Una lunga e disciplinata coda di fan in attesa sotto il sole di Piazza Grande ha accolto l'arrivo al Locarno Film Festival di Shah Rukh Khan, star indiana che racchiude il fascino della vecchia Bollywood e l'energia della moderna società occidentale. L'aspetto esotico e il capello selvaggio faranno tremare i polsi alle tante donne che osservano il divo con sguardo sognante mentre lui snocciola la sua sterminata carriera in una conversazione col direttore del festival Giona Nazzaro.
"Grazie per amarmi così tanto e per trovarmi bello" esordisce Khan, abituato a "domare" il pubblico urlante, prima di rivelare che la sua passione per il cinema è nata dopo la partecipazione a un progetto scolastico. "Mia madre era una grande appassionata di film. Avevamo un videoregistratore, regalo della sorella di mia madre, che era ricchissima, perché in India non era scontato averne uno, quindi da piccolo vedevo un sacco di film. Quando ho preso il massimo dei voti a un compito, mi ha portato al cinema a vedere un film che ha cambiato la mia vita".
Eroe o villain (o entrambi)?
Oggi Shah Rukh Khan è l'eroe incontrastato di decine e decine di pellicole indiane e infrange i cuori delle fan, ma non è sempre stato così. L'attore ricorda i primi passi della carriera, quando appena 25enne si trasferì a Mumbai con l'intenzione di lavorare per un anno, guadagnare il denaro necessario a comparsi una casa e poi "fare lo scienziato o il giornalista". Il divo suscita l'ilarità del pubblico ricordando l'incontro con un celebre regista (di cui non fa il nome). "Mi disse, 'La cosa interessante di te è che sei molto brutto. Gli eroi somigliano tutti alla cioccolata svizzera, ma tu no'. Allora ho pensato, 'Bene, se sono così brutto farò il cattivo'". Ma visto che la bellezza è negli occhi di chi guarda, quando il regista Aditya Chopra lo ha voluto per la sua iconica love story Dilwale Dulhania Le Jayenge, destino ha voluto che Shah Rukh Khan diventasse proprio lo swiss-chocolate boy che fino ad allora aveva accuratamente evitato.
Oggi che può permettersi di scegliere i suoi ruoli, l'idolo delle folle confessa che ciò che gli sta veramente a cuore è "avere il tempo necessario per sviluppare una storia al meglio. Non voglio fare troppi film, ma voglio potermi concentrare su ogni singolo progetto con calma e attenzione. Mi piace fermarmi a discutere una storia con gli sceneggiatori, veder crescere il progetto, qualunque sia il genere. Durante il Covid non c'era nessuno che mi tagliava i capelli, così un giorno mi sono guardato allo specchio e ho detto 'Sono Tarzan. Devo fare un film d'azione'".
La fama è una maglietta da indossare all'occorrenza
La voglia di affrontare sfide sempre diverse ha spinto Shah Rukh Khan a mettersi in gioco nell'ambiguo Fan di Maneesh Sharma, in cui interpreta due ruoli: una superstar e un fan sopra le righe che lo perseguita. Un lavoro che definisce "folle e schizofrenico" e che lo ha spinto a esplorare il lato oscuro del successo, incarnando un divo spaventato dai suoi risvolti. Cosa che non può accadere a Khan, il quale confessa di "indossare la fama come una maglietta, non come uno smoking. Non la cerco, ma sono felice che ci sia. Ciò che conta è capire che la fama è una conseguenza di questo lavoro, non il fine ultimo". L'attore confessa, inoltre, un divertente dettaglio legato a Fan. Il duplice ruolo richiedeva, per differenziare i due personaggi, l'uso di trucco prostetico. Per imbruttirlo è stata usata una mascella utilizzata per Brad Pitt ne Il curioso caso di Benjamin Button. La reazione delle fan all'aneddoto spinge l'attore a esclamare: "Ringrazierò Brad per la mascella che tanto apprezzate".
Alla domanda su cosa lo spinge, dopo decenni nell'industria, ad andare avanti, Shah Rukh Khan spiega di voler continuare a "portare gioia al pubblico. Penso che il cinema incarni molte sfaccettature della vita, così tante emozioni che è molto difficile e impossibile per una persona riuscire ad esprimerle tutte in una sola vita. Spero di poterlo fare realizzando sempre film diversi." L'ultima parola riguarda le registe donne, con cui il divo ama lavorare "perché sono capaci di maggior complessità, il loro lavoro è più sfaccettato. Uomini, non prendetevela, ma in genere i sentimenti nei maschi sono incasellati e rigidi. Le donne lavorano su più livelli. E poi i loro film sono più colorati, i set più gioiosi, hanno un buon profumo e hanno un fantastico senso dell'umorismo".