Shining di Stanley Kubrick è una di quelle pellicole per cui ogni singolo addetto ai lavori o appassionato della settima arte finisce sempre per usare epiteti tanto roboanti quanto banali come "capolavoro", "seminale", "opera d'arte", "classico", "imperdibile" e via di questo passo. Epiteti adoperati comunque a ragione perché il film basato sull'omonimo romanzo di Stephen King - che di fatto viene fatto a pezzi, frullato e ricomposto in qualcosa di diverso - è effettivamente tutte le cose che abbiamo elencato e anche di più perché ci siamo scordati di citare un'espressione come "è un manuale di arte e tecniche del cinema".
Qualche giorno fa Variety ha pubblicato la sua lista dei 100 migliori film horror della storia e, è scontato dirlo, Shining è naturalmente presente all'appello in diciottesima posizione. Più in su, al decimo posto, c'è anche un altro adattamento da un lavoro del Re dell'orrore di Bangor, Carrie - Lo sguardo di Satana di Brian de Palma. Lasciamo a ognuno e a ognuna di voi eventuali considerazioni sul piazzamento di questi lungometraggi nella chart della popolare testata.
A margine della pubblicazione del listone citato ci siamo domandati se non fosse il caso di tornare nei paraggi dell'Overlook Hotel per raccontarvi un po' di curiosità sul terzultimo film diretto da Stanley Kubrick.
Shining nasce dall'insuccesso di Barry Lyndon
Nel 1975 Barry Lyndon usciva nelle sale senza ottenere un incasso tale da esaltare particolarmente né Stanley Kubrick né la Warner Bros. Intendiamoci, non parliamo in alcun modo di un flop. Con un budget di circa 11 milioni di dollari, alla fine ne incassò circa 31,5 specie grazie alla performance nelle sale europee (le cifre indicate non sono adattate all'inflazione, ndr.). Tuttavia, parliamo di un kolossal che ha tenuto impegnati i 170 componenti della troupe per ben otto/dieci mesi di riprese in ogni angolo d'Irlanda mentre il paese stava attraversando uno dei suoi periodi storici più bui in materia di terrorismo.
Stanley Kubrick disse una volta che:
La cosa importante per un regista non è tanto riscuotere un grande successo, quanto evitare l'insuccesso, perché ogni insuccesso è un limite che può compromettere opportunità future di fare i film che si vogliono fare".
In tal senso, Barry Lyndon fece comprendere al filmmaker che la possibilità di realizzare davvero un film dedicato a Napoleone stava definitivamente tramontando e, avendo bisogno di nuovi stimoli, si mise a leggere svariati libri.
La nascita di Shining
Ed è proprio in questa fase che Kubrick finisce per imbattersi in Shining, il romanzo di un giovane scrittore di nome Stephen King che, all'epoca, era già un nome noto grazie agli incredibili exploit editoriali di Carrie e Le notti di Salem.
Racconta il regista in una nota intervista con Michel Ciment:
Dopo aver terminato Barry Lyndon impiegai la maggior parte del tempo a leggere. Passarono parecchi mesi e non avevo ancora trovato nulla di particolarmente interessante (...) Cerco di evitare qualunque tipo di lettura sistematica e preferisco un approccio non finalizzato che dipenda cioè dalla fortuna e dal caso nella stessa misura che nelle mie intenzioni.
Caso e fortuna che lo hanno portato dalle parti di Bangor, Maine.
Il manoscritto inviato dalla Warner
Per sua stessa ammissione, Stanley Kubrick è sempre stato interessato a questioni come le percezioni extrasensoriali e i fenomeni paranormali, ma l'adattamento di Shining non nasce dal desiderio di voler esplorare queste tematiche.
Spiega il regista nell'intervista che abbiamo già citato:
Il manoscritto del romanzo mi fu inviato da John Calley della Warner Bros. Mi sembrò una delle più ingegnose ed emozionanti storie del genere che avessi mai letto. Pareva che contenesse un equilibrio straordinario tra l'elemento psicologico e quello soprannaturale costruito in modo tale da farci pensare che il soprannaturale sarebbe stato spiegato alla fine dall'elemento psicologico.
Quelli che sono, senza ombra di dubbio, dei complimenti verso la fatica letteraria di King vengono controbilanciati da altre esternazioni e scelte del regista.
Una trama ben congegnata
Non si è mai capito quanto, di preciso, abbia sborsato la Warner al tempo per assicurarsi i diritti di adattamento di Shining. Si parla di un importo compreso fra i 500.000/1.500.000 dollari del tempo. Fatto sta che Stephen King, desideroso di avere un input nel film, scrisse una sceneggiatura di Shining che Stanley Kubrick ignorò bellamente, decidendo di adattarlo in prima persona insieme alla scrittrice Diane Johnson . Costei era l'autrice di un romanzo, The Shadow Knows, che aveva impressionato molto il regista e che, casualmente, in quel periodo era anche titolare di una cattedra all'Università di Berkeley per un corso su romanzo gotico.
