Una Roma un po' soporifera e non riconoscibile, che tra palazzine di quartieri medio borghesi, piazzette e scalcinate strade di periferia diventa luogo di frontiera, sospesa tra la fine dell'estate e il sopraggiungere delle giornate autunnali. E non è un caso che si chiami Settembre questo debutto alla regia di un lungometraggio di Giulia Louise Steigerwalt, che qui ha ancora una volta la possibilità di dimostrare di saperci fare anche con la penna, come hanno ampiamente testimoniato le sceneggiature scritte per Croce e delizia, Il campione o il recente Marilyn ha gli occhi neri. Una piccola storia corale, come potrete leggere nella recensione di Settembre, costruita nella maniera più classica, che elegge la gentilezza a sentimento guida di un'indagine dei rapporti e della natura umana che conquisterà lo spettatore per sincerità e mitezza. Il film prodotto da Matteo Rovere insieme a Rai Cinema arriva in sala il 5 maggio.
Storie di attesa, solitudine e educazione sentimentale
Settembre è prima di tutto uno stato d'animo, come lo è in fondo il mese che dà il titolo al film: è il tempo delle ripartenza, dei bilanci, delle decisioni prese di slancio sull'onda delle rivelazioni estive, ma è anche il tempo dell'attesa e della ricerca di autenticità. E proprio la tensione all'autentico e il bisogno imperante di liberarsi dagli orpelli pervadono le relazioni messe in scena nelle tre storie che Giulia Louise Steigerwalt intreccia senza nulla cedere alla finzione: tutto è spietatamente ordinario, e anche un po' poetico. Gli otto protagonisti immortalati in momenti tragicomicamente epifanici delle loro vite al rientro dalle vacanze estive, si trascinano dietro esistenze mediocri, irrisolte, spesso immobilizzate dall'inedia e da "un quieto vivere" che in molti casi è rassegnazione.
C'è la casalinga Francesca (Barbara Ronchi), donna mite e rassegnata all'invisibilità dinanzi al marito Alberto (Andrea Sartoretti), che le preferisce notturne partite a poker con l'amico Marco, fino a quando i risultati di un esame non le rivelano una massa sospetta: sarà l'inizio della rivoluzione, l'occasione per concedersi qualche scossone, "certe cose che nel dramma generale se fanno", e avvicinarsi in un rapporto progressivamente sempre più intimo e nuovo all'amica Debora (Tony), la moglie di Marco, in crisi anche lei. E poi c'è Guglielmo (Fabrizio Bentivolgio), il suo medico, un uomo ripiegato sull'apatia da quando la moglie l'ha lasciato; vivacchia stiracchiato tra l'inerzia domestica, il lavoro da primario in ospedale e le lunghe chiacchierate con Ana (Tesa Litvan), una giovane prostituta dell'Est, che sogna di diventare estetista e di potersi vivere un giorno la normalità di un flirt appena nato con un suo coetaneo, Matteo (Enrico Borello), un ragazzo che lavora al forno del quartiere. Guglielmo la frequenta ormai assiduamente nelle notti interminabili in cui cerca di prendersi una pausa dal chiacchiericcio intorno (l'ex moglie, il nuovo compagno, il figlio), parlare con Ana gli serve a riempire i vuoti di una vita ovattata che presto sarà costretto a guardare da una prospettiva diversa. E infine ci sono i goffi tentativi dell'adolescente Maria (Margherita Rebeggiani) di avvicinarsi al sesso, una volta notata dal ragazzo che le piace; a farle da mentore in un pomeriggio di maldestra educazione sentimentale, sarà il suo compagno di classe Sergio (Luca Nozzoli), il figlio di Francesca e Alberto.
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Il dramma dell'ordinario
C'è tutta la tenerezza di cui il mondo avrebbe bisogno nel debutto di Louise Steigerwalt, attraversato dalla filosofia delle piccole cose, dalla tragicommedia dei gesti quotidiani e dall'ironia che pure riesce a farsi strada nel dramma dell'ordinario. Settembre è un film scritto fin nei minimi dettagli, e della solidità di una scrittura rigorosa e gentile allo stesso tempo si nutrono sia gli ambienti che i personaggi. Complice in questo caso anche le interpretazioni degli attori in scena: dallo sguardo disincantato di Barbara Ronchi (sembra che il cinema italiano si sia finalmente accorto di lei) alla grazia di Thony, dalla fragilità umana con cui Fabrizio Bentivoglio tratteggia il suo Guglielmo fino alla malinconica aria trasognata di Tesa Litvan. Un film che è una carezza collettiva.
Conclusioni
Concludiamo la recensione di Settembre con la consapevolezza di aver scoperto una nuova autrice nel panorama del cinema italiano, dotata di uno sguardo originale e fresco: la sensazione è che abbia ancora tanto da raccontarci. Giulia Louise Steigerwalt firma una classica storia corale, otto personaggi alla ricerca di un’autenticità che scoprono assente dalle loro esistenze. È un film sulla rinascita e le prime volte, ma anche sulla gentilezza di cui il mondo oggi ha davvero bisogno.
Perché ci piace
- Lo sguardo raffinato e gentile con cui il film indaga le relazioni umane.
- Un dramma corale costruito alla classica maniera e che conquisterà lo spettatore per sincerità e mitezza.
- Lo spettatore non avrà quasi mai la sensazione di trovarsi davanti a attori che recitano una parte.
- L’intero film si regge su una scrittura solida e puntuale.
Cosa non va
- La struttura corale e le storie raccontate non sono una novità.