Shaman King: Flowers, la recensione dell'anime sequel su Netflix

L'anime tratto dal manga di Hiroyuki Takei prosegue in Shamn King: Flowers, una nuova serie in 13 episodi che racconta una nuova generazione di sciamani. Ecco la nostra recensione.

Shaman King: Flowers, la recensione dell'anime sequel su Netflix

Shaman King ha una storia editoriale a dir poco assurda. Pubblicato tra il 1998 e il 2004 in Giappone - conta 32 volumetti tankobon - il manga di Hiroyuki Takei ha riscosso un grande successo, scalando regolarmente le classifiche di gradimento dei cosiddetti battle shonen. Come succede in questi casi, ne è stata tratta una serie animata che è andata in onda, per 64 episodi, nei primi anni 2000, quando il manga non era ancora concluso: per questo motivo, l'anime diverge significativamente dalla storia originale di Takei, prendendosi libertà che non tutti i fan hanno apprezzato. Così, per festeggiare i vent'anni dell'opera, Netflix ha fatto produrre dallo studio Bridge un nuovo anime in 52 puntate che potete trovare già sulla piattaforma da qualche tempo: più fedele ma forse un po' troppo compassato nei tempi.

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Una scena del sequel di Shaman King

E così arriviamo a Shaman King: Flowers, il sequel ufficiale del manga che Takei ha disegnato tra il 2012 e il 2014... finché Shueisha non ha chiuso la rivista Jump X su cui veniva pubblicato, interrompendolo prima che arrivasse a conclusione. L'autore ha quindi proseguito la storia in Shaman King: The Superstar (pubblicato da Kodansha e ancora in corso) mentre i suoi collaboratori si occupavano di vari spin-off come Red Crimson e Marcos. Se siete confusi, possiamo fare un passo indietro, anche perché in questa recensione parleremo di Shaman King: Flowers, il nuovo anime su Netflix che adatta il secondo manga con tutti i suoi pregi e difetti.

Ancora sciamani!

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Faccia a faccia tra personaggi nell'anime su Netflix

L'autore ha affermato di essersi ispirato allo sciamanesimo perché pochissimi manga avevano sfiorato l'argomento prima di Shaman King, e tuttavia il suo battle shonen si rifà ad altre opere, cominciando con Le bizzarre avventure di JoJo - gli spiriti degli sciamani si manifestano come veri e propri Stand parlanti - oppure Dragon Ball, naturalmente. Il suo è un manga abbastanza lineare ma la forza di Shaman King sta proprio nella sua semplicità: dopo un momento iniziale in cui si stabiliscono i personaggi e la posta in gioco, si passa a tornei e combattimenti tra sciamani che hanno il solo obiettivo di decidere il destino del pianeta.

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Hana Asakura, figlio di Yoh

Dopo aver raccontato la lotta per incoronare un nuovo re degli sciamani nella prima opera, Takei fa un salto di dieci anni o giù di lì e ci presenta Hana Asakura, figlio di Yoh - il protagonista di Shaman King - e della sua bionda e grintosa Anna Kyoyama: con i genitori irreperibili, l'adolescente Hana è affidato alle cure di Tamao Tamamura e Ryu Umemiya, due vecchie conoscenze del primo anime, e dell'ex spirito guardiano di suo padre, Amidamaru. Hana ha un potenziale inespresso che non riesce a controllare pienamente ma l'arrivo di un inaspettata coppia di avversari risveglia i suoi poteri sciamanici: Yohane e Luca appartengono a un ramo della famiglia Asakura insoddisfatto, ma la rivalità diventa qualcosa di più quando arriva Alumi Niumbirch, discepola di Anna e... promessa sposa ad Hana.