Parlando di quanto nato dalla penna di King, Kubrick pensava infatti che:
Il romanzo non è affatto un'opera letteraria seria. Ma la trama è in massima parte estremamente ben congegnata e questo, di solito, è ciò che conta per un film (...) Con Shining il problema era quello d'estrarre la trama essenziale e reinventare le parti più deboli. I personaggi dovevano essere sviluppati un po' diversamente.
Una fase delicata dove spesso anche i più grandi romanzi vengono meno, ma che, invece, non afflisse l'adattamento di Shining che, secondo il regista, trovava il suo principale punto di forza proprio nel soggetto alla base della vicenda.
La stanza maledetta
Nel romanzo, La stanza 217 è uno dei luoghi pericolosi dell'Overlook Hotel dove, come spiega il cuoco Dick Hallorann al piccolo Danny Torrance, non bisogna mai andare. Perché è pericoloso farlo. E nella pagina scritta, così come nel lungometraggio, sappiamo bene che effettivamente di cose agghiaccianti in quella camera ne accadono a bizzeffe.
Nel film però non si fa menzione di una stanza 217, bensì della 237. Il motivo è ben noto nell'annalistica di questo capolavoro. Gli esterni di Shining vennero difatti girati in Oregon presso l'Hotel Timberline Lodge. La struttura proponeva una camera 217 e la direzione credeva che dopo l'uscita della pellicola nei cinema, nessuno avrebbe più voluto prenotarla. Stanley Kubrick accolse la richiesta che gli venne fatta circa la modifica al numero della stanza ed è così che è nata la camera 237.
I leggendari piani sequenza
Uno degli innumerevoli motivi per cui Shining è passato alla storia è di carattere meramente registico e tecnico ed è collegato ai sensazionali piani sequenza "in corsa" effettuati fra gli inquietanti corridoi dell'Overlook Hotel. Tutto fu reso possibile grazie all'inventore e operatore di macchina da presa Garrett Brown e alla sua leggendaria creazione, la Steadycam.
Si trattava di un modello di macchina da presa che permetteva di ottenere riprese in movimento incredibilmente fluide già sperimentate in Rocky (1976) e ne Il maratoneta (1976) e che, grazie al modello ulteriormente perfezionato per Kubrick e il suo Shining, rese possibili gli indimenticabili piani sequenza senza soluzione di continuità che hanno contribuito ad acuire il senso di claustrofobia e oppressione dell'hotel in cui si svolge la storia.
No, Robin Williams non era stato preso in considerazione per il ruolo di Jack Torrance
Nella lunghissima e onorata carriera di Jack Nicholson, il ruolo di Jack Torrance in Shining è sicuramente uno dei più noti e apprezzati. Una delle leggende metropolitane più note sulla lavorazione e il casting della pellicola è quella secondo la quale Stanley Kubrick aveva in mente Robin Williams per la parte poi andata a Nicholson, qualora questi non avesse accettato la proposta.
A smentirla ci ha pensato Lee Unkrich che, oltre a essere uno dei più apprezzati registi della Pixar, è anche uno dei massimi esperti al mondo su Shining, autore di un imprescindibile libro edito da Taschen sulla storia dell'horror di Kubrick.
In questo testo Unkrich spiega che, nel corso delle sue ricerche, ha scoperto che la seconda scelta del regista era semmai Kris Kristofferson, non Robin Williams. Quest'ultimo infatti non era ancora una star della TV quando Jack Nicholson venne ingaggiato per Shining nel 1977. Lo sarebbe diventato solo l'anno successivo grazie alla serie Tv Mork & Mindy, uscita mentre la lavorazione del film era già partita. E per riprendersi dalla delusione commerciale di Barry Lyndon, Stanley Kubrick aveva la necessità di avere un volto già noto come quello della star che aveva già in tasca l'Oscar per il Miglior attore vinto grazie a Qualcuno volò sul nido del cuculo. Robin Williams era, inoltre, troppo giovane (27 anni) per la parte.
