Veena Sud, dopo aver lavorato come showrunner di The Killing, ha creato per Netflix la nuova serie Seven Seconds ispirandosi al film russo The Major, scritto e diretto da Yuri Bykov. I dieci episodi, della durata di cinquanta minuti, ruotano intorno a un drammatico incidente di cui si scoprono fin dai primi minuti i colpevoli, mettendo al centro della narrazione le conseguenze delle scelte prese dalle persone coinvolte.
Nel team della produzione del progetto ci sono anche Gavin O'Connor, regista della prima puntata, l'esperto Ed Bianchi e Jonathan Demme che ha diretto l'episodio Brenton's Breath, uno degli ultimi lavori di cui il filmmaker si è occupato prima di morire.
Il cast di ottimo livello - composto anche da Regina King, David Lyons, Clare-Hope Ashitey e Beau Knapp - con la propria esperienza riesce in più momenti a sollevare una serie dall'ottimo potenziale che si perde un po' a causa di una sceneggiatura che fatica a non scivolare negli stereotipi e nelle situazioni esageratamente ricche di significati sociali e politici.
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Il tentativo di nascondere un crimine
L'agente Peter Jablonski (Beau Knapp) investe in modo accidentale Brenton Butler mentre il giovane stava attraversando in bicicletta il Liberty State Park di New York. Il poliziotto, in crisi dopo l'incidente, chiede l'aiuto del suo superiore, Mike DiAngelo (David Lyons), e dei suoi colleghi della narcotici, accettando quindi di coprire quanto accaduto credendo che il ragazzo sia morto dopo l'impatto.
Brenton viene invece ritrovato diverse ore dopo in fin di vita, dando il via a un caso affidato al procuratore K.J. Harper (Clare-Hope Ashitey) e al detective Joe Rinaldi (Michael Mosley) che, dopo degli iniziali pregiudizi, si rendono conto che la situazione, apparentemente molto semplice, nasconde molti lati oscuri e c'è chi è pronto a tutto pur di non far venire alla luce la verità.
I genitori del giovane, Latrice (Regina King) e Isaiah (Russell Hornsby), nel frattempo, devono affrontare la sofferenza e la diffidenza delle persone che pensano il figlio fosse legato alle attività di alcune gang criminali locali.
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Personaggi fin troppo stereotipati
I primi due episodi gettano delle basi interessanti introducendo i personaggi al centro degli eventi, le dinamiche in atto e il contesto sociale, tuttavia le ottime premesse non conducono a un risultato altrettanto positivo. Rivelare fin dai primi minuti i colpevoli del crimine obbliga gli autori a dover costruire una struttura in grado di mantenere alto l'interesse degli spettatori nell'attesa di scoprire se verrà fatta giustizia nei confronti di chi è vittima e, purtroppo, Seven Seconds ci riesce solo in parte.
Uno dei problemi principali della serie Netflix è la costruzione dei protagonisti che, in modi molto diversi e complicati, sono tutti alle prese con problemi, difetti, e paure di vario tipo. Da questo punto di vista i problemi principali sono due: K.J. Harper, nonostante una buona interpretazione di Ashitey, appare fin troppo autodistruttiva e incapace di avere la lucidità necessaria a lottare nel modo adeguato contro gli sforzi compiuti per coprire dei terribili crimini, e il tentativo di umanizzare i "cattivi" avviene solo tramite stereotipi.
La procuratrice, nel corso degli episodi, compie una serie di errori che appaiono inspiegabili pur tenendo in considerazione la sua situazione fisica e mentale. I comportamenti sopra le righe, la scelta di intraprendere una causa cercando una condanna puntando alle aggravanti legate all'odio razziale, l'incapacità di cogliere degli indizi essenziali e dei passaggi in cui appare totalmente irrazionale rendono quasi impossibile provare empatia per il personaggio.