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Tra battaglie, umorismo e crescita

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Un'immagine di Shaman King: Flowers, disponibile su Netflix

A differenza di Yoh, che era un protagonista più sereno ma anche apatico, Hana somiglia soprattutto a sua madre: è un teenager irrequieto che soffre terribilmente la sua apparente inettitudine anche se, in realtà, possiede abilità misteriose e inquietanti, conferitegli da un losco personaggio che i fan del primo anime conoscono molto bene. Questo lo mette nella scomoda posizione di essere al centro di un conflitto chiamato Flower of Maize, un nuovo torneo in cui gli dèi schierano i loro sciamani più potenti. Nel corso dei 13 episodi che compongono l'anime, Hana e i suoi amici affrontano vari avversari che non mettono solo alla prova la loro determinazione, ma che li aiutano a crescere sia come combattenti, sia come esseri umani. Un po' battle shonen e un po' young adult, Shaman King: Flowers funziona grazie a un maggior equilibrio ma l'ago della bilancia pende maggiormente dalla parte dell'introspezione.

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Un'immagine a effetto della serie Netflix

E questo sarebbe davvero interessante, se non fosse che i nuovi protagonisti rispecchiano sensibilmente il cast originale, magari invertendo qualche ruolo ma tradendo forse un po' di insicurezza dalla parte dell'autore sull'apparente intento di sfidare i cliché del genere. Nonostante questo, Shaman King: Flowers è una serie che scorre molto meglio di quella precedente targata Netflix. I tempi sono gestiti in modo migliore; non ci sono pause né momenti di stallo e ogni scena appare significativa nei confronti dell'intreccio. Sfortunatamente, dopo la grande svolta a metà serie, e proprio quando la storia comincia a ingranare, Shaman King: Flowers si conclude bruscamente, arrivando al punto in cui si era interrotta la pubblicazione del manga.

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Shaman King: Flowers, un'immagine dell'anime

Non sappiamo ancora per certo se la serie animata proseguirà la storia che aveva in mente Takei oppure se Netflix passerà direttamente all'adattamento di Shaman King: The Superstar, ma per il momento possiamo soffermarci su questa tranche di episodi che soddisferanno gli amanti degli anime basati sui combattimenti. L'animazione è generalmente di ottimo livello, con la regia di Takeshi Furuta sempre precisa e mai confusionaria nelle battaglie più caotiche, in cui i personaggi fanno uso dei loro disparati poteri sciamanici. Non mancano gli stereotipi del genere: trasformazioni, potenziamenti e allenamenti mirati che si incastrano nella narrativa senza dilungarla o deviarla. La colonna sonora è un piacevole accompagnamento allo stile affilato di Takei, anche se in qualche caso ci è sembrato che Bridge si sia ispirato un po' troppo alle trasposizione animate di Bleach, specialmente quella ancora in corso.

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L'anime Netflix, visivamente d'impatto

In definitiva, Shaman King: Flowers è un anime incompleto, purtroppo, ma rappresenta una visione obbligata per i fan della serie originale che vogliono sapere cos'è successo ai loro personaggi preferiti. Sebbene non tutti compaiano in questo sequel, Flowers riesce a trasmettere una sensazione di continuità e a incuriosire con i suoi misteri, anche se ben pochi vengono svelati entro la fine della stagione. La nostra speranza è che Netflix non si fermi qui. Lo consigliamo agli appassionati di Shaman King ma anche di battle shonen in generale, anche se, nel secondo caso, suggeriamo caldamente di guardare la serie precedente su Netflix prima di affrontare Flowers, altrimenti non si capirebbe quasi niente della storia.

Conclusioni

In questa recensione di Shaman King: Flowers non vi abbiamo consigliato abbastanza di recuperare l'anime originale, qualora vi piacessero i battle shonen vivaci e ricchi di personaggi eccentrici. Il passo successivo dovrebbe essere proprio la visione di Flowers, tenendo presente, tuttavia, che l'anime non si conclude e che potrebbe non avere mai un finale: fortunatamente sono solo 13 episodi ma un po' l'amaro in bocca resterebbe perché le premesse erano davvero molto interessanti e la storia stava proprio entrando nel vivo. Speriamo, quindi, che Netflix adatti anche The Superstar al più presto.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.8/5

Perché ci piace

  • Lo stile di Hiroyuki Takei, sempre affilato e fantasioso.
  • Il ritmo serrato del racconto.

Cosa non va

  • Il forte senso di già visto che si avverte fin da subito.
  • Il fatto che non si concluda e che si debba aspettare l'adattamento di The Superstar.