E' stato nominato all'Oscar nel 2004 come miglior regista per La città di Dio - City of God, la drammatica storia dello sviluppo del crimine organizzato in una delle più pericolose favelas di Rio De Janeiro, un film ruvido, sporco, intriso di violenza e disperazione i cui temi sono stati poi sviluppati e ampliati nella serie tv City of Men. Nonostante il successo, Fernando Meirelles ha continuato a muoversi in questi anni sul doppio binario cinema-televisione, realizzando film dal respiro internazionale e sperimentando con la sua visionarietà in produzioni seriali indirizzate al piccolo schermo brasiliano. Il regista di San Paolo è stato oggi ospite della terza edizione del RomaFictionFest per il sesto e ultimo degli appuntamenti organizzati dal Festival in collaborazione con la SACT (Scrittori Associati di Cinema e Televisione Italiani) dedicati alla sceneggiatura nell'ambito della serialità televisiva. L'occasione è la presentazione di Som e Fúria, mini-serie prodotta da Meirelles per Rede Globo, remake della serie canadese Slings and Arrows, trasmessa per la prima volta in tv nel 2004. Al centro della storia una compagnia di teatro shakespeariano in crisi impegnata nell'allestimento dell'Amleto e di Sogno di una notte di mezza estate. La serie segue le vicissitudini degli attori mostrando come la tragedia sul palco si rifletta nella comicità del dietro le quinte. Ad accompagnare Meirelles a Roma, il produttore Niv Fichman e la sceneggiatrice Susan Coyne della serie canadese originale che ha ispirato l'adattamento brasiliano. Insieme hanno incontrato il pubblico romano per spiegare la nascita dell'idea dietro una serie così originale, il processo di adattamento e le intuizioni di una sceneggiatura di ferro che nella sua traduzione in un'altra cultura non ha richiesto modifiche sostanziali.
Fernando Meirelles, come ha scoperto la serie canadese Slings and Arrows che ha poi scelto di adattare per il mercato brasiliano trasformandola in Som e Fúria?
Fernando Meirelles: Qualche anno fa, mentre lavorando col produttore Niv Fichman su Blindness - Cecità (in arrivo in Italia il prossimo 29 agosto, ndr), ho avuto modo di vedere questa serie da lui realizzata, arrivata ormai alla terza stagione. Mi è piaciuta molto e gli ho chiesto di vendermi i diritti per realizzarne una versione brasiliana. In genere, quando si va ai mercati per acquistare i prodotti televisivi, si prendono serie già confezionate. A me invece interessava comprare la sceneggiatura e adattarla per il Brasile, anche se alla fine la mia versione è rimasta piuttosto fedele all'originale. In Brasile la serie ha debuttato solo due giorni fa, alle 23.15, ed è riuscita a fare il 50% di share, 20 punti che corrispondono a circa 18 milioni di telespettatori. Se fosse stata trasmessa in prima serata avrebbe fatto esattamente il doppio, ma già questo è un risultato straordinario.
Come ha lavorato sull'adattamento della serie?
Fernando Meirelles: In verità non so se si possa parlare di adattamento, perché mi piaceva moltissimo lo script originale e quindi l'ho cambiato il meno possibile. C'erano però alcune modifiche essenziali da apportare al testo di partenza. Innanzitutto, bisognava cambiare la lunghezza: un episodio della versione canadese dura 45 minuti, mentre quello della versione brasiliana doveva durare 35 minuti, anche perché il mercoledì sera in Brasile vanno in onda le partite di calcio e quindi era necessaria una durata del genere. Altro adattamento era di tipo culturale: in Brasile non abbiamo un festival di teatro shakespeariano, ma ci siamo inventati una compagnia teatrale con finanziamenti del governo. Inoltre, ho dovuto lavorare sulle battute, aggiungendone alcune a beneficio del pubblico brasiliano.
Non ha avuto la tentazione di passare da Shakespeare a un autore latino-americano?
