"Il film uscirà in 650 copie, e mi sembra un'uscita abbastanza simpatica...". Così Alessandro Siani dopo la presentazione del suo secondo film da regista Si accettano miracoli che esce il 1 Gennaio, con aspettative importanti dopo il successo del suo esordio con Il principe abusivo. 1800 spettatori divisi nelle 11 sale dell'Happy Maxicinema di Afragola dove si è tenuta l'anteprima, un multisala gremito dove per una notte in tutti i cinema si è proiettato contemporaneamente il suo film: Siani ha voluto tutta la curva con sè, come si dice, per questa première, per sentire il calore della gente, avere vicino il suo popolo. "Perché l'intento è sempre quello di valorizzare le mie radici, la mia terra e la sua gente", dice il comico, che oltre che a Napoli, ha ambientato la sua storia sulla Costiera Amalfitana.
Una favola, anzi una fantasy-comedy con una dimensione fuori dal tempo, nonostante la riconoscibilità delle location, dove ritrova Fabio De Luigi e Serena Autieri insieme alla new entry Ana Caterina Morariu. Uno sforzo produttivo importante per realizzare un genere se vogliamo inedito, "perché non voglio fare sempre lo stesso film, ma evolvermi", dice Siani che insieme al cast ha presentato il suo film in un incontro con la stampa a Napoli.
Dalla favola alla favolissima
Quali sono i cambiamenti rispetto al film precedente, che tipo di messaggio volevi trasmettere?
Alessandro Siani: L'intento è sempre prima di tutto quello di valorizzare le mie radici, luoghi di questa terra che sono delle vere e proprie perle, come i paesi Scala e Sant'Agata de Goti sulla Costiera Amalfitana dove è stato girato il film: due posti straordinari che ci hanno dato una grande mano a realizzarlo. Vedere questi paesaggi è una cosa che mi inorgoglisce, soprattutto perché un film e qualcosa che rimane. Lo definirei una sorta di fiaba comica, l'unica risposta possibile in questo momento ad un paese in grande difficoltà come l'Italia e a Napoli che viene raffigurata sempre solo come una città criminale. Mi fa piacere vedere una Napoli che fa invece da contraltare a quello che si vede sempre e a come è sempre ritratta.
Nuove prospettive creative che ti indirizzano verso un pubblico ancora diverso?
Due anni fa con Il principe abusivo avevo già voluto raccontare una favola, questo film lo è ancora di più, è una favolissima. Non era facile inaugurare un genere che definirei fantasy-comedy, c'é un lavoro produttivo molto più grande, abbiamo potuto realizzarlo solo grazie all'aiuto delle persone e di un cast tecnico di altissimo livello. Sei mesi di lavoro col maestro Umberto Scipioni per le musiche, e poi il direttore della fotografia Paolo Carnera che é lo stesso di Gomorra - La Serie. Io ho fatto una fiaba, mentre lui appena è arrivato ha detto: "Allora chi dobbiamo uccidere?" Costumi e scenografie di Rella e Frigeri, già con Giuseppe Tornatore e Massimo Troisi, insomma altissimo livello tecnico, sono molto contento del risultato. Una favola dunque, ma senza dimenticare che la gente vuole anche ridere.
La seconda volta con Fabio... (non si scorda mai)
Seconda volta con De Luigi, dopo La peggior settimana della mia vita.
Quella era una sola settimana, queste sono state undici settimane terribili (ridono, ndr). Fabio è come un attore americano, entra nel personaggio in maniera incredibile. Non riesce più ad uscirne da questo prete, verso le due lo aspettano in chiesa a confessare.
Fabio De Luigi: Sì, il vero obiettivo e fare le scarpe a Don Matteo.
Alessandro Siani: Sono tutti grandi grandi attori quelli che ho avuto in questo film. Piccoli ruoli fatti da grandi attori, di scuola eduardiana. Senti sempre dire dagli attori a Napoli "io ho lavorato con Eduardo De Filippo" anche se hanno 27 anni... Finalmente attori che ci hanno lavorato veramente.
Un'ambientazione fuori dal tempo
Colpiscono i costumi e le scenografie, in particolare i primi sembrano quasi di un'altra epoca. Come mai questa scelta?
Mi piaceva raccontare una storia che fosse senza tempo, la ricerca dei costumi è stata molto lunga proprio per questo: è vero che sembrano ispirati agli anni Cinquanta anche se la storia si svolge ai giorni nostri, i bambini ad esempio ricordano quasi le piccole canaglie. Questo perché come ho detto è una fiaba è volevo che avesse una dimensione fuori dal tempo.
E gli attori? Come vi siete trovati con Alessandro? Ad esempio Caterina che è una new entry.
