Per quanto poco conosciuto al di fuori della ristretta cerchia di appassionati, Kamen Rider è un vero e proprio mito in Giappone.
Creato dal mangaka Shotaro Ishinomori, Kamen Rider fa la sua apparizione in una serie televisiva del 1971, seguita da un manga, con un clamoroso successo di pubblico.
La serie fa parte del filone supereroistico del genere tokusatsu, ovvero tutte le produzioni live action in cui si fa un massiccio uso di effetti speciali.
Con gli anni Kamen Rider è diventato uno dei brand più amati e famosi in Giappone, con decine di serie che, gradualmente, hanno snaturato l'aspetto più cupo del capostipite a favore di una spettacolarità (e di una "giocattolosità", se ci passate il termine) sempre più estrema.
Dopo più di 50 anni dalla sua comparsa, e dopo diversi prodotti pensati per riportare il brand alle sue origini e accontantare un pubblico più adulto (come Kamen Rider Amazon o Kamen Rider Black Sun) è proprio il motociclista mascherato l'ultimo eroe a entrare nel gruppo dello Shin Japan Heroes Universe, il titanico progetto messo in piedi da Hideaki Anno con l'intento di riscrivere, e personalizzare, i grandi miti giapponesi: dopo la conclusione del suo Shin Evangelion, è toccato ai live action di Shin Godzilla, Shin Ultraman (ancora inedito in Italia) e ora, infine, Shin Kamen Rider, di cui vi parliamo in questa recensione.
La storia originale
Prima di analizzare Shin Kamen Rider occorre fare un brevissimo riepilogo dell'originale, visto che, come lo stesso Anno ha voluto precisare, la nuova incarnazione è legata a strettissimo filo all'idea originale di Shotaro Ishinomori.
Kamen Rider nasce come trasposizione live action di un progetto preesistente di Ishinomori, Skull Man. L'aspetto finale dell'eroe, però, viene modificato e il casco e la tuta dell'eroe assumeranno l'iconico aspetto di una cavalletta.
Il protagonista è Takeshi Hongo (interpretato dall'attore Hiroshi Fujioka), un giovane che combatte contro la malvagia organizzazione Shocker dopo che questa lo ha trasformato, suo malgrado, in un potentissimo cyborg dotato di una spettacolare motocicletta. Grazie alla sua cintura, Hongo è in grado di trasformarsi in un combattente micidiale, determinato a usare il suo potere per combattere contro i mostri che la Shocker gli metterà contro, e concludendo gli scontri con un potente calcio volante, il Rider Kick, che diventerà la "firma" dell'eroe.
Durante le riprese della serie, purtroppo, Fujioka subì un grave incidente, fratturandosi le gambe (segnatevi questo dettaglio...).
Per non interrompere le riprese fu quindi introdotto un secondo Kamen Rider, Kamen Rider V2, Hayato Ichimonji, interpretato da Takeshi Sasaki, per poi far ricomparire nuovamente l'originale Kamen Rider in un team-up di eroi che fece letteralmente impazzire i fan giapponesi.
Nonostante gli scarsissimi mezzi economici a disposizione, la serie televisiva, come abbiamo detto, ebbe un successo travolgente, tanto che i costumi raffazzonati e grotteschi, le trovate registiche (inquadrature sbilenche, riprese invertite e una serie di altri meravigliosi trucchi) e i movimenti esagerati ed enfatici durante gli scontri diventarono una cifra stilistica precisa, dando alla serie, e alle decine di serie successive, una connotazione immediatamente riconoscibile per tutti gli appassionati del genere.
La storia di Anno (?)
Una motocicletta sfreccia velocissima sulla strada, inseguita da loschi figuri. A bordo della moto ci sono un uomo e una donna. Costretti a fermarsi, la donna cade nelle mani degli inseguitori, alla cui guida c'è un individuo con un mostruoso casco da ragno. Quando la situazione sembra perduta, l'uomo che era con lei sulla moto, che adesso sfoggia un casco che richiama la testa di una cavalletta, piomba sui nemici e li fa a pezzi senza pietà.