Fernando Meirelles: No, il mio interesse verso questa serie è dovuto proprio al fatto che si parlasse di Shakespeare. Non amo molto il teatro, anche se mi capita di andarci perché ho tanti amici che ci lavorano. Penso che se il teatro non funziona rischi di risultare davvero pessimo. La cosa interessante nel modo in cui Susan ha scritto la storia è che anche chi non è interessato in Shakespeare o nel teatro, può appassionarsi alla storia perché ciò che è davvero importante in questa serie sono gli attori e non tanto il contesto. Quello che è davvero entusiasmante di questo script è che tutto quello che accade sul palco si rivive dietro le quinte in maniera umoristica. Gli attori sono come specchi: la tragedia che si vede sul palcoscenico si riflette nella comicità del retropalco.
Perché un regista come lei, che fa cinema con grande successo, decide di occuparsi anche di televisione?
Fernando Meirelles: La mia carriera è cominciata proprio con la televisione. Negli ultimi anni sto girando solo film in inglese e il piacere di fare questa serie era tornare a girare in portoghese. In Brasile un film viene visto mediamente da un milione di persone, mentre un prodotto televisivo ne raggiunge molte di più. In generale, quando voglio fare qualcosa in portoghese realizzo qualcosa per la televisione, mentre se voglio uscire dai confini nazionali giro un film in inglese.
Niv Fichman, perché produrre sia cinema che televisione?
Niv Fichman: Anch'io come Fernando ho cominciato lavorando per la televisione, producendo per vent'anni programmi tv sulla musica e le altre arti. Che sia cinema o televisione poco importa, dipende sempre tutto dal materiale. Susan mi ha parlato dell'idea di Slings and Arrows già nel 1999, e mi ha appassionato subito l'ambiente che voleva andare a esplorare, un festival teatrale molto simile a quello di teatro shakespeariano che abbiamo a Stratford, in Canada. Abbiamo pensato che la televisione fosse il mezzo più adatto per questo genere di idea. Fino a quando non siamo arrivati alla seconda stagione della serie comunque, non mi ero mai reso conto di una cosa: tornare a quegli stessi personaggi era bello e strano, perché percepivo loro come amici e noi come padroni della loro vita. Eravamo noi a determinare il percorso della loro esistenza, una cosa che il cinema non ti dà la possibilità di fare.
Da dove è nata l'idea di raccontare la vita degli attori di questa compagnia teatrale?
Susan Coyne: Io ho cominciato come attrice di teatro e ho fatto questo mestiere per quindici anni recitando Shakespeare. E' un autore ceh amo profondamente, perché ha scritto storie contemporanee e moderne. L'idea era di prendere delle commedie teatrale e vedere l'impatto che avevano sulla vita degli attori chiamati a interpretarle. Perciò per ogni stagione ne è stata scelta una: Amleto per la prima, Macbeth per la seconda, Re Lear per la terza. La seconda cosa che ci interessava esplorare era l'aspetto commerciale del teatro, il business che ci ruota intorno. Ci siamo quindi concentrati su questa "battaglia" tra l'aspetto artistico e quello commerciale, che presenta lati comici che possono risultare piuttosto divertenti. Ci sono molti film che hanno fatto vedere quanto possano essere sciocchi gli attori ed è facile trattarli con ironia, ma è bello anche vedere la passione che li anima. Abbiamo quindi cercato di mostrare l'equilibrio tra questi due caratteristiche dell'attore, la vanità e la bravura.
Cos'ha di diverso la vostra serie rispetto alle altre?
Susan Coyne: La cosa diversa di Slings and Arrows è che ogni stagione è come un film di sei ore che osserva una sorta di struttura in tre atti. Le serie di lunga durata prevedono sempre gli stessi personaggi che si comportano sempre nello stesso modo, mentre nella nostra hanno la possibilità di cambiare.
Qual è stato il rapporto con i network nella realizzazione della serie?
