Di magie sul set Sergio Stivaletti ne ha fatto tante. Sua è la firma di alcuni degli esseri più spaventosi mai apparsi sul grande schermo, dal raccapricciante bambino mostro di Phenomena alle creature di Demoni fino ai make up mortiferi e agli zombie arborei del surreale Dellamorte Dellamore. L'esperto di trucco ed effetti speciali che ha creato il look della Principessa Fantaghirò e dei killer patologici di Dario Argento è una figura eclettica, dotata di mille risorse, che sul set ha ricoperto tanti ruoli diversi per poi approdare alla regia nel 1997 ereditando un progetto di Lucio Fulci, M.D.C. - Maschera di cera. Nell'immaginario cinefilo il nome di Sergio Stivaletti è legato alla grande stagione dell'horror degli anni '80 - '90 e agli effetti artigianali, ma l'artista è anche pioniere della computer graphics ("volevo fare cose nuove, strane") e delle innovazioni tecnologiche e ammette con una punta di orgoglio di essere stato il primo a usare la CGI in Italia ne La sindrome di Stendhal.
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"Il mio primo amore non è il make up" ammette Stivaletti. "Ho iniziato facendo effetti ottici e animazione. Tra i film che mi hanno impressionato, in tal senso, non posso non citare 2001: Odissea nello spazio, ma anche le immagini dello sbarco sulla Luna, che per la mia generazione ha avuto un impatto incredibile. Ho comprato il mio primo Silicon Graphics con i miei risparmi per fare la CGI su ispirazione di Tom Savini. Sono andato a conoscerlo in America, dove ho incontrato anche Rick Baker. Poi Tom Savini è venuto a Roma e mi ha spiegato che gli effetti speciali stavano cambiando. In quegli anni gli effetti più significativi erano quelli visti in Abyss, erano funzionali alle riprese subacquee o alla creazione di ambienti particolari. Poi è uscito Terminator 2 - il giorno del giudizio che ha dimostrato cosa si poteva fare davvero con la CGI. Purtroppo in Italia manca una figura professionale centrale per i film con gli effetti speciali, il supervisor, che legge il copione e possiede una visione completa delle tecniche così da poter decidere quali utilizzare".
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Sul set di Phenomena tra mostri genetici e larve di mosca
Dopo essersi ingegnato fin da giovanissimo nella creazione di effetti ottici usando le tecniche più disparate, per Sergio Stivaletti il battesimo del fuoco è arrivato con Phenomena nel 1985. L'artista ammette di essere approdato sul set di Dario Argento grazie a una notevole dose di incoscienza. "In Phenomena io dovevo fare solo dei cadaveri. Ho accettato anche se non avevo mai fatto un cadavere in vita mia, ma sono sempre stato appassionato di queste tecniche. Compravo i libri inglesi perché in Italia si trovava poco. Andando alla prima riunione per Phenomena, ho captato alcune esigenze e ho sfruttato ciò che sapevo. Mancavano il mostro e gli effetti ottici, così ho realizzato un filmato in stop motion e l'ho fatto vedere a Dario. L'ho conquistato. Dopo il diploma mi ero iscritto a medicina. Per l'esame di genetica avevo studiato la Sindrome di Patau, una malattia rara, così ho ideato il viso del mostro ispirandomi alle foto dei malati, ho preparato dei disegni e ho realizzato una maschera. Dopo averla vista, Dario mi ha dato carta bianca".
Intorno alla lavorazione di Phenomena aleggiano diverse leggende. Una di queste vuole che Dario Argento abbia usato mosche vere per le scene con gli insetti allevandole sul set. Stivaletti fa chiarezza ammettendo che le mosche erano vere, ma con esse sono stati usati anche degli effetti visivi. "Dario aveva allevato le mosche nel teatro di posa in cui è stata girata la scena del lago. Il teatro era ricoperto di tulle nero, era una gabbia per le mosche. In terra c'erano cinque centimetri di larve nutrite con residui di carne decomposta, non vi dico l'odore quando dovevamo entrare lì dentro. Alla fine queste mosche sono nate, le larve si sono schiuse tutte insieme. Per attirarle sull'attore che interpretava il bambino mostro abbiamo usato il glucosio, ma non bastava. Mi ricordavo che Mario Bava aveva realizzato delle cavallette usando il caffè, Lamberto dice di non avermi mai raccontato questo aneddoto, eppure ha funzionato anche per me. Abbiamo usato degli acquari sottili, dentro abbiamo buttato acqua e caffè, e registravamo le immagini con una pellicola ad altro contrasto per creare lo sciame di mosche".
