Martin Freeman è un attore formidabile, tanto da rendere arduo comprendere se e quando indossa la maschera di un personaggio anche fuori dal set. Quando lo abbiamo incontrato noi - sul set della seguitissima serie Sherlock in una Cardiff primaverile insolitamente asciutta e luminosa - era paziente, affabile e quasi premuroso: impossibile dedurre se stesse recitando la parte di San Martino o se l'acquisizione nel cast della terza stagione di Sherlock della sua compagna Amanda Abbington (che interpreta la new entry della stagione Mary) lo avesse destinato a uno stato di costante beatitudine. Vestito e truccato da John Watson, tra una ripresa e l'altra della seconda puntata, Martin Freeman - non nuovo ai ruoli iconici, è anche l'arguto Bilbo Baggins della saga di Lo Hobbit e lo spaesato Arthur Dent di Guida galattica per autostoppisti - ci ha raccontato la sua esperienza nella serie BBC che ne ha consacrato la carriera.
La novità più importante, in termini di cast, della terza stagione è la presenza di Mary Morstan.
Esatto, nei romanzi e racconti di Sir Arthur Conan Doyle è fidanzata prima e moglie di Watson poi. All'inizio della terza stagione di Sherlock è la compagna di John a cui lui sta per chiedere la mano. Giusto in quel momento si rifà vivo l'ex partner creduto morto, che non si aspettava di trovare il suo amico con una nuova vita e addirittura una fidanzata. Mary ha il volto della mia signora Amanda Abbington.
L'hanno voluta loro. Mentre giravamo la seconda stagione Mark mi ha avvicinato e mi ha detto che stava pensando a Mary e a chi avrebbe potuto interpretarla. Mi ha chiesto se avevo qualche idea e io gli ho detto: "Non voglio fare troppo John e Yoko, ma direi che Amanda andrebbe bene per la parte". E lui mi ha risposto: "Pensavamo esattamente la stessa cosa". La conoscevano già e si è rivelata un'ottima scelta, perhé è un'attrice straordinaria.
Com'è tornare sul set dopo tanto tempo?
È sempre bellissimo tornare, ritrovare la familiarità ormai acquisita nell'interpretare John, rivedere cast e troupe che ormai sono come una seconda famiglia, e ristabilirmi nella mia enorme roulotte. Mi piace indossare di nuovo gli abiti di John, amo come si veste e come li indossa. E poi adoro lo splendido tempo di Cardiff. Scherzo.
Com'è il tuo approccio al personaggio di John dopo la prima stagione?
Benedict, gli altri, io siamo solo interpreti, leggiamo i copioni e ci affidiamo completamente a quelli. Spetta agli autori Mark Gatiss e Steven Moffat il duro compito di offrire al pubblico una visione accattivante dei personaggi e della storia.
Sono tante le serie ispirate ai personaggi e al metodo investigativo narrati da Sir Arthur Conan Doyle: cosa rende Sherlock diverso?
Non ho viste tutte queste serie, non lo so. Non ne ho idea e la cosa è pericolosa perché sono in grado di girarci intorno così per altri dieci minuti: quanto non so cosa dire tergiverso, scusate! Posso dire però che Sherlock è una ottima serie, Dr House è un'ottima serie, e probabilmente ce ne sono altre parimenti buone, ma una cosa è certa, la nostra è l'unica a essere un vero adattamento contemporaneo dei personaggi originali.
Andiamo molto d'accordo e non si può negare che tra noi ci sia sintonia tanto che la mia signora Amanda, fan della serie, la prima volta che è arrivata sul set mi ha detto: "Tu e Ben insieme siete qualcosa di veramente speciale, una chimica tale si vede di rado in televisione". Parlava anche di come riusciamo a sincronizzare il ritmo della nostra recitazione e delle battute, una cosa che non capita a tutti. Credo che la Storia della recitazione sia piena di casi in cui non si riesce a capire se tra gli attori c'è davvero chimica, non si contano le coppie comiche di cui dopo anni si è saputo che non si sopportavano. Prima o poi capita che non ci si regga più. Probabilmente dall'esterno non si può davvero capire, ma nel nostro caso sì, Benedict e io andiamo davvero d'accordo. Come vorresti che reagisse Sherlock all'imminente matrimonio di Watson?
Lo so come reagisce, l'ho visto poco fa quando lo abbiamo girato, ma non posso parlarne. Sarà molto complicato. Abbiamo mostrato la relazione particolare tra Sherlock e John: è disfunzionale ma la loro amicizia funziona perché produce risultati incredibili. I due sono molto diversi e c'è una sorta di tolleranza nei confronti delle differenze che viene esercitata da entrambi, e questo è a prova di grande affetto. Mi sembra di aver fornito degli ottimi indizi.
Mostri ancora pagine internet su Sherlock e Watson a Benedict Cumberbatch?
No, non più, adesso è autonomo, fa tutto da solo. Abbiamo aperto, Amanda e io, il vaso di Pandora, se potessimo tornare indietro lo faremmo, ma ormai è tardi.
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