Stephen King odiava - e odia tutt'ora - il film
Che fra Stanley Kubrick e Stephen King non sia stato tutto rose e fiori è storia nota, così come è abbastanza risaputo che il regista era solito tempestare di telefonate lo scrittore anche nel cuore della notte per fargli domande varie ed eventuali. Ed è storia arcinota quella che vede Stephen King a guidare la classifica dei detrattori dell'adattamento di Shining ieri come oggi. Nel 2016, durante un Botta & Risposta ospitato da Deadline, lo scrittore di Bangor ribadiva così la sua opinione sul lungometraggio:
Per me Shining è un bel film, con un look splendido, ma, come ho già avuto modo di dire in passato, lo paragonerei a una meravigliosa Cadillac che però, sotto al cofano, non ha alcun motore. Al tempo, ci furono svariate recensioni non proprio positive e la mia opinione rientrava sicuramente nella categoria. Ho tenuto la bocca chiusa all'epoca, a conti fatti non è neanche che me ne importasse troppo (...) In Shining, inteso come film, Jack Torrance è del tutto sprovvisto di un arco narrativo. Non c'è nemmeno la parvenza di una roba di questo tipo. All'inizio lo troviamo nell'ufficio di Ullman, il manager dell'Overlook, e poi ti ritrovi a sapere già che è del tutto folle. E per tutto il film non fa altro che andare sempre più fuori di testa. Nel libro che ho scritto, è una persona che combatte in tutto e per tutto per mantenere la sua sanità mentale senza riuscire a farcela. Nella pellicola non avviene nulla di analogo e non si percepisce alcun cambiamento.
L'altra grande colpa di Stanley Kubrick secondo Stephen King
Ma c'è dell'altro. Sempre nel corso del Botta&Risposta citato, King ha ragionato anche su un'altra, grande colpa della pellicola di Kubrick: lo stravolgimento del finale. L'epilogo del film, con Jack Nicholson congelato nel labirinto dell'albergo e il dettaglio di quella foto scattata nella sala da ballo dell'hotel nel lontano 4 luglio del 1921 in cui possiamo vedere che, al centro, c'è anche Jack Torrance, è uno dei più magnetici e discussi di sempre.
Non è così per il papà del romanzo:
L'altra grande differenza è quella relativa al finale. Nel mio libro l'hotel salta in aria, mentre nel film di Kubrick è tutto congelato. Una differenza enorme. Ho incontrato Kubrick e non c'era davvero alcun dubbio sul fatto che fosse una persona intelligente. Ha creato pellicole che, anche per il sottoscritto, sono davvero importanti... penso a Il Dottor Stranamore e Orizzonti di Gloria. Ha fatto cose incredibili, ma, in ogni caso, aveva una mentalità molto chiusa. Nel senso che quando avevi a che fare con lui di persona e ci chiacchieravi era in grado di interagire in modo perfettamente regolare, ma l'impressione che ti dava non era quella di essere davvero lì con te. Pareva chiuso in sé stesso.
La retcon di Doctor Sleep
Nel 2019 Mike Flanagan ha portato nei cinema, con la Warner Bros, Doctor Sleep. Il film aveva una natura duplice: da una parte era l'adattamento dell'omonimo romanzo di Stephen King che raccontava la vita adulta di Danny Torrance (Ewan McGregor nella pellicola) e, dall'altra, era anche un vero e proprio sequel del film di Stanley Kubrick. Che veniva sostanzialmente stravolto e reso più digeribile per lo scrittore.
L'intenzione di Flanagan era quella di ricollegarsi direttamente all'opera kubrickiana tornando materialmente con la storia nei corridoi dell'Overlook Hotel... cosa questa impossibile nel romanzo, dato che la struttura, nelle pagine scritte da King, era stata spazzata via da un'esplosione. Inizialmente Stephen King non voleva che la pellicola si facesse e non gli fregava nulla dei soldi a cui avrebbe rinunciato. Però conosceva già Mike Flanagan, che dalla sua aveva l'adattamento di un altro suo romanzo, Il gioco di Gerald, e per questo decise di leggere con attenzione la sceneggiatura che gli era stata proposta dal filmmaker. È stato proprio lo script a fargli cambiare idea come ha raccontato durante la promozione stampa di Doctor Sleep:
Ho esaminato con estrema attenzione lo script di questo film, perché, ovviamente, volevo fare un buon lavoro col sequel. La gente conosce perfettamente il libro di Shining e non volevo incasinare la situazione. Ho apprezzato tutte le pellicole di Mike Flanagan, con cui avevo lavorato già per l'adattamento de Il Gioco di Gerald. Per ciò ho letto la sceneggiatura con molta, moltissima attenzione e mi sono ritrovato a pensare "D'ora in avanti, tutto quello che ho sempre detestato della versione di Shining girata da Stanley Kubrick è come se si fosse redento". Non ho alcun desiderio di addentrarmi nella discussione di quanto sia o meno grande l'opera di Kubrick e di quelli che possono essere i miei sentimenti verso quel film. Mi limito a dire che Mike ha preso il mio materiale e ha plasmato una storia incredibile e le persone che lo vedranno lo ameranno come me. E lo faranno in virtù di come è riuscito a prendere il mio romanzo, Doctor Sleep, e, in una qualche maniera, saldarlo senza soluzione di continuità con il film di Shining di Stanley Kubrick. Sì, l'ho apprezzato parecchio.
Malgrado l'apprezzamento dello scrittore, Doctor Sleep si è rivelato un flop di non poco conto per la Warner.