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La factory di Dario Argento e la delusione del 3D
Dopo il successo di Phenomena, Sergio Stivaletti è approdato sul set di Demoni di Lamberto Bava. "Demoni è un po' il figlio di Phenomena. Pochi anni prima era uscito Un Lupo mannaro americano a Londra. Anche in Demoni ho usato le trasformazioni in diretta, un'altra novità per il nostro cinema. Il film ha avuto un sequel, ma sono anni che sto provando a fare Demoni 3". Gran parte della carriera di Stivaletti è trascorsa sui set di Dario Argento, Lamberto Bava e Michele Soavi, "tre autori che appartengono allo stesso gruppo creativo, al clan di Dario. A un certo punto io sono diventato il quarto. Io ho avuto la sfortuna di esordire alla regia in un momento in cui l'horror era un po' scomparso. Quando lavoravo con Michele e con Lamberto, Dario era produttore quindi per me non c'era molta differenza. Poi ho lavorato con Michele in una situazione più libera per Dellamorte Dellamore e lo stesso è successo con Lamberto quando abbiamo fatto Fantaghirò, che era un altro tipo di cinema. Avevano tre caratteri diversi, Dario ha una visione di cinema molto personale, ma al di là di questo il loro metodo di lavoro non cambia molto".
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Citando Dellamorte Dellamore, Sergio Stivaletti ammette di aver fatto qualcosa di veramente originale e innovativo sul set di Michele Soavi. "All'inizio ero dubbioso, perché non è un horror tradizionale. E' un film surreale e mi sono state fatte richieste strane. Dalle teste spappolate non doveva uscire il solito cervello, ma una materia asciutta, abbiamo dovuto realizzare un ossario spettacolare e gli zombie vegetali. Ho dovuto creare nuove soluzioni e a posteriori è uno dei film di cui sono più orgoglioso. Se il protagonista è Rupert Everett è anche un po' merito mio. All'inizio Michele Soavi aveva pensato a Matt Dillon, abbiamo discusso a lungo, ma lo scambio creativo ha dato vita a qualcosa di magico". Essenziale è stato anche il contributo in Nirvana di Gabriele Salvatores, altra pellicola pionieristica. "E' stato fantastico perché per la prima volta ho potuto fare un film di fantascienza. Ho fatto un lavoro titanico, ho creato un mondo intero, dai veicoli alle pistole a forma di ombrello. Non so fino a che punto si veda nel film".
Parlando di innovazioni, l'arrivo del 3D ha aperto la via a nuove possibilità e Dario Argento si è cimentato subito con la nuova tecnica realizzando Dracula 3D, ma il risultato, come ammette lo stesso Stivaletti, ha disatteso le aspettative. "L'eccitazione del 3D ha preso anche me. Amo tutte le innovazioni. Il 3D esiste da tanto tempo, ma il digitale ha permesso di risolvere i problemi che c'erano con la pellicola portandolo a livelli altissimi. Il problema di Dracula 3D è legato alla produzione. Con un diverso tipo di supporto, Argento avrebbe fatto un altro film, ma da La terza madre io mi sono occupato solo degli effetti fisici e non di quelli effetti digitali, che in Dracula 3D sono inguardabili. La produzione, non capendo bene il funzionamento del 3D, ha preteso che tutto venisse girato sul set. Io cerco sempre di girare separatamente. Gli effetti vanno girati in 2D e poi tridimensionalizzati, ma questa cosa non è stata accettata e i risultati sono quelli che vedete".
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Il ritorno alla regia con un film sul delitto del Canaro
Oggi Sergio Stivaletti è impegnato nella sua scuola di effetti speciali, Fantastic Forge, ma dal cinema arrivano meno chiamate di quanto vorrebbe. "Sono un po' deluso dai registi italiani. Ho la sensazione che la gente pensi che io sono un novantenne. Si chiedono 'Ma è ancora vivo?' Oggi sono più i riconoscimenti che il lavoro effettivo. Ho lavorato con tanti giovani, i Manetti Bros, Gabriele Albanesi, ho prodotto molti film indipendenti, ma il nostro cinema è sfumato nella televisione, oggi i soldi vengono da lì. Dove non c'è la tv non c'è il film e questo fa sì che i prodotti siano tutti standardizzati. Solo recentemente, vedendo l'esempio dell'estero, si sta capendo che la tv può raccontare altro e fare prodotti di genere di altissima qualità. Però il cambiamento in Italia è lento".
Tra le delusioni lavorative più grandi, Stivaletti non può fare a meno di citare Il Racconto dei Racconti di Matteo Garrone. "Avevo collaborato con Garrone per L'imbalsamatore. Quando ho saputo di un progetto come Il racconto dei racconti ho sperato in un coinvolgimento che non c'è stato. Con quel budget avrei potuto dimostrare cosa si poteva fare, ma quando non ci sono i soldi vengono da me, quando ci sono vanno da un'altra parte. Non penso che la visione di Garrone si sposi con il genere fantasy. La resa dell'effetto in sé è importante, ma il risultato è legato alla visione generale. Mi resterà sempre il dubbio di come sarebbe venuto il film con il mio contributo". Oggi Matteo Garrone ha abbandonato la preparazione di Pinocchio per dedicarsi a un film sul delitto del Canaro, progetto che da tempo Stivaletti propone ai produttori senza successo. "E' una storia di vendetta atroce. Io questo film lo voglio fare da circa 10 anni e lo voglio dirigere io, l'ho proposto a tutti. Oggi mi sono stancato di aspettare i produttori e ho deciso che me ne occuperò personalmente. Si intitolerà Rabbia furiosa e lo farò con qualsiasi budget. Mi lamento dei produttori che non investono soldi, stavolta sarò io a investire nel mio film".