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Un gruppo di agenti poco convincente
Chi si trova sul bancone degli imputati, invece, sembra ideato per rappresentare delle categorie specifiche: il poliziotto "bianco" che non esita a usare la violenza per proteggere se stesso e i colleghi, il giovane dal passato complicato e doloroso che si è appena trasferito e vorrebbe solo iniziare un nuovo capitolo della sua vita insieme alla moglie e al figlio che sta per nascere, senza poi dimenticare l'agente di origini ispaniche o il braccio destro di DiAngelo, Wilcox, la cui vita privata assume un'importanza centrale nel processo e nell'evolversi del tentativo di copertura. Non bastano due momenti drammatici in cui emerge la sensibilità di Mike ad andare oltre i luoghi comuni dei poliziotti della narcotici che non si fanno scrupoli pur di ottenere i risultati sperati e, senza rivelare troppo, le azioni compiute per insabbiare la verità appaiono sempre più esagerate e, seppur plausibili, non giustificate dal rapporto tra colleghi che traspare dalla visione. L'interpretazione degli attori viene penalizzata proprio da questa rappresentazione con pochi chiaroscuri, risultando statica nonostante il tentativo di far compiere ad alcuni personaggi un'evoluzione. I personaggi femminili, con l'esclusione di Latrice, subiscono la stessa sorte e non sanno uscire da rappresentazioni senza particolari sfumature o crescite personali.
Il tentativo di creare una dinamica efficace affiancando K.J. Harper al detective Rinaldi non appare poi riuscito, tenendo inoltre in considerazione il feeling creato in progetti analoghi e la bravura di Michael Mosley nel portare in scena un poliziotto imperfetto, sensibile e dal buon senso dell'umorismo.
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Regina King impeccabile nel ruolo di Latrice
Regina King, ancora una volta, conferma invece il suo grande talento riuscendo a dare vita a una madre distrutta dal dolore, equilibrando bene rabbia, sofferenza e coraggio. Le sue interazioni con Russell Hornsby e Zackary Momoh (che purtroppo ha uno spazio fin troppo limitato nonostante l'interessante passato e presente del personaggio) permettono di apprezzare le tante sfaccettature che l'attrice infonde al ruolo, i cambiamenti nel corso delle puntate e la grande dignità che contraddistingue la figura di Latrice. La sua performance diventa così il motivo principale per compiere un binge watching di Seven Seconds e sostiene con efficacia il dramma al centro degli eventi fino all'epilogo del processo dal punto di vista emotivo, calibrando bene la propria espressività.
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Un'ambizione che penalizza il progetto
Nelle dieci puntate sembra si sia cercato di inserire il maggior numero di argomenti possibili e, con una certa superficialità, si trova anche il modo per affrontare il problema della tossicodipendenza tra gli adolescenti, le diverse reazioni di fronte all'omosessualità, il rapporto genitori-figli, l'impatto dei mezzi di comunicazione sull'opinione pubblica quando si affrontano controversi casi di cronaca, come il passato può definire le persone e il tentativo di iniziare un nuovo capitolo della propria vita. La narrazione è talmente ricca di spunti che, quasi inevitabilmente, molti rimangono solo accennati nei dieci episodi, soprattutto nella seconda parte della stagione in cui ci l'azione si sposta in tribunale addentrandosi nelle questioni legali.
Il forte simbolismo infuso nella serie, dalla Statua della Libertà che si staglia all'orizzonte dal luogo in cui è avvenuto l'incidente alla passione per i gabbiani di Brenton, trova poi spazio visivamente e cromaticamente, grazie ad accostamenti visivi ad effetto che aggiungono drammaticità pur essendo convenzionali e fin troppo evidenti.
La regia, nel complesso della stagione, è comunque di buon livello, con alcune puntate più efficaci grazie a una gestione più attenta degli attori e dei tempi narrativi, tuttavia la visione, nonostante la lunga durata delle puntate, si rivela adatta al binge-watching e scorre senza particolari intoppi con uno stile fluido seppure a tratti sforzato per adattarsi al susseguirsi degli eventi, mantenendo un approccio omogeneo nonostante le evidenti differenze contenutistiche.
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Conclusione
Seven Seconds è una serie ambiziosa che fonde elementi tratti da più generi televisivi, come crime e medical drama, per dare vita a un racconto dal forte contenuto politico e sociale. La trama, fin troppo ricca di spunti, si sviluppa seguendo degli schemi e dei personaggi stereotipati, rendendo la visione interessante, ma non del tutto convincente. L'ottima interpretazione di Regina King e una serie di svolte, alcune inaspettate, sostengono però il progetto che, nonostante alcuni eccessi, può soddisfare chi ama gli show che fanno riflettere sulla società contemporanea.
Movieplayer.it
3.0/5