Per Peter Bogdanovich il tempo sembra essersi fermato. A 76 anni lo storico autore di Luna di carta e L'ultimo spettacolo fa ritorno ancora una volta a Venezia per portare una ventata di allegria con la sua garbata commedia retrò She's Funny That Way , che strizza l'occhio al maestro Lubitsch e alla Hollywood classica. A essere buffa, divertente, ma anche attraente è la deliziosa Imogen Poots, stavolta in versione americana e spregiudicata. L'attrice interpreta una squillo atipica che vive coi genitori e sogna di fare l'attrice mentre offre compagnia ai clienti calandosi nei panni della loro musa. Quando incappa nel regista teatrale Arnold Albertson, interpretato da Owen Wilson, vince un terno al lotto perchè l'uomo, intrinsecamente filantropo, ha l'hobby di donare denaro alle squillo per convincerle a lasciare la professione per realizzare le loro aspirazioni. Con la Poots impegnata sul set di A Country Called Home, ad accompagnare alla Mostra di Venezia il grande Peter Bogdanovich ci sono Owen wilson e Kathryn Hahn, che interpreta la moglie tradita del regista.
Bogdanovich ci racconta la genesi del suo film, presentato nel Fuori Concorso, spiegando che "l'idea è nata molto tempo fa, verso la fine degli anni '90. Nel 1979 avevamo vinto il premio della critica proprio qui a Venezia con Saint Jack, un film interpretato da Ben Gazzara. Nella pellicola in questione avevamo utilizzato vere escort, scritturate per l'occasione, e tutte mi avevano detto di voler smettere, così le abbiamo assunte per il film e le abbiamo aiutate a lasciare il mestiere. Ripensandoci, anni dopo ho deciso di raccontare questa storia perché era un'idea che mi attraeva. Nella pellicola ho inserito uno dei miei film preferiti, Cluny Brown di Lubitsch, utilizzandolo come omaggio. She's Funny That Way è nato prima di tutto perché io e la coautrice Louise Stratten volevamo scrivere una commedia che divertisse noi per primi".
Owen Wilson, il modesto
Protagonista maschile del film è Owen Wilson, qui nei panni di un artista insicuro, attratto dalle donne a cui, però, si approccia in modo eccentrico. Una figura naive che ricorda quella interpretata in Midnight in Paris di Woody Allen. L'attore ammette che "le affinità tra i due personaggi sono palesi. C'è qualcosa di me in entrambi. Anche le sensazioni sui set sono state simili. Il regista dà il là e crea un'atmosfera. Peter e Woody hanno un modo di lavorare da gentiluomini, danno sostegno all'attore senza fargli paura, né farlo lavorare troppo in fretta. Guidano l'attore, ma al tempo stesso gli danno libertà e fiducia". Riguardo al suo contributo alla sceneggiatura, il simpatico Owen si schernisce: "Non credo di aver dato un grosso contributo alla sceneggiatura. Ritengo che sia stato entusiasmante lavorare con Peter e far parte di un suo lavoro. Sono felice che mi abbia scelto. E' stato bello girare a New York perché questo film è diverso dagli altri, è una New York più reale, più vera. New York è una città che fornisce grande ispirazione". A smentirlo simpaticamente, però, è lo stesso Bogdanovich che esclama: "Owen è troppo modesto, ma non possiamo dimenticare che ha cominciato la sua carriera come sceneggiatore e anche qui ha fornito un grande contributo con le sue battute. La sua presenza ha reso il film più realistico, ci ha aiutato a riportarlo sulla terra".
La decadenza di Hollywood
Da buon newyorkese, Peter Bogdanovich si dimostra particolarmente felice di poter raccontare la sua città, le strade, i grattacieli, ma anche i suoi teatri, luoghi di culto della Grande Mela. "Sono nato e cresciuto a New York, è una città che ha una sua magia. La città è sempre la stessa, una fonte di ispirazione enorme. C'è qualcosa di magico e ambientarvi un film che vede protagonista un regista fa sentire supito sapore di Broadway". Lo stile divertente e delicato, le strizzate d'occhio a Audrey Hepburn e a Lubitsch farebbero pensare a un Bogdanovich nostalgico e ripiegato su un'idea di cinema antico, ma l'analisi del regista sulla Hollywood contemporanea è lucida e diretta. Peter afferma: "Non voglio mordere la mano che mi dà da mangiare, ma credo che Hollywood si sia mossa nella direzione sbagliata. Fanno prequel, sequel, film con supereroi. Titanic è costato moltissimo, poi si è creduto un fiasco e quando ha cominciato a incassare cifre stratosferiche si è seguita quella strada. A me piacciono i film piccoli e indipendenti, non voglio spendere tutto il denaro nell'ansia di recuperarlo. Anche in America ci sono persone che amano i buoni film, ma purtroppo viviamo in un'epoca di decadenza. A me piacciono autori capaci, come Quentin Tarantino, autori che portano avanti un'idea di cinema e non sono interessati solo alle cifre. Mi piace far ridere le persone. Una volta Cary Grant mi ha detto: 'Bisogna andare al cinema, entrare in sala, vedere la gente che ride. Fa bene al cuore". Aveva ragione. E' il dono più grande che si possa fare a un regista".