Facciamo così la conoscenza di Takeshi Hongo, un motociclista che è stato selezionato come ultimo prototipo degli Augment, ibridi umano/insetto progettati dalla Shocker come micidiali macchine di morte. Hongo, però, è stato fatto fuggire da Ruriko, figlia del Professor Midorikawa e a sua volta figura di fondamentale importanza per i piani della Shocker. Entrambi hanno deciso di tradire la Shocker e di usare Hongo per difendersi.
Inizia così la battaglia tra Ruriko, ora determinata a opporsi a ogni costo ai piani della Shocker, e il recalcitrante Hongo, che cercherà disperatamente di mantenere un barlume d'umanità nonostante sia stato progettato e programmato come uno strumento di morte.
Dopo diversi scontri contro altri Augment, Hongo scopre che a capo della Shocker c'è proprio il fratello di Ruriko, un Augment dotato di un potere quasi infinito, che sta portando avanti un folle piano per "eliminare l'infelicità dal mondo" privando tutti gli esseri umani del loro prana, l'energia vitale primordiale, per trasferirla in un'altra dimensione.
Sarà quindi costretto a uno scontro finale contro di lui, per fermarlo prima che l'intera umanità venga condannata.
l'Autore e la SUA opera
Chi conosce Hideaki Anno sa che ci sono degli elementi narrativi ricorrenti in tutti i suoi lavori: il citazionismo spinto, l'autoreferenzialità, i lunghi dialoghi/monologhi esistenzialisti, la presenza di una figura femminile algida e, al tempo stesso, materna, una visione alquanto pessimista dell'individuo e delle relazioni tra le persone, che si supera solo attraverso un lungo e difficile (e non sempre possibile) percorso di crescita personale, la deriva inutilmente (almeno a opinione di chi scrive) mistica dei suoi finali.
Tra alti e bassi, spesso e volentieri segnati dalle vicende della sua vita personale e da un carattere non proprio facilissimo, questi fattori hanno costituito la cifra stilistica di Hideaki Anno, ponendolo nella cerchia degli autori che "o si amano, o si odiano", senza mezzi termini, e per cui è impossibile operare una distinzione tra la persona e il suo lavoro.
Anno è, in tutti i sensi, le sue opere.
E Hideaki Anno non è una persona... leggera. Gli aneddoti sulle sue intemperanze sui set si sprecano, e anche in Shin Kamen Rider pare non sia stato da meno.
A questa sorta di pesantezza morale fa da contraltare un indubbio talento visionario e la capacità di rielaborare, attualizzandoli, tutti gli ingredienti più archetipici di un genere, in un processo post-moderno che, per quanto non sempre condivisibile, è indubbiamente affascinante.
Quindi Evangelion rielabora, tradendoli, tutti gli stilemi del genere dei robottoni giapponesi per raccontare il disagio esistenziale di un adolescente (lo stesso Anno...), Shin Godzilla diventa una condanna all'incapacità della burocrazia e della politica di affrontare problemi concreti e così via.
Per Shin Kamen Rider il discorso è, più o meno, il medesimo.
Anno parte da una trasposizione fedelissima di alcuni elementi dell'opera originale: molte scene del film sono riprese, quasi inquadratura per inquadratura, sia dall'originale serie TV che dal manga di Ishinomori. Di più: Anno sceglie consapevolmente di ricorrere agli stessi movimenti di macchina tipici del genere (le scene dei salti e delle capriole volanti, i combattimenti...) per dargli un deciso gusto retrò, salvo poi fare ricorso a tecniche più raffinate e moderne per dare enfasi alla spettacolarità, quando necessario.
Per quanto non sempre il risultato sia all'altezza (a volte la CG mostra tutti i suoi limiti), resta il fatto che Shin Kamen Rider è a più riprese una gioia per gli occhi degli appassionati.
E questo è, probabilmente, anche il suo maggior limite.
L'ineluttabile nostalgia di Anno
A parte le scontate battute su quanto Hideaki Anno sia un autore "pesante", resta il fatto che ami Kamen Rider.
Questo è evidente dal modo in cui tratta il materiale originale: con profondo rispetto, con rimandi anche ad altre opere di Ishinomori (dall'androide K al villain finale basato sul design di Inazuman), scegliendo di enfatizzare gli elementi più horror e trans-umani per evidenziare quanto il primo e originale Kamen Rider fosse, già per l'epoca, una miniera di ottimi spunti narrativi "mascherata" da serial per ragazzini.