Ana Caterina Morariu: Per me che venivo da Squadra antimafia - Palermo oggi questo film è stato qualcosa di totalmente diverso. Mi sono trovata molto bene con Siani perché lui aveva già in testa il personaggio di Chiara, mi ha aiutato a capire come si doveva comportare. Non la solita storia della ragazza non vedente; doveva essere leggera, sorridente, il fatto di non vedere ha già una sua drammaticità insita in se per cui il mio compito era quello di far capire che una persona non vedente può sorridere e aprirsi alla vita come chiunque altro.
Serena Autieri: Amo il mondo delle fiabe, ancora di più dopo la mia esperienza con la Disney per Frozen - Il regno di ghiaccio. Con Il principe abusivo Ale mi ha dato la possibilità di entrare in una favola e anche in questo caso ho avuto la possibilità di fare un bel personaggio che non era molto tratteggiato nella sceneggiatura all'inizio ma è cresciuto giorno dopo giorno sul set.
La scommessa produttiva
Ci dici qualcosa sulle vicissitudini produttive?
Alessandro Siani: A livello produttivo è stata un'esperienza straordinaria, ho avuto completamente carta bianca. Il rapporto con Riccardo Tozzi e Cattleya è ottimo, avevo già una proposta per fare un film da regista ancora prima del successo di Benvenuti al Sud. Ho avuto la possibilità di fare io il trailer, di scegliere il manifesto, è rara questa libertà oggi per un artista.
Riccardo Tozzi: Produttivamente non si presentava come un film difficile, ma fare una fantasy-comedy diventava rischioso perché è un genere inedito. Ad Alessandro piace rischiare e noi lo seguiamo perché pensiamo che quella di innovarsi e sperimentare sia la strada giusta.
Un regista e un comico
Quando fai un film pensi più al pubblico o a ciò che piace a te?
Faccio film per il pubblico, per il quale nutro grande rispetto, ho voluto che i giornalisti lo vedessero in anteprima insieme alla gente proprio per questo. Credo che il 3D non funzioni in Italia, la vera terza dimensione è quella che penetra nell'anima delle persone, bisogna entrare dentro, non uscire fuori: voglio fare commedie emozionali dove ci siano soprattutto i sentimenti. Scrivo prima l'impianto romantico e poi ci inserisco le scene comiche. Faccio film per tutti ma devono piacere prima anche a me.
Nella scrittura del film si nota una grande generosità verso il personaggio di De Luigi. Come è stato dirigerlo?
Il mio desiderio era far venire fuori la grande umanità di Fabio. Volevo raccontare un miracolo che fosse tra sacro e profano e avevo bisogno di farlo attraverso il suo volto: De Luigi è un attore unico in via di estinzione, non esiste nessuno come lui in Italia, ci vorrebbe il WWF per salvaguardarlo... Mi auguro di avergli dato la giusta attenzione come regista, standogli vicino e seguendolo nei tempi e nelle battute.
Fabio de Luigi: Noi comici abituati a cabaret e teatro, siamo molto autoreferenziali per forza di cose. E quando un comico si misura con la regia spesso cade in un eccesso di autoesaltazione ragionando molto su se stesso e capita che sbagli il film non avendo il necessario distacco. In questo Alessandro invece è stato molto bravo riuscendo a spogliarsi del suo essere solista di natura per dare invece respiro alla storia del film.
Qual è il punto di incontro tra quello che vuoi tu e quello che vuole la gente?
Alessandro Siani: Da quando ho iniziato sono passati vent'anni, sono cambiato come uomo e come persona, ci sono cose come lo sfottò e il prendere in giro certi stereotipi che restano, ma non voglio fare sempre lo stesso film, vorrei evolvermi, arrivare ad avere un mio stile che sia immediatamente riconoscibile dalla gente.
Ed è difficile recitare e dirigersi? Ti toglie qualcosa come attore?
Già in Benvenuti al Sud c'era la voglia di scrivere, andare oltre il mio lavoro; la cosa è esplosa definitivamente in Benvenuti al Nord, l'esigenza di raccontare delle cose mie. Ho capito che non mi restava che debuttare alla regia. La regia non ti toglie nulla ma ti dà solamente, riesci a raccontare il tuo sogno. E racconti le cose come vuoi tu, nel mio caso cercando di essere sincero e credibile. Viviamo in un'Italia preoccupante dove un sacerdote parla di famiglia e non ha una moglie, il politico parla di crisi economica ed è l'unico che non ha problemi di lavoro. Non c'è credibilità e io non trovo niente di meglio che averne verso il pubblico. Mi auguro che l'amore che ho messo nel film venga fuori. E che piaccia ai bambini. Mi piace sentire ridere i bambini i sala, perché loro ridono delle cose semplici.