Ride degli stereotipi e calca l'accento sudafricano per accentuare l'effetto comico: Sharlto Copley ha davvero messo a soqquadro, in senso positivo, il red carpet del 13° Dubai International Film Festival, svoltosi nel dicembre dello scorso anno con l'ultimo, scoppiettante - è il caso di dirlo - progetto, Free Fire, con il Premio Oscar Brie Larson, Cillian Murphy e Armie Hammer, prodotto da Martin Scorsese. "Che colleghi cialtroni" - ha detto - "hanno usato le scuse più assurde per non essere qui oggi. Invece dalle mie parti siamo così: basta un invito e noi ci fiondiamo subito".
Ovviamente scherzava, perché il resto del cast era sparpagliato in giro per il mondo tra i set più diversi, ma ha suscitato subito un moto di simpatia tipico delle simpatiche canaglie a cui è impossibile dire di no.
Quando si tratta di nuovi progetti diventa improvvisamente serio, anche se per poco: "Vorrei occuparmi più spesso di tematiche sociali" - parole sue - "come il sovrappopolamento del pianeta, sarebbe inconcepibile se il mondo s'accorgesse del problema quando ormai è troppo tardi. Non per fare il predicatore, ma mi sembra una questione piuttosto logica a cui non si presta la dovuta attenzione anche se c'è in gioco il futuro dell'umanità".
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Io, perfetto cartoon
Dopo questa parentesi impegnata, Copley è tornato nei panni che gli si addicono di più, quelli da commedia: "In cima alla lista dei ruoli della vita sai cosa c'è? Prestare la voce a South Park, sarebbe pazzesco". Quando gli si è fatto notare che anche un viaggetto a Springfield non sarebbe male ribatte: "Come seconda scelta direi che diventare un personaggio de I Simpson non sarebbe male, ma atteniamoci al piano e puntiamo in alto". L'animo da giullare, confessa, ce l'ha fin da bambino, quando si travestiva da qualsiasi personaggio gli capitasse a tiro: "Il primo costume, come per tutti i maschietti, è stato Batman ma subito dopo ho deciso di farmi da solo quello da vichingo, niente male come inizio".
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Spara che ti passa
In Free Fire il divertimento del set è amplificato perché la storia si svolge quasi totalmente in una rimessa dove tutti i personaggi ingaggiano una sparatoria senza esclusione di colpi. Un po' come a Hollywood insomma? "Più che una metafora del mondo dello spettacolo, questo film mi sembra un buon modo per raccontare la competizione maschile. Nello show business invece difficilmente ti fanno secco". A sorpresa, poi, ha ammesso di essere lui stesso incredibilmente competitivo: "Lo sono, eccome, innanzitutto con me stesso, alzo sempre l'asticella. E l'ironia del destino che quando entriamo nei personaggi dobbiamo dimenticarci della competizione per lasciare spazio solo alla creatività, sfidare i limiti e puntare in alto. Con Free Fire mi sono trovato coinvolto in un gruppo di protagonisti che raramente capitano in giro, un po' western e un po' commedia anni 70, insomma un vero spasso".
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Proiettili volanti
Un po' di paura, però, deve averla provata, con tutti quei proiettili in giro per la stanza: "Oramai ho capito che in questo mestiere la prima regola è la sicurezza personale. Certo, ogni tanto qualche graffietto te lo becchi e di certo non è divertente vedere esplodere i colpi a pochi centimetri dalla faccia, per non parlare del rumore assordante tutto il tempo, ma ne valeva la pena, persino quando mi costringevano per ore ad accasciarmi sul pavimento mentre gli altri personaggi erano intenti nell'azione. Per timore che nello sfondo ci fosse qualche incongruenza prima o poi toccava a tutti starsene fermi in un angolo mentre il resto dei colleghi ingaggiava uno scontro a fuoco".
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Una Lady con la pistola
Tra tutti questi maschietti spicca un solo personaggio femminile, interpretato da Brie Larson: "Il film" - dice l'attore - "è prevalentemente per un pubblico di uomini ma fa bene la presenza di una donna che ricordi loro che fine possono fare quando si lasciano trascinare dall'ego. A volte troppo testosterone fa male e lo dice uno a cui piacciono gli sport estremi, ma ormai si è tarato sul rischio calcolato". La sfida di girare un action dentro quattro mura l'ha accettata al volo: "Abbiamo girato Free Fire per 6 settimane nella polvere, spesso disteso per terra, comunque l'essere limitato nei movimenti e nello spazio non è stato un problema. L'eco degli spari nelle orecchie invece mi ha accompagnato a lungo, al punto che nessuno di noi sentiva quando qualcun altro recitava le battute, eppure abbiamo creato un'atmosfera incredibile, con un effetto domino a volte d'improvvisazione che ha sprigionato un'energia unica". Se dovesse scegliere invece il ruolo della vita non avrebbe dubbi: "District 9 mi ha totalmente catapultato in una dimensione nuova, anche se sono grato a tutte le esperienze successive che mi hanno permesso di scavare a fondo nella mia umanità e a volte di sradicare alcuni pregiudizi".