Anno si permette anche il lusso di coinvolgere il regista di Tetsuo e profeta del body horror nipponico, Shinya Tsukamoto, in un cameo abbastanza importante (è lo scienziato che ha creato Kamen Rider), per poi omaggiarlo anche con alcune sequenze nel suo stile.
Shin Masked Rider può essere definito, in effetti, come un atto d'amore di un appassionato, l'omaggio di un vecchio spettatore delle prime serie.
Ma resta il lavoro di un appassionato che, nel momento in cui è toccato a lui raccontare di nuovo la storia, non ha ritenuto opportuno adattare il brand per spiegarlo o renderlo fruibile a chi non lo conosceva.
Tutto il film è costellato, addirittura composto, da citazioni sia all'opera di Ishinomori che, tanto per non smentirsi, ai suoi stessi titoli precedenti, da Fushigi no umi no Nadia (Il mistero della pietra azzurra) fino, ovviamente, ad Evangelion.
Passi che gli inside-jokes siano, effettivamente, chicche per gli appassionati (la rottura della gamba del primo Kamen Rider in concomitanza dell'apparizione di V2), ma in altre circostanze il risultato è straniante e, in fin dei conti, controproducente.
Ad esempio: Anno sceglie di mantenere una struttura narrativa da "mostro della settimana", soprassedendo sul fatto che si tratta di un lungometraggio, con il risultato di rendere la storia più simile alla serie televisiva, sì, ma eccessivamente frammentata e poco coerente.
Gli eventi -e gli avversari- si succedono senza soluzione di continuità, e senza che il contesto generale venga approfondito o spiegato.
Il presupposto è che chi vedrà Shin Kamen Rider già conosca (e ami, almeno quanto l'ama lui) il genere e l'opera originale. E che magari abbia già letto, o leggerà, il manga che fa da prequel alla storia e che svela molti retroscena della Shocker (ovviamente, inedito in occidente), giusto come ciliegina sulla torta.
Anno si rivolge, come purtroppo fa spesso, più a sé stesso che allo spettatore, raccontando una storia che parte da presupposti che lui conosce (a menadito, certo) e focalizzandosi sui temi che per lui sono importanti. Se lo spettatore è in sintonia con la sua idea e la sua "poetica", viene coinvolto in un'esperienza effettivamente interessante, a tratti anche esaltante.
Ma per tutti gli altri...
A rendere il tutto ancora più "for fans only" è l'edizione italiana proposta da Prime Video, con il solo audio originale giapponese e sottotitoli, in linea con quanto già fatto, purtroppo, con il pur godibilissimo Kamen Rider Black Sun.
Nei progetti di Hideaki Anno pare ci sia un sequel di Shin Kamen Rider, ma solo dopo un sostanzioso periodo di riposo per riprendersi dalla fatica e dallo stress eccessivi a cui, sembra, si sia sottoposto nella realizzazione del film (ampiamente condivisi, sempre secondo le voci, dal resto del cast e dello staff...).
Se ci permettete una battuta finale: prenditela comoda, Anno-sensei.
Ne abbiamo bisogno anche noi.
Conclusioni
La recensione di Shin Kamen Rider (o Shin Masked Rider, se volete trovarlo su Prime) non può prescindere dalla spiccata autorialità di Hideaki Anno, capace di riversare nei suoi lavori tutto sé stesso... nel bene e nel male. Per quanto meno pesante di Shin Godzilla e meno filosofico di Shin Ultraman, la sua versione del motocilista mascherato resta un prodotto fortemente elitario, che unisce a una indubbia spettacolarità tutti i limiti di un prodotto voluto e pensato per un tipo di pubblico molto, molto specifico.
Perché ci piace
- Una rielaborazione interessante del Kamen Rider originario di Ishinomori.
- L'estetica camp e vintage del film.
- Alcune spettacolari scene d'azione.
Cosa non va
- La storia è poco più di un pretesto.
- La struttura del film è troppo frammentata.
- Alla fine, è un film di Hideaki Anno.