Oscar, I gigli del campo vinse una statuetta, che sarebbe divenuta storica: il primo Academy Award per un attore afromericano, del quale venne insignito Sidney Poitier per la sua splendida interpretazione. Non il primo Oscar black in assoluto: Hattie McDaniel, infatti, era stata premiata nel 1940 per il ruolo di Mami in Via col vento. Ma quel riconoscimento non rappresentò una svolta nella carriera dell'attrice e fu ritenuto un avvenimento casuale in un contesto nel quale gli artisti neri non erano affatto considerati. L'affermazione di Poitier, invece, fu un fatto epocale: non solo perché l'Oscar andò a un protagonista afroamericano, ma soprattutto perché la capacità di Sidney di sapersi imporre cambiò radicalmente la presenza di attrici e attori all'interno del sistema hollywoodiano: progressista nei modi e nelle idee, Poitier era una figura coriacea che scalò un passo alla volta una montagna altissima, fino a raggiungere la cima con una flemma che solo pochi possedevano.
In carriera, Sidney Poitier riceverà un secondo Oscar: quello onorario del 2002, "per le sue straordinarie performance e la sua presenza unica sullo schermo, e per rappresentare l'industria con dignità, stile e intelligenza".
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4. La calda notte dell'ispettore Tibbs (1967)
They call me Mister Tibbs!
Sparta, Mississippi, ovvero il profondo Sud degli Stati Uniti. Una notte, viene misteriosamente ucciso l'industriale Colbert, giunto dal Nord per aprire una nuova fabbrica che darebbe lavoro a tantissime persone. Poco dopo, alla centrale arriva un agente in compagnia di un uomo elegantemente vestito che egli ritiene un possibile sospetto. In realtà, l'unica "colpa" di quest'ultimo è quella di essere nero e di trovarsi in una zona estremamente razzista e diffidente. Basterà una telefonata perché il capo della polizia, Bill Gillespie (Rod Steiger), scopra che l'uomo è un ispettore federale, Virgil Tibbs (Sidney Poitier), uno dei migliori elementi della squadra omicidi di Philadelphia. Quando Gillespie comprenderà, nonostante l'astio iniziale, che Tibbs potrebbe essere l'unico in grado di risolvere il caso, anche su pressione della moglie dell'industriale e delle autorità, cercherà di ottenere il suo aiuto, nonostante le rimostranze dell'ispettore per il trattamento ricevuto e i comportamenti respingenti dell'intera comunità cittadina nei suoi riguardi.
Diretto da Norman Jewison, scritto da Stirling Silliphant e tratto dal romanzo di John Ball, La calda notte dell'ispettore Tibbs (titolo originale In the heat of the night, come la canzone di apertura e chiusura della pellicola, cantata da Ray Charles) racconta uno spaccato d'America con crudo realismo: l'odio razziale e l'intolleranza insiti nella società statunitense e mai superati sin dai tempi della guerra di Secessione. I personaggi principali sono però pieni di sfaccettature: Tibbs maschera le umiliazioni con una spiccata superbia; Gillespie cela la mal sopportazione di quel sistema e la solitudine con una corazza rude solo in superficie. Superlative le prove attoriali di Sidney Poitier e Rod Steiger in uno dei film fondamentali degli anni Sessanta, proprio agli albori della New Hollywood, di cui Jewison fu tra gli esponenti principali: un periodo di profondo rinnovamento narrativo e in ogni ambito della proposta cinematografica, dalla produzione fino alla recitazione dinanzi la macchina da presa di registi rivoluzionari.
La calda notte dell'ispettore Tibbs venne candidato a sette Premi Oscar, vincendone cinque: miglior film, miglior attore protagonista (Steiger), sceneggiatura non originale (Silliphant), montaggio (Hal Ashby) e sonoro.
Il Blu-ray de La calda notte dell'ispettore Tibbs
5. Indovina chi viene a cena? (1967)
San Francisco. La giovane benestante Joanna "Joey" Drayton (Katharine Houghton) si innamora, durante un soggiorno alle Hawaii, di John Prentice (Sidney Poitier), un affascinante e talentuoso medico afroamericano. I due decidono di convolare a nozze.
Tutto sembra andare per il meglio, ma c'è un ostacolo: la famiglia di Joey. In realtà, i genitori della ragazza sono due persone di larghe vedute, appartenenti all'alta borghesia della città e dichiaratamente liberal come opinioni. Non vi sarebbe dunque nulla da temere. Giunti a casa, dopo una certa sorpresa iniziale, la madre Christina (proprietaria di una galleria d'arte) sembra appoggiare la scelta di Joey, mentre appare più perplesso il padre Matt (giornalista molto noto a San Francisco), il quale elencherà loro le inevitabili difficoltà cui andrebbero incontro: inutile negare che all'interno della società americana, apparentemente aperta all'integrazione, resista una mentalità razzista che giudicherebbe negativamente un matrimonio tra una ricca ragazza di buona famiglia e un afroamericano, per quanto illustre nel proprio ambito lavorativo...
Diretto da Stanley Kramer e scritto da William Rose, Indovina chi viene a cena? è un'altra pellicola estremamente significativa della carriera di Sidney Poitier, e per certi versi forse la più rappresentativa. L'amore che supera ogni confine sarà più forte delle convinzioni retrograde e razziste della società che circonda Joanna e John, e delle paure che le rispettive famiglie dei due innamorati decideranno di affrontare: solo il confronto civile potrà consentire a tutti loro di abbattere ogni barriera.
Insieme a Poitier e alla Houghton, il cast comprende anche una delle coppie più amate della storia del cinema americano: Spencer Tracy e Katharine Hepburn, uniti sul set e nella vita privata. Quella in Indovina chi viene a cena? sarebbe stata l'ultima prova dell'attore, scomparso poco tempo dopo la fine delle riprese. Candidato a dieci Premi Oscar, il film ne vinse due: per l'interpretazione della Hepburn (alla seconda statuetta delle quattro ottenute) e per la sceneggiatura.
Chiunque potrebbe obiettare, e non a vanvera, contro questo vostro matrimonio. Gli argomenti sono tanti, e non c'è bisogno di cercarli. Ma voi siete due esseri perfetti, che vi siete innamorati, e che purtroppo avete una diversa pigmentazione. E adesso io credo che qualunque obiezione possa fare un bastardo contro la vostra intenzione di sposarvi, solo una cosa ci sarebbe di peggio, e cioè che voi due, sapendo quello che fate, sapendo ciò che vi aspetta, e sapendo quello che sentite, non vi sposaste.
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