Niv Fichman: Abbiamo sviluppato la storia per cinque anni con la rete televisiva pubblica CBC, la più appropriata per questo tipo di prodotto, e anche i dirigenti sembravano convinti della serie. Quando eravamo pronti per farlo, il network ha però deciso all'ultimo momento di tirarsi indietro senza spiegarci il perché. A quel punto ci siamo rivolti a due pay tv e a una rete più piccola e con loro abbiamo messo insieme i finanziamenti necessari a far partire la serie che ha finito per vincere poi numerosi premi.
Cos'è successo invece in Brasile?
Fernando Meirelles: Nel nostro paese la guerra dell'audience è davvero spietata. A trasmettere la serie è stata Rede Globo, con la quale la mia società di produzione ha un accordo in base al quale ci finanziano la produzione di un certo numero di programmi. La Globo non è solita comprare troppi prodotti indipendenti, perché preferisce prodursi da sola i programmi. Quando ho mandato i dvd della serie di Niv alla Globo, spiegando loro che ero interessato in un adattamento brasiliano, ho ricevuto una risposta positiva tre giorni dopo e siamo andati avanti con la produzione.
Qual è quindi il rapporto tra sceneggiatori, produttori e network?
Susan Coyne: Questo è stato il mio primo lavoro come sceneggiatrice per la televisione e di interferenze non ce ne sono state tante. E' stata un'esperienza da sogn per me. Niv mi ha corretto solo l'ortografia ed è stato anche piuttosto severo al riguardo, ma interferenze di altro tipo non ce ne sono state. La sceneggiatura è stata sempre al centro del progetto.
Niv Fichman: Il network canadese ci ha scaricati, ma le altre reti si sono limitate ad acquistare la sceneggiatura già pronta. Il mio lavoro è fare da filtro ed evitare le ingerenze stupide da parte dei network, che spesso ci sono come accade nel cinema rispetto ai grandi studios.
Fernando Meirelles: Ho un rapporto speciale con il network perché gli vendo i miei progetti e loro mi danno il via dopo aver letto la sceneggiatura di un paio di episodi. A volte fanno osservazioni riguardo allo script, ma nel caso di Som e Fúria non ho avuto alcun problema.
Il suo film di successo, La città di Dio - City of God, è diventato una serie tv, City of Men. Cosa la interessa maggiormente della serialità?
Fernando Meirelles: Quello che mi piace delle serie televisive è l'affezione che crea. Bastano pochi episodi per sentire i personaggi come propri amici, mentre nel cinema ci vuole almeno una mezz'ora per creare questo attaccamento; poi si passa all'intreccio, infine alla conclusione. Nelle serie i personaggi diventano vivi, veri, come succede coi personaggi di un libro per lo stesso autore. In Brasile abbiamo realizzato City of Men, una serie basata sul mio precedente film, raccontando la storia di due ragazzi di 13 e 14 anni che vivono in una favela. Già dalla seconda stagione sono i ragazzi stessi a indirizzare la storia. Quello che più mi piace di questa serie è la commistione di aspetti drammatici e umoristici.
Spesso capita che i film diventino delle serie tv, ma ultimamente accade anche il contrario. Quanto funzionano operazioni del genere?
Niv Fichman: Dipende: a volte ne esce fuori qualcosa di buono, altre volte no. Noi con Slings and Arrows siamo giunti alla terza stagione e siamo disponibili a prendere in considerazione qualsiasi ipotesi, da quella di trasformare la serie in un film alla realizzazione di una quarta stagione. Non c'è limite alla creatività, anche quando si tratta di una sfida difficile.
Fernando Meirelles: C'è da dire però che fino ad ora non ho visto nessun bel film basato su una serie, anche perché in tv si à già visto tutto e probabilmente non serve trasformare questi prodotti in lungometraggi. Penso al caso di Sex and the City che non ha aggiunto nulla alle serie.