Si dice di me è un incontro con l'arte. Un documentario, un film, una testimonianza. Il centro del pensiero culturale e una riflessione, poi, sulla figura femminile. Al centro, la presenza (anche scenica) di Marina Rippa che, da trent'anni, guida donne di tutte le età attraverso un laboratorio teatrale nel cuore di Napoli. "Volevo andare oltre i cliché napoletani", ci dice Isabella Mari, la giovane regista, che ha presentato l'opera durante la Festa del Cinema di Roma. "Volevo fortemente che questa storia non cadesse nei luoghi comuni di tante produzioni contemporanee".
Si dice di me, prodotto da Antonella Di Nocera e Claudia Canfora con Parallelo 41, potremmo considerarlo quasi un contenitore (decisamente ben realizzato) di storie di ribellioni. Confessioni intime (ma mai spinte oltre il dovuto), consapevolezza, libertà. Elementi messi insieme da Isabella Mari seguendo una traccia narrativa che puntasse alla verità, e dal forte piglio reale.
Si dice di me e il progetto teatrale di Marina Rippa
Ma come è nato Si dice di me? Lo spiega la regista: "Marina l'ho incontrata nel gennaio del 2020, quando chiese ad Antonella Di Nocera, la produttrice, se poteva documentare uno di questi suoi spettacoli. Poi, questa documentazione si è trasformata in un film. E con l'aiuto della produzione di Claudia Canfora abbiamo cercato i fondi per realizzare l'opera".
Per Isabella Mari, l'incontro con le protagoniste, poi rese fondamentali nell'economia scenica, tra cinema e teatro, è stato potentissimo. "L'incontro con queste donne mi ha sconvolta. Ascoltarle è stata una epifania. Percorre le loro strade, con forza. Non mi piace la parola, ma nel film c'è il concetto di resilienza. Si va avanti nonostante le difficoltà. Marina con le donne ha a che fare da oltre trent'anni, e allora il racconto si palesava via via che la storia si costruiva".
L'arte come rifugio
Nel profondo, Si dice di me è anche una riflessione sul potere salvifico dell'arte. "L'arte è potente, ma non conoscevo questo modo di fare teatro. Le performance sono atti di ribellione nate dalle donne che vedete sul palco", continua la regista. "Un modo esclusivo di fare teatro da parte di Marina. L'arte è una delle poche cose in cui ci rifuggiamo".
Regia asciutta e sguardo lucido, Isabella Mari enfatizza sul volto delle donne, rispetto agli abiti neri e allo sfondo che appare immobile. Ma come hanno vissuto, il set? "In quei momenti si ride e si piange, anche per la capacità di raccontare. Si esprimono seguendo immagini verbali, facendoti diventare parte del racconto", confida l'autrice, che speriamo presto di vederla all'opera in un lungometraggio (visto il palese talento registico. "Tuttavia, la sensazione, sul momento, non era molto lucida. Ho avvertito tutto in fase di post-produzione. Lì, mi sono accorta della fiducia che mi hanno dato. Non è scontato. Probabilmente non avrei fatto lo stesso, non mi sarei abbandonata davanti ad una camera. Avevo però la lucidità di sapere quando poi fermarmi. Sono stati tagliati tanti racconti, in quello spazio le donne sono libere di parlare e, quando gli argomenti diventavano delicati, staccavo la camera. Non avevo la necessità di andare oltre. In quello spazio ti ubriachi, tra parole, musica e sentimenti".